Imprenditore e galantuomo

Ricordo del comm. Davide Campari (di Alessandro Mella)

“Se d’affanni, vecchi malanni, non si sente più novella, se ciascun sorride lieto e la vita trova bella, se ragione misteriosa a gioir ciascuno appella, questa è l’ora senza pari, questa è l’ora del Campari!”, così cantava, gioiosamente, Crivel negli anni ‘30 del Novecento.

Gli aperitivi e le bevande dell’impresa del comm. Davide Campari erano, infatti, ormai molto più dell’oggetto delle consumazioni nei locali ma un vero e proprio fatto di costume. Icona di una società che, malgrado le limitazioni di tempi difficili, cercava speranza ed armonia.

La storia dei Campari è abbastanza nota, confetterie, locali, fantasia nella creazione di nuove bevande, il trasferimento di Gaspare da Novara a Milano, il locale a ridosso del Duomo e poi l’ingresso nell’impresa dei figli Davide e Guido.

I due giovani, che poi seguirono percorsi diversi ma paralleli, uno alla creazione e l’altro nei locali, diedero uno straordinario impulso all’impresa ed alla distribuzione seguendo la via della creatività che fu del padre anche se Davide, nel 1910, assunse un’autonomia particolare.

Gaspare, era scomparso nel 1882 e furono i due fratelli a mandare avanti l’attività paterna (1). Tuttavia, solo dopo aver studiato, nel caso di Davide appena quindicenne, in Francia.

Ne nacque, quindi, e soprattutto per iniziativa di Davide stesso, una grande e moderna impresa i cui stabilimenti si spostarono, nel 1904, a Sesto San Giovanni. Nel 1888, tra l’altro, i marchi dell’azienda vennero depositati unitamente a quelli del “Cordial” e del “Bitter”. È quello il momento in cui nacque anche lo stemma araldico.

Grazie ad una lunga attenzione alla pubblicità, basata su campagne brillanti con manifesti, cartoline, locandine e perfino con la musica, in breve la Campari si impose sul mercato con una potenza economica non indifferente consolidandosi come realtà industriale di grande prestigio e vitalità. Un’attività pubblicitaria che consegnò ai posteri delle vere e proprie opere d’arte.

Fu proprio Davide la figura di maggiore impulso per l’impresa di famiglia.

Era nato a Milano il 14 novembre 1867 in una città nel pieno del suo splendore postrisorgimentale. Nel Caffè del padre ascoltava i politici, gli imprenditori, i militari ed i reduci delle guerre risorgimentali e sognava mentre il genitore appuntava, su di un libricino, le ricette delle sue creazioni. 

Crescendo si appassionò all’attività di famiglia e poi si sposò, tardivamente, cinquantenne, con Maria Quintillia Poggeschi più avanti d’una decina d’anni di lui. Un felice matrimonio, seppur senza figliolanza, che purtroppo si concluse quando l’amata “Tilia” si spense a Milano il 6 febbraio 1934.

Viene da pensare che il nostro Davide, indubbiamente affranto per il terribile lutto subito, si fosse gettato capofitto nel suo lavoro. Del resto, l’impresa si espandeva, cresceva, e lui era sempre più un’autorità.

Così stimato che la sua fama gli aveva procurato l’incarico di console del governo del Nicaragua permettendogli di affiancare, all’imprenditoria, l’attività diplomatica. Un impegno collaterale cui diede tutto se stesso con relazioni, impegno e risultati interessanti tra cui la firma anche di accordi e protocolli di non secondaria importanza.

Il suo prestigio personale era cresciuto notevolmente e si percepisce anche dai toni con cui venivano celebrate le sue visite:

 

Visite a "La Stampa”. Ieri mattina hanno visitato la sede del nostro giornale il comm. Davide Campari e i procuratori della ditta milanese. Accompagnati dal nostro direttore amministrativo gr. uff. Cesare Fanti, i visitatori si sono soffermati ad ammirare gli impianti, esprimendo infine il loro vivissimo compiacimento. (2)

 

Nel frattempo, tuttavia, egli aveva anche consolidato l’immagine notabile della famiglia. Sulla fine dell’Ottocento, infatti, si era dotato di uno stemma di cittadinanza che fece dipingere sull’abitazione di Sesto San Giovanni e riprodurre anche sui suoi prodotti.

Tanto è vero che anche sulla domanda del 12 ottobre 1912 per la registrazione della nuova etichetta del “Cordial”, nella Gazzetta Ufficiale del Regno, fu possibile leggere: “in alto, a sinistra, lo stemma della famiglia Campari”.

A riguardo, consultato dallo scrivente, il direttore dell’Annuario della Nobiltà Italiana, l’araldista Andrea Borella, fece notare come lo stemma sia “parlante”. Si notano in alto i cani che sono due in numero pari, “Cam…pari” appunto.

Essi sono non a caso uno nero e uno bianco in ricordo dei colori principali dei vini. Subito sotto si scorgono i pali rossi ed arancioni ed anche questi rievocano i colori delle bevande prodotte dallo stabilimento omonimo. Nelle numerose reinterpretazioni ad uso commerciale, tuttavia, qualche volta queste “finezze araldiche” si sono perse.

