Intelligenza e pudore nella divulgazione egittologica
Le "lampadine" nel tempio di Dendera

L’opinione dell’egittologo Riccardo Manzini

Le spettacolari realizzazioni dell’antica civiltà egizia, entrate di diritto nell’elenco delle meraviglie del mondo, nascondono ancora aspetti tecnologici e costruttivi che non trovano, in molte persone interessate a queste tematiche, spiegazioni convincenti.

Il succo della questione sta nel fatto che determinate “realizzazioni costruttive” non sarebbero state possibili e spiegabili con la “tecnologie e con i mezzi” disponibili all’epoca dell’Antico Egitto faraonico.

L’argomento viene alimentato, in un costante crescendo, dal web e da tante pubblicazioni che trattano a ruota libera l’egittologia.

Il dubbio è legittimo, ma questo spinge inevitabilmente a trovare una soluzione verso un bivio con direzioni inconciliabili. Da una parte c’è la constatazione che la ricerca scientifico-archeologica attuale non è ancora in grado di spiegare in modo esaustivo l’oggetto in causa, dall’altra c’è l’automatica attribuzione giustificativa ad eventi o a civiltà superiori, che hanno operato al difuori della realtà terrestre. Conseguentemente la discussione, sovente accesa e conflittuale, è ferma su questo dilemma irrisolvibile.

Ci giunge in merito un articolo del dr. Riccardo Manzini - medico chirurgo ed egittologo di lungo corso – che propone la sua visione su questa controversa problematica, che pubblichiamo con un ricco corredo d’immagini esplicative.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua precedente e attuale collaborazione, auguriamo buona lettura (m.b.).

 

Intelligenza e pudore nella divulgazione egittologica

 

Una delle caratteristiche esclusive dell’intelligenza umana è quella di saper comprendere l’ambito in cui si colloca un certo evento e sapersi adattare ad esso, se non altro per non cadere nel ridicolo. Oggi purtroppo si assiste invece alla sempre più diffusa ed orgogliosa affermazione dell’assenza di questa caratteristica, quasi fosse un merito da esibire e di cui andare fieri.

Ma se il mancato utilizzo delle “celluline grigie” citate da Poirot è divenuto spesso abituale in ogni tipo di comunicazione, da quella politica a quella sociale (per non parlare delle esibizioni durante la recente pandemia di docenti che si sono dimenticati della Biologia, dell’Epidemiologia e della Storia!), in ambito rigorosamente scientifico dovrebbe essere quasi un reato da perseguire.

La maggior colpa di questi “inventori” della Scienza non è infatti di millantare una erudizione, ma di fornire un’informazione errata e fuorviante a coloro che cercano risposte alle proprie carenze conoscitive, generando delle convinzioni che allontanano ulteriormente dalla conoscenza.

Ci riferiamo in particolare all’egittologia non perché sia l’ambito più importante ma per la varietà delle assurde “rivelazioni” esibite da una pletora di più o meno improvvisati “specialisti”, i quali si peritano sovente di divulgare “vere” soluzioni a presunti arcani segreti che gli studiosi terrebbero deliberatamente celati per motivi incomprensibili o per gelosia del proprio sapere. Questi propugnatori di teorie che prescindono spesso dalla fisica, dall’ingegneria, dalla Storia documentata e dalla Scienza in genere, ma anche dalla stessa realtà, si esibiscono con affermazioni che dimostrano l’ignoranza oggettiva del particolare di cui affermano di avere trovato la “vera” spiegazione.

Scorrendo il Web, vero palcoscenico e ragione stessa dell’esistenza di questi personaggi il cui unico desiderio è di esibirsi, si incontrano infatti affermazioni, non a caso principalmente indirizzate alle piramidi per la loro notorietà e per il fascino che le circonda, di cui ricostruiscono gli eventi costruttivi attribuendo agli egizi strumenti, conoscenze e metodiche assolutamente non documentate che prescindono dalla stessa realtà constatabile dai turisti.

Due filoni particolarmente percorsi da questi “piramidologi” (in alcuni ambiti ortodossi definiti “piramidioti”) sono quello esoterico e quello ufologico in quanto consentono facili spiegazioni per ogni evento collegandolo a fatti o ambiti non documentabili per definizione.

