Agiata è l’Alma mia. Diario segreto di un’amante
Alessandro Scarlatti

La stagione concertistica della “Stefano Tempia” procede con uno stuzzicante concerto dedicato alla cantata da camera italiana.

Domenica 31 ottobre alle ore 16 nella sontuosa cornice del Salone d’Onore di Palazzo Barolo la “Stefano Tempia” ospiterà il secondo concerto della sua stagione (ingresso euro 5), che vedrà grande protagonista il soprano Arianna Stornello, accompagnata dal violoncellista Daniele Bovo e dal clavicembalista Marco Crosetto, in un fascinoso programma dedicato alla cantata italiana.

Uno degli elementi che sancirono il successo europeo della cantata da camera fu senza dubbio la sua attitudine a essere una sorta di “teatro senza teatro”, ossia una rappresentazione delle accese passioni che venivano messe in scena con le opere serie, con il non trascurabile vantaggio di costare infinitamente meno, visti e considerati gli organici ridotti e la possibilità di fare a meno di costumi e scenografie.

Strutturata in una serie di recitativi e di arie dal carattere contrastante, la cantata permetteva ai compositori di rievocare passioni amorose (spesso di ispirazione arcadica), vicende mitologiche ed episodi storici della classicità greca e latina sulla base dei versi dei poeti più in vista dell’epoca rivestiti da musica spesso di altissima qualità, un lusso alla portata di quasi tutte le famiglie nobiliari dell’epoca.

La fortuna della cantata da camera fu tanto travolgente quanto di durata relativamente breve, in quanto verso la metà del XVIII secolo la sua vigorosa spinta propulsiva iniziò progressivamente ad affievolirsi, a vantaggio di generi più agili e di breve durata come la romanza da salotto, che divenne uno dei simboli del periodo romantico, la cui poetica rifiutava le (presunte) ampollosità dei compositori del XVIII secolo. Questa visione – legata a un’epoca di tellurici rivolgimenti sociali – aveva però il torto di non saper apprezzare adeguatamente lo scavo psicologico, l’espressione degli affetti e gli accesi contrasti espressivi offerti dalla cantata, caratteristiche che nel corso degli ultimi decenni hanno saputo conquistare con la loro sorprendente modernità il pubblico dei giorni nostri.

Per mettere in luce le qualità migliori della cantata da camera, i nostri interpreti hanno elaborato una sorta di diario segreto di una fanciulla innamorata, che consegna alla pagina – facendole esprimere dalla voce della cantante – le sensazioni spesso contraddittorie che sente sbocciare nel suo cuore. Per enfatizzare questa ridda di emozioni, si è deciso di non eseguire le cantate nella loro integralità, ma di presentarne solo qualche estratto, in modo da offrire una ripresa quasi cinematografica della parabola di un amore.

Amore ovviamente destinato all’infelicità, perché la cantata rifugge – se non per pochi attimi, con funzione quasi di contrasto – l’appagamento del cuore e dei sensi, prediligendo piuttosto i toni più scuri delle inquietudini legate all’insicurezza, alla gelosia, alla acuta nostalgia e – infine – al dolore del distacco e alla necessità di dimenticare una storia ormai giunta alla fine. Temi, come si vede, quanto mai attuali e declinati con violenti chiaroscuri, nel più autentico stile della pittura barocca.

Il nostro viaggio sentimentale inizia con O pace del mio cor, dove t’aggiri, un’intensa pagina di Johann Adolf Hasse, che esprime i primi turbamenti della fanciulla, paragonando le pene d’amore alla morte, un topos che trova risonanza nella successiva Mi palpita il cor di Georg Friedrich Händel, compositore tedesco che, come Hasse, venne ad affinare la sua arte vocale nel nostro paese.

 Le prime incertezze sulla fedeltà dell’amato iniziano a manifestarsi con Mi nasce un sospetto di Alessandro Scarlatti, maestro indiscusso della cantata barocca, per acuirsi con l’aria «Sì, sì vago mio bene» tratta dalla cantata Ecco Dorinda il giorno di Giovanni Bononcini.

La gioia dell’amore ricambiato trova una calzante metafora nel sereno paesaggio della cantata Tra l’erbe, i zeffiri di Antonio Vivaldi, ma questa breve oasi di felicità viene ben presto oscurata dall’atmosfera tenebrosa di Era la notte dello stesso Prete Rosso, che prelude all’immagine dolente di Armida abbandonata, uno dei massimi capolavori italiani di Händel, grazie a una partecipazione emotiva e a un’intensità drammatica che trovano pochi confronti nella letteratura coeva.

Per salvarsi dall’acuto dolore provocato dalla crudeltà dell’amato (altro topos favorito degli autori barocchi), il cuore cerca disperatamente una via di fuga, che lo liberi dalle catene di un amore senza speranza per restituirgli la libertà, passaggio che trova compiuta espressione nelle vivide pagine del grande – per quanto ancora poco noto – compositore napoletano Francesco Mancini e dell’immancabile Alessandro Scarlatti.

 La lontananza non è però sufficiente a ridare pace a un cuore ferito, che in fondo non desidererebbe altro che di riconciliarsi con l’amato, come suggerisce l’aria Lontananza e gelosia del veneziano Benedetto Marcello, nella quale è possibile ravvisare un’eco – quasi una prefigurazione – dello Schubert di Die schöne Müllerin, manifesto emblematico dello struggimento amoroso del Romanticismo. Questo sentimento viene infine ripreso in Lungi dal mio bel nume di Händel, che ripropone un altro tema caro alla poetica barocca, ossia quello della navicella in balia delle onde tempestose del mare, utilizzato come metafora di un cuore ormai consacrato all’amore e – per questo – destinato a non conoscere più la pace.

 

Johann Adolf Hasse (1699-1783)

O pace del mio cor dove t’aggiri

 

Georg Friedrich Händel (1685-1759)

Mi palpita il cor HWV 132a

 

Alessandro Scarlatti (1660-1725)

Mi nasce un sospetto

 

Giovanni Bononcini (1670-1747)

Sì, sì vago mio bene

 

Domenico Gabrielli (1650-1690)

Poi che ad Irene

 

Antonio Vivaldi (1678-1741)

Tra l’erbe, i zeffiri RV 669

 

Era la notte RV 655

 

Georg Friedrich Händel

Armida abbandonata HWV 105

 

Francesco Mancini (1672-1737)

No, non voglio più catene WM 124

 

Alessandro Scarlatti (1660-1725)

Gradita libertà

 

Benedetto Marcello (1686-1739)

Lontananza e gelosia

 

Georg Friedrich Händel

Lungi dal mio bel nume HWV 127a

 

Arianna Stornello, soprano

 

Daniele Bovo, violoncello

Marco Crosetto, clavicembalo

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Articolo pubblicato il 29/10/2021