A lato di questo desiderio di riaffermare la notabilità e l’importanza della “dinastia” si aggiunsero anche i premi e le onorificenze. Guido, il fratello, benefattore del Pio Albergo Trivulzio, comproprietario dell’impresa, fu nominato commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia.

Davide ebbe, per ragioni diplomatiche legate all’incarico di console del Nicaragua, le insegne di Grande Ufficiale (aveva risalito i vari gradi nel tempo) del medesimo ordine sabaudo nell’ottobre 1936. (3) A questo a suo tempo aveva aggiunto, nel 1905, le insegne di commendatore del Real Ordine di Vila Vicosa della Real Casa del Portogallo. (4)

Onore ancor oggi patrimonio dinastico della Real Casa del Portogallo con gran maestro il Capo della Real Casa del Portogallo, Dom Pedro Duca di Braganza e di Loulè, e per cancelliere Dom Nuno Cabral da Camara Pereira Marchese di Castel Rodrigo e Connestabile del Portogallo. Ordine che molte volte ha ornato ed orna il petto di numerosi italiani.

Quest’importante concessione, tra l’altro, ebbe funzione nobilitante e la genealogia del Campari è stata recentemente inserita XXXIII edizione dell’Annuario della Nobiltà Italiana (Parte III - Cavalleresca).

Era un carattere forte il comm. Campari, non vendeva a credito, non tollerava i dipendenti con il vizio di beneficiare sul posto di lavoro di quanto prodotto. Era inammissibile, ai suoi occhi, il bere in stabilimento mettendo in pericolo se stessi e gli altri. Narra la leggenda che egli avesse fatto realizzare una scala da cui i suoi lavoratori dovevano passare per uscire a fine turno. Da una poltrona di vimini li osservava e se qualcuno saliva barcollando erano guai seri. (5)

A lato di questa severità, tuttavia, non mancava di amare e sentire come suoi pari i dipendenti che dimostravano di meritare la sua affezione e stima tanto che le fonti dell’epoca lo danno per amatissimo e dedito a molte attività di beneficienza e previdenze per i lavoratori della ditta. (6)

Negli ultimi anni, tuttavia, la sua tempra durissima e provata da lutti e fatiche, iniziò a sfibrarsi. A lato degli straordinari successi imprenditoriali ed industriali c’era una vita privata non particolarmente felice.

Sentendo il tempo scorrere via chiamò a sé il nipote, figlio della sorella Antonietta, perché imparasse in fretta il mestiere e proteggesse, dandogli continuità, quell’enorme opera messa insieme durante anni di sacrifici infiniti. E Antonio Migliavacca, in effetti, condusse con impegno l’attività salvandola e dandole nuovo impulso finché, alla sua scomparsa nel 1954, la sua vedova Maria prese le redini della “Campari” dirigendola con competenza ed abilità. (7)

Frattanto Davide, cui forse la scomparsa della moglie aveva dato un colpo pesantissimo, tentò con tutte le sue forze di andare faticosamente avanti. Ma ogni uomo, per quanto vigoroso, per quanto coraggioso, per quanto forte, raggiunge prima o poi un appuntamento doloroso. A San Remo, il 7 dicembre 1936, il nostro, al suo melanconico crepuscolo, si spense prendendo la via che, speriamo, lo portò nuovamente tra le braccia dell’amata moglie:

 

La Ditta DAVIDE CAMPARI & C. di Milano, con i suoi Dirigenti, Impiegati, Maestranze, Ispettori, Agenti e Rappresentanti d’Italia, Colonie e Estero, ha l’immenso dolore di annunciare la morte oggi avvenuta in Sanremo del Comm. Davide Campari. Industriale - Console Onorario del Nicaragua a Milano - Proprietario dell’Azienda - Capo e Maestro amatissimo e venerato. Milano, 7 dicembre 1936-XV. (8)

 

Davide Campari resta una figura eccezionale, tuttora molto ricordata, e spesso nei nostri apertivi ne gustiamo ancora l’originalità e la fantasia.

Con questo breve articolo abbiamo provato a raccontarne aspetti meno consueti, meno considerati. Per rinnovare il ricordo di un grande conduttore d’industria italiano il cui esempio non perderà mai valore.

Alessandro Mella

 

L’autore desidera ringraziare Andrea Borella e Luca Simone Rancati.

 

NOTE

1) Annuario della Nobiltà Italiana, Andrea Borella a cura di, Edizione XXXIII, Tomo II, Parte III, p. 2256.

2) La Stampa, 68, Anno XII, 22 ottobre 1934, p. 2.

3) La notizia della promozione, tuttavia, fu pubblicata nelle Gazzetta Ufficiale del 2 giugno 1937 a pagina 2017 quando il nostro era purtroppo già scomparso.

4) Concessione indicata in “A Ordem Militar de Nossa Senhora da Conceição de Vila Viçosa” di Francisco Belard da Fonseca, 1955.

5) Dinastie sestesi, Ezio Parma Editore, 2005, p. 100.

6) Corriere della Sera, 6, Anno XV, 8 dicembre 1936.

7) Dinastie sestesi, Ezio Parma Editore, 2005, p. 100.

8) La Stampa, 292, Anno LXX; 8 dicembre 1936, p. 8.

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Articolo pubblicato il 27/12/2021