Osvaldo Moi, un artista in tempo di guerra

A Pianezza, alle porte di Torino, sabato 18 settembre 2021, è stata inaugurata una collocazione artistica dedicata a Osvaldo Moi.

Una interessante collocazione di opere inedite di Osvaldo Moi, sono state inserite a Pianezza presso la rotonda tra la strada della Cortassa e Viale Aldo Moro. L'Opera di Osvaldo Moi è dedicata alla "Famiglia".

Quando lo sguardo incontra l'opera dell'artista, e a me è successo durante l'inaugurazione, le Silhouette prendono vita, si svincolano dall'ambiente naturale che le circonda ed entrano in un "non spazio" dove assurgono a forme archetipiche che trascinano l'osservatore verso Piani di differente natura. Le sculture sembrano esprimere suoni, che, confusi con quelli del traffico urbano, ne modificano l'intrinseca banalità, donando a quei suoni una novella dignità.

Durante la cerimonia, svoltasi in un clima rilassato e festoso, alla presenza di un centinaio di persone, si è rievocata anche la copia del monumento ai Caduti di Nassiriya, sempre dello stesso autore e già situata da tempo presso l'adiacente Parco della Pace.

 

Come ci ricorda la D.ssa Monica Mantelli, che ha curato la progettazione dell'Evento artistico:

 

"La nuova produzione dell'artista sardo, classe 1961, svetta nella grande aiuola verde con la sua pregnante forza evocativa, raccordando cinque grandi figure umane e un cane, tutte realizzate in ferro argenteo.

 

L'installazione nasce per esaltare, dopo il lock down, il ritorna delle persone all'aria aperta. Qui il concetto di famiglia va inteso nel senso più vasto del termine – commenta lo scultore - perché questo lavoro rimanda più coralmente al concetto di armonia mundi. Ho voluto  restituire metaforicamente alla popolazione il meritato rispetto e la libertà perduta.

 

Quindi,  su quella lamiera ho inciso spensieratezza, allegria, felicità! Ho voluto in qualche modo far dimenticare quei momenti di tristezza, malinconia e restrizioni.”...

 

...Ma seppur pop e surreale la produzione artistica di Osvaldo Moi non è bucolica. Può in apparenza sembrare briosa al punto da risultare “leggera”. Ma in realtà nasconde una provocazione profonda.

 

E' una allegoria costante per esorcizzare il male e la morte. Molta della sua arte pare un messaggio salvifico rivolto a scongiurare il pericolo e a tutelare la vita di tutti gli esseri viventi. “Ho concepito l'opera nel suo contesto green e quell'immagine di verzura ha cancellato il cemento tutt'intorno – aggiunge. Mi serviva quella isola salvifica!

 

Mi è passato sotto gli occhi un cortometraggio a colori: su quel prato tondo ho visto alcune gioiose silhouette in controluce, dei profili viventi che giocavano in lontananza.

 

Li ho visti vivi, in movimento, sprigionanti allegria. Corpi che festeggiavano la libertà dopo un lungo tempo di chiusure e divieti. Ho riportato l'idea su un pezzo di carta e quel fermo immagine l'ho poi tracciata su un A4.

 

Ho condito il tutto con un filo logico e questo ha conquistato gli addetti ai lavori. Il Sindaco si è entusiasmato, il budget è rimasto sempre stringato, ma almeno ho avuto la possibilità di dare espressione a quel desiderio globale di evasione.”

 

D.ssa Mantelli, quale potrebbe essere il significato di una figura, come quella della Donna, che esprime una straordinaria forza intrinseca? 

 

La realizzazione è, nello specifico, un omaggio alla grande forza della figura femminile,  sovente vittima di violenze private che si consumano drammaticamente nel silenzio della società odierna.

La sua sagoma è stata realizzata in modalità totemica.

 

Questa Donna infatti è alta ben 2,50 mt ! A chi gli chiede il perché di questo omaggio speciale, Moi risponde:“Credo che in tutto questo triste periodo il prezzo più grande lo abbia pagato la Donna. Anzi, moltissime donne, a cui, per scarico di violenza, è stata tolta la vita. Una Vita preziosa che voglio invece ricordare.

 

Un anno fa, in mezzo ai numeri impressionanti di morti e malati nel mondo, polemiche varie e un pesante strascico di contraddittori su reti televisive e giornali, ho perso mia madre in pochissimi mesi per un brutto male.

 

Ora mi resta solo mia sorella su una famiglia d'origine numerosa, serena, festosa, mai arrabbiata, mai astiosa, mai polemica. 

 

Allora, quando con il Committente quest'anno sono arrivato al “dunque” il mio pensiero è andato a mia madre che ormai non c'era più, a tutte le persone decedute, alle famiglie lacerate, alla libertà rubata. Ricordo che avevano messo fettucce di plastica rosse e bianche per vietare alla gente di andare negli spazi verdi.

 

Allora mi è venuto spontaneo  pensare al perché non festeggiare proprio la famiglia negli spazi verdi, focalizzando l'opera su una mamma che tiene sua figlia per mano nel parco. E  L'uomo? in questo caso sono Io, l'artista. E sto fuori dalla rotonda. Gioisco e gongolo per la libertà di poter finalmente tornare all'aperto”.

 

Leggiamo, inoltre, nella corposa monografia dedicata a Osvaldo Moi, a firma di  Martina Corgnati:

"In ogni opera di Osvaldo Moi colpisce l’energia esistenziale, la vitalità che trasuda tanto dalle figure intere di bambini soldato che dai particolari di corpi che fuoriescono dalla massa virtuale dello spazio/tempo che circonda l’opera.

Anche i pesci non appartengono alla scelta di un soggetto qualsiasi, essendo essi stessi vettori tradizionali di una vitalità inesausta, tanto più forte quanto enfatizzata dal silenzio e affondata negli abissi dei mari.

E tuttavia il linguaggio di Moi è sempre controllato; semmai tende a una maggiore accentuazione espressiva nelle opere astratte, appunto prive di riferimenti diretti, dove dunque l’energia riflette su se stessa e non cerca più un’immagine nota su cui scaricarsi. Allora le forme vengono condotte a una condizione che le rende in-formi e che pulsa di materia, come nelle tele accartocciate e intrise di colore.

Ma ogni qual volta oggetto della sua ricerca diventano personaggi e cose, persino particolari anatomici o connotazioni specifiche, la tensione vitalistica è tanto più forte quanto più la forma sembra sotto controllo.

Lo si vede bene nel monumento ai caduti di Nassirya, in cui un gruppo composto da figure umane, privo di particolari individuali ed esemplificato come un insieme compatto di volumi, è tanto più carico d’intensa umana commozione quanto sa essere meno descrittivo.

Appartenendo alla storia lunga dei monumenti commemorativi, ne recupera in primo luogo la compostezza classica, liberandosi al contempo di ogni particolare aneddotico. Si tratta davvero, e senza retorica, di un monumento a tutti i caduti di ogni guerra.

In altre opere come quelle di figure pienamente caratterizzate, si tratti di persone o di pesci, oppure come gli oggetti (in particolare il sacco da soldato) la costruzione dell’immagine è precisa sino a una sorta di iperrealismo. Osvaldo Moi, va detto perché nell’arte contemporanea è tutt’altro che scontato, padroneggia perfettamente le tecniche artistiche."

 

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Articolo pubblicato il 24/09/2021