DDL Zan: abbiamo vinto una battaglia, non la guerra

Con motivazioni, in buona sostanza, di diritto naturale

In tanti abbiamo gioito: Abbiamo vinto! Un sollievo soprattutto per tanti dell’associazionismo cattolico seppur diviso, impegnato a bloccare il disegno di legge Zan. Personalmente ho partecipato a due manifestazioni di piazza “Restiamo liberi” contro la Legge Zan (Milano e Torino). Certo è stata una vittoria parlamentare, e non culturale, come ha ben sottolineato su Lanuovabq.it, Stefano Fontana.

Insieme al centrodestra, che ha votato anche per calcoli politici, ha votato una pattuglia di militi ignoti, ma non certo ignobili, che nel segreto dell’urna hanno votato con la coscienza libera dai diktat di partito. «Avevamo 149 voti, contati e controllati», dichiara Loredana De Petris di Leu. Siamo consapevoli che il disegno di legge, non è stato affossato perché ritenuto ingiusto secondo le motivazioni di chi ora esulta.

Motivazioni, in buona sostanza, di diritto naturale, ma per una serie di convergenze di atteggiamenti politici che hanno fatto girare la ruota in questo senso.

La vittoria non è stata culturale, mentre alla lunga contano veramente solo le vittorie culturali, quelle ottenute perché alcune idee sono diventate patrimonio comune. Se così fosse stato, potremmo dormire sonni tranquilli per il futuro dopo l’affossamento dello Zan, mentre invece sappiamo che lo scontro è solo rimandato, che c’è stata una battaglia vinta, ma la guerra è tuttora in corso. Da qui a quando essa riprenderà, sarà sempre sulla cultura politica che si dovrà insistere”. (Stefano Fontana, «Sulla Zan serviva dialogo». La Chiesa che piange il ko, 29.10.21, lanuovabq.it).

Oggi la cultura prevalente nella società italiana, quella dominante più o meno in tutti i partiti, e forse anche il mondo parrocchiale hanno ben altre idee rispetto alle piccole avanguardie cattoliche che hanno sfidato il disprezzo, le aggressioni non solo verbali degli LGBT.

Le battaglie non sono finite, per il momento, Ci possiamo anche concedere adesso 24 ore di festeggiamenti, ma da domani si torna in barricata almeno per due motivi. In primo luogo, gli attivisti Lgbt ci possono ancora far del male con le armi del diritto anche senza Ddl Zan: i reati di diffamazione, calunnia, gli artt. 604 bis e ter del Codice penale vengono (ab)usati abitualmente per zittire l’avversario. Le vicende giudiziarie di Silvana De Mari, Simone Pillon e Massimo Gandolfini insegnano in tal senso a non abbassare la guardia. In poche parole, queste norme in mano a giudici particolarmente sensibili alla causa Lgbt si possono trasformare in tanti Ddl Zan”. (Tommaso Scandroglio, Ddl Zan affossato, una bella vittoria (ma solo a metà), 28.10.21, lanuovabq.it).

A proposito di Gandolfini, su La Verità di oggi, scrive: “Su Zan ha vinto il buon senso, però ci sono altre mine antiuomo”. “Ora occhio alle altre mine: eutanasia e droga”. Il professore bresciano usa la metafora della mina che sta sottoterra e non si vede, esplode quando viene calpestata. “Una rondine non fa primavera – scrive Gandolfini – cancellare il Ddl Zan è certamente una rondine che porta buoni auspici, ma la primavera dei diritti – quelli veri e seri – della vita, dei bambini, dei disabili, della libertà educativa, del sostegno alle famiglie povere e numerose è purtroppo ancora molto lontana”. (Massimo Gandolfini, Su Zan ha vinto il buon senso, però ci sono altre mine antiuomo, 29.10.21, La Verità)

 Pertanto, contro l’ideologia ha vinto il buon senso, è stato uno scontro tra l’ideologia e la ragione.  Utilizzando il linguaggio ciclistico, Gandolfini, scrive a proposito della vittoria di ieri in Parlamento: “E’ una tappa significativa, ma una tappa, non il traguardo”.

Tra i tanti commenti al voto in Senato sul Ddl Zan sono veramente splendidi quelli offerti da atlanticoquotidiano.it. Il Ddl Zan “non aggiungeva alcun diritto, e nessun diritto è negato dalla sua mancata approvazione, ma al contrario portava un attacco, questo sì oscurantista, alla libertà d’espressione”. (Federico Punzi, “Scampato pericolo per la libertà d’espressione, i neo-oscurantisti del Ddl Zan non passano al Senato”, 28.10.21 atlanticoquotidiano.it)

Il giornalista del giornale online faceva notare che un’ondata di bile, di lutto misto a rabbia e di isteria tra i parlamentari e nelle segreterie di certa sinistra, non si vedeva “dai tempi della vittoria di Trump, parole cariche di risentimento e di odio (sì, proprio da coloro che pontificano in nome della lotta all’hate speech) contro tutti coloro ritenuti, a torto o a ragione, responsabili dell’affossamento del Ddl Zan”.

