Un volumetto curioso: «La Bella Gigogin» di Lino Mirko Pacchioni

Edizione speciale del 1961 per il Centenario dell'Unità d’Italia a cura dell'Associazione Nazionale Bersaglieri di Torino

La Bella Gigogin, figura mitica e retorica del Risorgimento italiano, è stata davvero un personaggio storico? A questa insidiosa domanda non siamo in grado di dare una risposta, sia perché non possediamo documenti probanti in merito, sia perché non intendiamo sostituirci al difficile compito degli storici di professione.

Conseguentemente prenderemo atto della versione che va per la maggiore, sempre pronti a rivedere il tutto nel caso che nuovi documenti possano offrire una versione aggiornata o definitiva.

Quello che invece rende indimenticabile il mito della Bella Gigogin è il canto patriottico associato a questa leggendaria figura. La musica fu scritta dal compositore milanese Paolo Giorza che probabilmente si ispirò a canti popolari dell’area lombardo-piemontese. L’autore delle parole invece si ritiene ignoto.

Il significato politico del canto era chiaramente antiaustriaco e i riferimenti alla sua simbologia inequivocabili (esempio: viene usato il termine polenta perché la bandiera austriaca è gialla come la polenta e la "malada" che non vuole mangiar polenta rappresenta la Lombardia oppressa, ma che oppone resistenza al dominio straniero).

La canzone fu ufficialmente eseguita in pubblico il 31 dicembre del 1858 nel Teatro Carcano di Milano durante un concerto offerto dalla Banda Civica diretta dal maestro Gustavo Rossari (Milano, 27 dicembre 1827 – 30 novembre 1881).  

Il successo fu subito immediato e fatto curioso, la canzone fu suonata sia dalle Bande Militari Piemontesi, Francesi e Austriache in diverse circostanze belliche (esempio nella battaglia di Magenta, 4 giugno 1859). Da decenni è la sigla ufficiale (solo melodia) del Gazzettino Padano, giornale radio della Lombardia trasmesso dalle stazioni di Radio Rai. Ascolta La Bella Gigogin qui.

Rataplan! Tambur io sento;

Che mi chiama la bandiera;

Oh che gioia! Oh che contento:

Io vado a guerreggiar.

 

Rataplan! Non ho paura

Delle bombe dei cannoni;

Io vado alla ventura:

Sarà poi quel che sarà."

 

E la bella Gigogin. Col tremille-lerillellera

La va a spass col sò spingin

Col tremille-lerillerà

"Di quindici anni facevo all'amore:

 

Daghela avanti un passo, delizia del mio cuore.

A sedici anni ho preso marito:

Daghela avanti un passo, delizia del mio cuor.

A diecisette mi son spartita:

 

Daghela avanti un passo, delizia del mio cuor."

La vén, la vén, la vén a la finestra,

L'è tutta, l'è tutta, l'è tutta inzipriada;

La dìs, la dìs, la dìs che l'è malada:

" Per non, per non, per non mangiar polenta

 

Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza."

Lassàla, lassàla, lassàla maridà.

 

Le baciai, le baciai il bel visetto, cium, cium cium,

La mi disse, la mi disse: " Oh che diletto!", cium, cium, cium,

Là più in basso, là più in basso in quel boschetto, cium, cium, cium

Noi anderemo, noi anderemo a riposà.

Taratatatà!

 

Tuttavia, ad integrazione di quanto sopra menzionato, non possiamo non prendere in considerazione il volumetto “La Bella Gigogin” di Lino Mirko Pacchioni – Edizione Speciale per il Centenario dell’Unità d’Italia a cura dell’Associazione Nazionale Bersaglieri – Centro Regionale del Piemonte – Torino – Via Benevagienna 2 – Tipografia “La Rinascente” – via Nizza 29 – Torino.

A titolo informativo ricordiamo che il prof. Lino Mirko Pacchioni è stato un bersagliere socio della sezione Alessandro Lamarmora di Torino.

Il suddetto volumetto, pubblicato nel 1961, benché inserito nel filone tradizionale risorgimentale, è un unicum per la novità della trama romanzata, dove fantasia e libera invenzione trasformano la Bella Gigogin in una figura leggendaria, lontanissima da ogni possibilità di esistenza reale.

Negli XI Capitoli del volumetto, che sono singoli episodi concatenati, si traccia un percorso simbolico che si trasforma in una favola indirizzata in primis ad una fascia giovanile, da educare ai valori dell’amor patrio, dell’onore, dell’eroismo ed anche a simboleggiare i sacrifici delle donne italiane per l’unità della agognata unità italiana.

