A Tokio le Paralimpiadi un po' trascurate dai media sono in dirittura d’arrivo

Grandi prestazioni degli atleti italiani, poche informazioni sui notiziari, perché?

Le olimpiadi di Tokio 2020 hanno lasciato uno strascico di entusiasmo sportivo ancora vivo, illuminato da prestazioni memorabili, ma c’è un altro appuntamento olimpico in corso, si sa, ma poco se ne dice, soprattutto sulle aperture dei Tg e nei notiziari sportivi, ormai intasati dagli appuntamenti calcistici e dal mercato milionario delle star del pallone.

Dall’altra parte del mondo, nella terra del Sol Levante, gli atleti delle Paralimpiadi si stanno esprimendo in quelle discipline sportive adatte a competere per prima cosa contro le loro funzioni perdute, poi contro il cronometro o le squadre contrapposte. Sono persone che, per un disegno più severo della vita, si sono trovate ad affrontare delle prove esistenziali, prima ancora che sportive. È per questo che i portatori di handicap, sono tutti campioni di vita prima ancora che di competizione, e chi ne scrive ha motivo di saperlo.

In questi giorni, in Giappone, negli stessi stadi, sulle piste della velocità, nelle piscine e nei palazzetti sportivi che sono stati teatro delle imprese di atleti “normodotati”, altri ragazzi e ragazze di tutto il mondo stanno dando il meglio di loro stessi, gettando spesso il cuore ben oltre l’ostacolo, ma c'è troppa timidezza nei confronti delle loro imprese. Molte volte si tratta di storie importanti, coinvolgenti, maestre di vita, ancor più se in ambito sportivo.

L’Italia dei diversamente abili, fino ad oggi si è distinta per i successi dei suoi atleti, riportati nel medagliere parolimpico con una media di +5 medaglie al giorno, eppure, rispetto alle glorie olimpiche dei normalmente abili appena concluse, se ne parla molto meno; perché? È una domanda che si rincorre sui social, perché il calo di attenzione di certi mass-media non è passato inosservato.

In qualità di grave invalido da 34 anni ormai, dall'esperienza ne ho ricavato delle schiette opinioni del tutto personali: per quanto si cerchi di apparire il più possibile normali e ritagliare la propria presenza in un contesto sociale paritario, certe invalidità sono evidenti e percepite, dichiarate da quelle carrozzine da cui si vede il mondo un po’ più dal basso, e più bassi si è visti. 

Per quanto vi siano stati dei progressi nell’abbattimento di certe barriere mentali, noi siamo portatori a vista di quelle sofferenze che nessuno vorrebbe avere mai. Solo chi è seduto in carrozzina ha incrociato certi sguardi che non si dimenticano e può capire il succo di un concetto difficile da esternare, a cui spesso si fa fronte con silenzio, dignità e un benevolo sorriso.

Dunque, 113 atlete & atleti Paralimpici italiani… e tutti gli altri del mondo, che si stanno sfidando anch'essi a "Tokio 2020", realizzano meno audience di Tamberi, di Marcell Jacobs, della staffetta 4 X 100, della Pellegrini? Certamente sì, e non è colpa di nessuno. È la nostra mentalità umana & fallace, sedotta della perfezione fin dal tempo dell’antica Grecia, che ci fa ragionare secondo canoni esteriori infissi nella nostra storia, e ancora duri da scardinare del tutto.

Doveroso perciò, da parte di chi scrive, tentare di indirizzare l’attenzione sugli entusiasmanti atleti italiani e sul ricco medagliere; mai più di così: a venerdì 3 settembre, le medaglie hanno raggiunto quota 62, stracciando il record di 58 podi conquistati a Seul 1988, e l’avventura parolimpica, iniziata il 24 agosto 2021 non è ancora finita; non fino a domenica 5 settembre 2021. Grande aspettativa per Sabato, nei 100 m femminili dove si aspettano prestazioni maiuscole dalle atlete azzurre.

Nel medagliere italiano, per ora situato al 9º posto, brillano 13 medaglie d’oro, 27 d’argento e 25 di bronzo. Sono le stesse per peso e per fattura, che abbiamo visto ciondolare dal collo dei nostri eroi olimpici. Stesse le divise firmate “Emporio Armani”, medesimo l’inno nazionale, nostra la bandiera, ed equiparate, se non di più, le lacrime di commozione dei vincitori e dei vinti.

Dunque l’invito è di cercarle su Rai2 o in un giornale sportivo e godersi le ultime sfide, guardando con occhio ammirato e interesse atletico gli sforzi dei nostri protagonisti, imparando a riconoscerli e a gioire o soffrire con loro. E se all’interno di qualche anfratto del cuore, la percezione di quella sofferenza in più si trasferirà nella nostra sfera emotiva, impariamo a trasformare ogni altra emozione in un valore aggiunto al vero senso della vita e dello sport. Laddove, se è sempre attuale il detto del barone de Cubertin: “l’importante è partecipare”, è ancor più vero che ogni sportivo affronta la gara per vincere, per sovvertire ogni pronostico, anche se ipovedente, con un braccio o qualche altro pezzo in meno, amputato o paralizzato, facendo affidamento sui solidi resti di se stesso, sulla volontà e su quelle protesi che aiutano a compensare le funzioni perdute.

E infine, di spettacolo si tratta e come sempre la vittoria arride al migliore.

Post scriptum: un pensiero per te grande campione, quanto ci manchi Alex Zanardi!

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Articolo pubblicato il 04/09/2021