Per Punzi “Lo stop al Ddl Zan rappresenta un sussulto, un colpo ben assestato ma quasi da guerriglia ai danni di un esercito occupante pervasivo e dalla schiacciante superiorità”.

Mentre dal punto di vista parlamentare si è trattato di un suicidio annunciato, lo sbocco inevitabile della tracotanza di chi voleva far passare a tutti i costi, senza compromessi, un testo su cui – s’era già visto prima dell’estate con il voto palese – non aveva i numeri.

I promotori della legge non hanno voluto eliminare quelle norme assurde come gli artt. 1,4,7, per far passare la Legge. “Hanno invece scelto il fanatismo che imputano ai loro avversari e sono rimasti con un pugno di mosche”.

Tuttavia, per Punzi è poco chiara la scelta del segretario Pd, Letta di andare “muro contro muro”. C’è qualche cinico calcolo? Quello di addossare le colpe a Renzi? O si tratta di inserire un altro cuneo tra i molti “moderati” nel centrodestra che sarebbero stati pronti, con qualche modifica, a votare il Ddl Zan, e quelle “destre” che invece ritiene estremiste, chiamando i primi a dissociarsi e a rompere l’alleanza con queste ultime per convergere nella coalizione “Ursula”.

Secondo Punzi, ora quelli di sinistra potranno fare le vittime, “potranno brandire nei confronti dei partiti di destra l’accusa di omofobia, oltre a quella di fascismo. E non importa se di lampante mistificazione si tratta. Esattamente come l’antifascismo, la identity politics è un’arma di mobilitazione dell’elettorato di sinistra. Disperata, se vogliamo, ma irrinunciabile per una sinistra”. Ma sempre utile alla sinistra per raccogliere voti. Infatti, Letta ha messo le mani avanti, già pensa alle elezioni future:

“Oggi gli italiani hanno visto cosa sarebbe l’Italia governata a maggioranza da queste destre. Cosa sarebbe un Parlamento allineato con gli attuali Parlamenti ungherese e polacco”. Anche se gli esponenti della Sinistra sono convinti che il Paese sta da un’altra parte, cioè con loro. Ma questo è tutto da vedere, almeno dal punto di vista elettorale.

C’è un altro punto interessante nel commento dell’ultraliberista Punzi, è quello della sua dissociazione anche da quelli di Centrodestra che oggi dicono “peccato, un’occasione mancata” per l’intransigenza di Zan e del Pd, o banalità del tipo “oggi ha perso la politica”Noi – precisa Punzi - il Ddl Zan non lo avremmo voluto vedere legge in nessun caso, nemmeno nella versione edulcorata che sarebbe potuta uscire dopo un vero negoziato. Perché anche ripulito dalle più evidenti aberrazioni giuridiche, il testo avrebbe previsto (agli artt. 2 e 3) un ampliamento della Legge Mancino, che da un punto di vista liberale riteniamo già assai problematica, scivolosa”.

Punzi poi espone alcuni aspetti tecnico giuridici del testo abbastanza pericolosi per la sua “impostazione generale regressiva e panpenalistica, culturalmente orientata a rispondere a un problema, reale o potenziale che davvero sia, mediante la criminalizzazione generalizzata”. Aspetti che ho esposto recensendo a suo tempo il libro pubblicato da Cantagalli, “Legge omofobia. Perché non va” a cura di Alfredo Mantovano.

Tornando all’analisi politica, anche Punzi è convinto che i partiti di centrodestra non hanno molto di cui rallegrarsi per il voto di ieri al Senato: “hanno ottenuto un successo sul piano della tecnica parlamentare, ma non una vittoria politica e culturale. Innanzitutto, perché se il Ddl Zan è stato bloccato, lo si deve probabilmente in modo decisivo ad un pezzo di centrosinistra che per motivi tattici ha deciso che andasse così. Ma anche perché c’è mancato davvero molto poco perché molti dello stesso centrodestra, almeno nei partiti dell’attuale maggioranza, lo votassero convintamente”.

In conclusione, Punzi precisa che col voto di mercoledì non è sfumata una “legge di civiltà”, per il momento siamo riusciti a garantire ancora uno spazio per la libertà d’espressione, ricordando che è tutti i giorni minacciata dall’oscurantismo della identity politics, del politicamente corretto e della cancel culture. “Devono svegliarsi i partiti di destra e comprendere che non possono ridursi a giocare in difesa, perché non sempre riusciranno a buttare la palla in tribuna come ieri”.

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 01/11/2021