Interessante è la “Prefazione” al volumetto del colonnello Luigi Bossi, all’epoca Presidente Regionale del Piemonte dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, che ricostruisce sostanzialmente il contesto storico in cui è nata la narrazione di questa leggendaria figura di eroina.

“… La romantica figura del «La Bella Gigogin» è nata un po’ dalla storia e un po’ dalla leggenda.

Alla storia sono attribuiti molti episodi della dinamica vita di questa ignota ragazza lombarda, rimasta a simboleggiare i sacrifici e gli eroismi delle donne italiane nel Risorgimento.

Alla leggenda appartiene quasi certamente il suo grande amore per Goffredo Mameli, il poeta della nuova Italia.

Alcuni pittori l’hanno ritratta in tipiche espressioni guerriere, altri l’hanno presentata come una florida ed avvenente popolana.

Ma la sua vera figura è solo quella ideata dal pittore torinese Felice Vellan, e cioè, vispa, graziosa, leggiadra e soffusa da un mistico senso di poesia.

Così diffatti la conoscono i bersaglieri, attraverso i racconti tramandati dal Risorgimento ad oggi in tutte le caserme dei fanti piumati; e così è sempre rimasta nel ricordo e nei tempi la prima vivandiera di Lamarmora.

La Bella Gigogin, la leggendaria bersagliera del Risorgimento era una ignota ragazza lombarda che venne immortalata in una canzone contenente un testo episodico che non ha quasi nulla a che vedere con le sue gesta, né con la sua vita.

Di questa canzone, però esprimeva l’anima e la musica; e le allegre e spensierate strofette a doppio senso, almeno originariamente, altro scopo non avevano se non quello di incitare i giovani della sua regione, oppressa dal giogo austriaco, a varcare il Ticino per arruolarsi nell’Esercito Piemontese.

Nonostante le minuziose ricerche condotte anche recentemente da appassionati studiosi e da storiografi, non si è finora riusciti ad identificare completamente questa avventurosa e coraggiosa ragazza lombarda che durante le guerre d’indipendenza aveva voluto nascondere il suo vero nome e la sua identità con il nome di battaglia «Gigogin».

«Il Lazio» giornale dell’Alta Lombardia, «L’Emancipazione» e così «L’Italia del Popolo» ed ancora «La Gazzetta di Milano» ed alcuni periodici della Regione, compresi quelli umoristici come «Lo Spirito folletto» ed altri giornali dell’epoca fra cui «L’Avvenire d’Italia» di Bologna, hanno parlato spesso de «La Bella Gigogin», di questa coraggiosa ragazza appartenete ad una distintissima famiglia lombarda, che giocava tiri birboni alla polizia austriaca ed era protagonista di straordinarie avventure.

Anche dalle lettere di vari ufficiali dei bersaglieri, fra cui Mustas, Lions, St. Pierre, Morandi e così pure degli studenti Aliprandi, Vicini e Guelfi del Battaglione Toscano “Curtatone e Montanara”, come infine negli scritti di Cesare Correnti, di Achille Mauri, di Edoardo Lange, di Emilio Broglio, di Cesare Giuliani si parla della Bella Gigogin e di altre ragazze anch’esse di nobili famiglie tratte in arresto per “canti osceni e sediziosi”.

I canti “osceni e sediziosi”, così definiti dalla polizia austriaca, non erano altro che canti patriottici, come tutte le strofette a doppio senso appositamente preparati per eludere la vigilanza degli sbirri durante l’arruolamento clandestino dei volontari.

La «Gigogin» era una ragazza d’una bellezza eccezionale; perciò non aveva tardato ad essere chiamata «la Bella Gigogin». Gigogin era il vezzeggiativo, in dialetto piemontese, di Teresina. E «Teresina» era stata chiamata, fin dell’epoca dei Carbonari, l’Italia. Chi diceva «Teresina» diceva «Italia».

Ma non incorreva nei pericoli incombenti su coloro che osavano solo pronunciare questa sacra, infiammata parola: «Italia».

E così «Teresina» e cioè «Gigogin» rimase sempre a significare: Italia. La «Bella Gigogin», era dunque una «Bella italiana» che, travestita da cantastorie, svolgeva opera patriottica in tutta la Lombardia …”.

Il volumetto in oggetto non è attualmente disponibile in libreria e si può reperire soltanto presso librerie antiquarie oppure nei siti di vendita del web.

È possibile consultarlo presso l’attuale Sede dei Bersaglieri “A. Lamarmora” in corso Regina Margherita n. 16, a Torino: tel. e fax. 011-8127804; e-mail: assbersto@gmail.com  – Orario di apertura: venerdì dalle 21 alle 23.

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Articolo pubblicato il 10/11/2021