Oltre al coraggio di esibire la propria ignoranza, in senso etimologico, forse l’aspetto che più sorprende di questi esibizionisti è la certezza delle loro affermazioni, in netta contrapposizione ai dubbi che accompagnano sempre ogni scienziato.

La critica a questi “inventori” non riguarda certo il titolo di studio o l’attinenza professionale con l’argomento trattato, in quanto la Storia della cultura è costellata di personaggi estranei all’ambito cui hanno dato un valido apporto. Tutti coloro che hanno contribuito realmente a migliorare la Conoscenza sono però accomunati da un preliminare lungo tirocinio di studio specifico basato su quanto la scienza e la cultura hanno prodotto in tutti gli ambiti attinenti all’argomento. A dimostrazione dell’inconsistenza culturale di molti di questi “divulgatori” è la ricorrente ironica affermazione, dietro la quale celano le inesistenti premesse alle loro deduzioni, che queste siano osteggiate dagli studiosi in quanto contraddicono “...quanto affermato dalla scienza ufficiale...”, come se esistesse una Scienza non ufficiale. La Scienza è Scienza ed è una sola in quanto prodotta da millenni di costante evoluzione e di confronto delle sole concrete e verificate documentazioni precedenti. Ciò che divulgano questi depositari di una “Scienza non ufficiale” non sono quindi ipotesi (che richiederebbero delle concrete basi scientifiche), ma certezze ed illazioni basate su dati inesistenti, fraintesi, alterati deliberatamente o solo immaginati.

Una delle basi della Scienza e della Cultura che ci hanno portato fin qui, è che qualunque affermazione può essere accettata se origina da dati concreti e verificabili, se è sostenuta da un’analisi rigorosa e se può essere riprodotta nelle medesime circostanze. Elaborare su basi non corrette o addirittura inesistenti lascia spazio a qualunque affermazione e rende veritiere anche le soluzioni e le realtà proposte dai fumetti (slide 1).

Se però questi “divulgatori scientifici” che si contrappongono a ciò che definiscono con disprezzo “Scienza ufficiale” non si presentassero ad un pubblico desideroso di chiarimenti come scienziati o specialisti depositari del sapere ma si limitassero all’ambito umoristico o del passatempo, non vi sarebbe alcuna obiezione da fare; ma presentarsi come studiosi o peggio ancora come qualificati li rende tragicamente ridicoli e perniciosi.

La loro millantata veste di scienziati è inficiata dallo stesso frasario usato per richiamare l’attenzione in cui frequentemente si parla di presunti “misteri”, quando questi sono semplicemente esempi della nostra ignoranza; basti pensare ai numerosi “misteri” degli antichi che furono all’epoca risolti con la religione, i quali persero la loro aura con il progredire della conoscenza.

Gli esempi riguardanti queste “verità rivelate” sono numerosissimi e basta scorrere il Web con un minimo di conoscenza e di cultura per trovarne motivo di allegro intrattenimento per ore (se non si ha di meglio da fare). Merita quindi una cernita di alcune di queste affermazioni riguardanti il mondo egizio reperibili sul Web che si dimostrano particolarmente esilaranti o quanto meno con presupposti inventati che da soli inficerebbero qualunque ulteriore considerazione.

Tra le più frequenti esibizioni di ignoranza e di presunzione vi sono:

- alludere alle piramidi egizie come se fossero poche e tutte strutturalmente uguali a quella di Cheope variando solo nelle dimensioni, ignorando che sono 104 diversificate nella composizione, nei materiali (slide 2) e nel profilo (slide 3) e quindi con diverse necessità costruttive;

- le piramidi sono interamente di blocchi di pietra - come tutte le piramidi anche quelle in pietra hanno un nucleo per gran parte di solo riempimento (slide 4) ed i blocchi lavorati sono una percentuale minima rispetto al volume complessivo (slide 5);

- i blocchi delle piramidi pesano decine di tonnellate – anche nella piramide di Cheope che presenta i corsi di altezza maggiore, in soli 11 corsi l’altezza dei blocchi che li compongono è di circa 1 m mentre l’altezza media di tutti i 110 corsi è di circa 60 cm. Questo comporta che, con la sola esclusione delle travi delle cripte, il loro peso non supera mai le 3 t;

