L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Su cosa puntare per la rinascita italiana?

Perdere lacciuoli e mediocrità per privilegiare progetti ed idee. Il bubbone giustizia

Viviamo momenti di grandi cambiamenti, anche causati dal perdurare della pandemia e per gli effetti che, a prescindere dagli aspetti sanitari, potrà determinare sugli indirizzi generali del Paese, sino alla vita spicciola di ogni giorno. Con il Governo Conte abbiamo toccato il fondo. Ora viviamo una stagione di emergenza  politica, ove i partiti hanno perso l’immeritato ruolo di governo e l’Europa, seppur in modo condizionato ha aperto i cordoni della Borsa. Si riuscirà a risalire la china?

Non dobbiamo essere superficiali e trionfalisti come emerge da talune dichiarazioni dei nostri politicanti, ma osservare la realtà scevra da incrostazioni ideologiche, con lo sguardo del cittadino incolpevole dei misfatti perpetrati dai partiti e volto alla realizzazione del “Bene comune”.

Grazie ai fardelli del passato non dobbiamo dimenticare che l’Italia si distingue per il costo della politica, del suo indotto e della burocrazia superiore a Francia e Germania del 40% ma nello stesso tempo, a causa di sciagurati livellamenti introdotti dall’influenza delle Organizzazioni sindacali, presenta il 40% di media in meno sugli stipendi produttivi.

Viviamo in un Paese che storicamente non è mai riuscito a formulare progetti con fondi comunitari, i quali ovviamente tornano al mittente in caso di non utilizzo; un Paese che ha una pressione fiscale altissima con servizi scadenti; non ultimo, un Paese che non riesce a sanzionare con pene certe, evasione, corruzione e violazione dei diritti umani, ma si limita solo a processi lunghissimi e non dignitosi per le parti lese. Questi sono dati oggettivi e inconfutabili.

Per tornare a correre, dovremo uscire dalla sequenza della politica debole, clientelare spesso connaturata con malaffare e condizionata dai favori pelosi all’amico dell’amico, sempre in chiave perdente  per lo Stato e per il cittadino onesto.

Scendiamo nel concreto per cercare di affrontare, almeno in parte, un lungo elenco, dal quale partire.

La Flat Tax e “cantieri” per investimenti pubblici devono rappresentare la base del rilancio, del ritorno alla propensione a spendere da parte dei cittadini i quali, se non lavorano e non percepiscono reddito risultano impossibilitati a far innalzare il PIL e la capacità di spesa pro capite. Ma per attuare una giusta riduzione delle tasse, l’Europa ci chiede bilanci decenti e come ottenere queste risorse. Si ottengono dai tagli: politica e suo indotto, enti parastatali inutili, stipendi manageriali pubblici troppo onerosi, con produttività e concorso di idee pari a zero. Assistenzialismo clientelare e deleterio per la ripresa dell’economia.

Altro capitolo riguarda la modernizzazione e il come ottenere risorse anche sulla digitalizzazione, sulla velocità di esecuzione degli enti pubblici, sulla riduzione di spese per licenze, autorizzazioni, documenti, e snellimento intelligente della burocrazia.

E’ il capostazione del  governo centrale che deve far ripartire il treno su un nuovo percorso, che conduca al  “new deal rooseveltiano” , avvalendosi del “piano Marshall”, di provenienza europea.

Gli Investimenti dello stato per un quinquennio per risollevare l’economia nazionale risultano indispensabili; il così detto debito buono. A questo si deve aggiungere il rispetto per le norme  e le leggi; pagare il giusto di tasse ma pagarle tutti in base al proprio reddito e rendite. Quindi niente condoni o abbuoni perché lo Stato ha delle spese ed ogni cittadino deve contribuirne in base alla sue reali possibilità economiche al fine del miglior funzionamento dello stesso, come cita anche la nostra Costituzione.

Altro tema impellente da affrontare e non da raggirare è il sistema giustizia.

Un sistema logoro, inadeguato, logorroico ed inefficiente a differenza delle riforme realizzate nel corso degli anni dagli altri stati  europei.

Per uscire dalla frasi fatte, dai convegni inutili e dalle furberie, su quali basi potrebbe partire la riforma della giustizia?

Il primo problema è la durata dei processi. Non si possono mantenere in piedi cause per lustri o decenni perché ingiusto e non dignitoso. Quindi sarebbe indispensabile velocizzare e portare la durata massima dei processi entro  i ventiquattro mesi. Tutto ciò si ottiene con il reclutamento di magistrati, giudici responsabilizzati, affiancati da stagisti a supporto del personale amministrativo, nonché di interventi sull’edilizia giudiziaria e la digitalizzazione. Inoltre, uscendo dall’appiattimento, sarebbe opportuno riconoscere incentivi ai magistrati che dimostrano abilità maggiori nel portare avanti il proprio ufficio e valutazioni di professionalità ( utili per il proprio avanzamento di carriera ) in base alle reali cause definite ed i tempi di definizione, abbandonando gli avanzamenti automatici di carriera e congedando i giudici che remano contro le riforme.

L’altro grande problema è la “pena certa”. Da decenni assistiamo a prescrizioni o condoni. Tutto ciò è ingiusto. Le pene devono essere certe per chi non rispetta norme e regole dello Stato. Ovvio, devono essere giuste e rieducative ( no all’impunità, al populismo penale o al giustizialismo mediatico ) ma pene certe. Per non parlare poi delle vittime di stragi o di chi subisce danni penali. Che oltre il dolore ricevono anche la beffa di un risarcimento ( ma non è detto !! ) dopo decenni.

Infine, la prescrizione. E’ vero, quest’ultima è sancita dagli articoli del codice penale che prevede la rinuncia da parte dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva in considerazione del tempo trascorso dalla commissione del reato ma, ne abbiamo proprio abusato negli ultimi decenni portando a processi infiniti. Va regolarizzata e ben definita proprio per evitare beffe per chi subisce danni e scorciatoie furbesche di non condanna o impunità per chi ha commesso reati.

In conclusione, quindi, si evince ciò che veniva citato prima.

il nostro Paese  è molto indietro rispetto alle democrazie rispettose del cittadino e competitive  Non è una casualità se grandi aziende straniere non investano più sul territorio nazionale considerato la mancanza di pene certe, la confusione fiscale e quintali di cartacei per una richiesta, licenza o autorizzazione. La discussione di una legge anti abbandono delle aziende, nell’enclave del governo, sta rivelando una spaccatura tra partiti e movimenti che guardano al progresso rispetto alle retroguardie dei nostalgici della crescita zero e dell’emarginazione.

Se come Paese vogliamo lasciarci alle spalle barbarie ed incompetenze, dobbiamo cambiare e le questioni flat-tax, investimento pubblico e giustizia sono le chiavi per dare speranza ad un’ Italia, ed al suo popolo, che vuole tornare a correre e produrre; ora come non mai.

Questi sono aspetti imprescindibili. Ci si potrà dividere sul peso e le scelte dell’Unione europea, ad iniziare dalla transizione ecologica, ma per contare dovremo avere le carte in regole nei confronti dei cittadini. Ci sarà poi tempo, stando dalla parte della ragione e non da quella di chi mendica, aprire discorsi fattivi sulla sovranità e l’Autonomia, non solo nei conforti dell’Europa, ma verso uno Stato ottuso che impone assurdità ed umilia il cittadino per bene.

Francesco Rossa - Condirettore responsabile e Direttore editoriale

 

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Articolo pubblicato il 29/08/2021