- i blocchi venivano trainati dagli schiavi (slide 6) - nel periodo di circa 1000 anni in cui vennero costruite non vi erano nemici numericamente consistenti da cui trarre la presunta manovalanza forzata e per tutto l’Antico Regno non vi è neppure traccia di un esercito per procurarsela;

- il traino dei blocchi avveniva su rulli - non essendovi strade lastricate a sostenere il rotolamento dei pali questi sarebbero affondati nella sabbia;

- per innalzare i blocchi si usava una rampa inclinata – se questo sistema documentato (slide 7) era sicuramente utilizzato in edilizia in quanto l’unico a loro disposizione, per la costruzione delle piramidi maggiori una sola rampa avrebbe comportato per essa una lunghezza di oltre un chilometro ed un volume superiore a quello dell’edificio costruendo;

- svariate ipotesi costruttive presumono l’impiego di abbondante solido legname (molto raro in Egitto e quindi di valore), di carrucole, di lunghissimi cavi (slide 8), di inattuabili e (numerosissime) precarie macchine fisiche (slide 9) mai documentate in Egitto, o di complicati sistemi vagamente descritti e del tutto estranei alla mentalità egizia quale emerge dai reperti. Pensare a soluzioni complesse dimostra infatti la non conoscenza del mondo egizio, in quanto ogni loro manifestazione stupisce sempre per la estrema semplicità delle soluzioni adottate. 

Non parliamo poi dei vistosi errori storici (la battaglia di Qadesh combattuta tra gli egizi ed i romani), della confusione nel nome dei sovrani (Amenemhat al posto di Amenhotep) o del ricorrente allineamento astronomico delle piramidi di Giza (riproducente le stelle della cintura di Orione) (slide 10).

In particolare, quest’ultima diffusa affermazione ignora che gli egizi erano pragmatici, e come tali diedero sempre scarsa attenzione al cielo se non per concepire un calendario attendibile, ma soprattutto ignora la geologia. A causa del moto tettonico delle placche continentali l’Egitto presenta infatti i rilievi (sinclinali) spesso disposti tendenzialmente da NE a SO, per cui le piramidi di Giza dovettero allinearsi in quella direzione, come quelle di altre necropoli regali (slide 11).

Di particolare ilarità (tragica per la vacuità e per la diffusione) sono le categoriche affermazioni esoteriche, tra le quali brilla per assurdità quella che sostiene che “la stessa forma piramidale abbia un valore energetico”; per verificare ciò i suoi sostenitori invitano infatti a porre della carne sotto una piramide per constatare (?) che non degrada, come fosse un frigorifero.

Tutto il campo lasciato libero da questi inventori della “Scienza non ufficiale” è infine occupato dagli ufologi i quali riescono non solo ad interpretare in tal senso realtà che hanno già una spiegazione scientifica, ma a riprova inventano situazioni inesistenti. Valga come esempio che negli ultimi tempi si è diffusa la “prova” della conoscenza egizia dell’elettricità, basata su di un bassorilievo del tempio di Dendera presentato chiaramente come una lampadina (slide 12).

Prima di fare una tale affermazione, questi “scienziati” dovrebbero forse studiare i concetti cosmogonici egizi, secondo uno dei quali il sole nacque da un fior di loto di cui il bassorilievo rappresenta un petalo.

Il rammarico nei confronti di tutti questi mistificatori, la cui finalità non è ovviamente quella di diffondere la Conoscenza ma di esibirsi, è di avere reso totalmente inattendibile la comunicazione Web che avrebbe potuto essere invece un eccellente mezzo di istruzione proprio per la sua facile accessibilità.

Cercando risposte ai quesiti su argomenti di cui conosciamo poco il Web sarebbe infatti molto indicato; ma come si può credere ad informazioni tra le quali sono presenti quelle fornite da questi personaggi se non si conosce già la materia?

Per poter utilizzare proficuamente la Rete sarebbe quindi indispensabile che i blog venissero esaminati da esperti, ma questa soluzione contraddirebbe lo spirito stesso del Web (e lederebbe gli interessi economici legati ad esso). Abituiamoci quindi ad una lotta contro il dilagare trionfale dell’ignoranza.

Riccardo Manzini

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Articolo pubblicato il 31/08/2021