La Guerra di chi?

Monti e la nuova censura.

"Siamo in guerra, bisogna trovare modalità meno democratiche nella somministrazione dell'informazione". E' l'ex presidente del Consiglio, Mario Monti, a rilanciare così durante il programma In Onda su La7, la sua proposta relativa ad una revisione del ruolo, dei limiti e della qualità dell'informazione in una pandemia.

Bisogna onestamente dire che quel signore, tra i tanti difetti che caratterizzano la sua personalità pubblica, ha quantomeno un pregio stupefacente: una sfacciata sincerità. Qualcuno in passato ha detto che i politici dicono quel che pensano solo quando non pensano a quel che dicono, cioè mai.

Monti non fa eccezione, ma in questa occasione ci ha fatto parte del suo pensiero in maniera sfacciata, brutale, ostentata. E gliene siamo grati, perché finalmente qualcuno dell’oligarchia euroglobalista, a differenza dell’apprendista politico Mario Draghi, talvolta un po’ goffo nel suo nuovo ruolo, finalmente butta a mare l’ipocrisia comunicativa e ci sbatte in faccia il vero progetto dei padroni del mondo: non solo il controllo della realtà ma anche il controllo della sua rappresentazione.

"Nessuna censura, piuttosto un nuovo ruolo dell'informazione in una situazione di emergenza", aggiunge il nuovo apprendista comunicatore, e qui -dopo il lampo di sincerità, probabilmente involontario- anch’egli ricade nella banale prudenza di un senatore a vita qualunque, quasi pentito della stravaccata che ha appena detto.

Eppure, come ci insegna la psicanalisi, i lapsus sono espressione di sentimenti profondi, e quello di Monti rivela che cosa i padroni dell’oggi ci preparano per il domani: un mondo dove saremo sempre in guerra e dove non sarà più consentito dire qualunque cosa, ma solo quelle cose che una eterna emergenza bellica -qualunque cosa questo significhi- ci imporrà.

Quel “nuovo ruolo” dell’informazione è un’ipotesi agghiacciante, e forse vale la pena di chiederci come è possibile che un personaggio come Monti abbia potuto ricoprire in passato un ruolo così alto e delicato come quello di capo del governo e come sia possibile accettare l’ipotesi che sempre lui possa, forse in futuro, nuovamente ricoprirne uno, e ancora come -dopo un’affermazione del genere- possa ancora restare senatore a vita, poltrona che, come noto, viene attribuita per “altissimi meriti”.

Meriti che ci permangono tuttora sconosciuti, a meno che uno di essi non consista nello scherno a quell’articolo ventuno della nostra Costituzione che ci resta molto caro.

Il problema è che ci stiamo avviando, in Italia e probabilmente nel mondo intero, verso una “montizzazione” e una “draghizzazione” delle scelte pubbliche: una tecnocrazia infantile che non si pone domande, soprattutto circa gli strumenti e i limiti delle sue conoscenze, e vive in un universo autoreferenziale dai confini ristretti e visionari. Un mondo virtuale, quasi una realtà aumentata come quella che sta prendendo piede nel mercato, che distrugge i cervelli dei suoi adepti e si fa tentare dalle distopie di un Klaus Schwab qualunque, ricevuto qualche giorno fa a Palazzo Chigi, e di cui peraltro vorremmo conoscere le credenziali culturali e l’autorevolezza intellettuale.

D’altra parte basta porre attenzione a come viene gestito il PNRR, di cui Mario Draghi è il sommo sacerdote e Roberto Cingolani il devoto officiante, con la sua ossessione per le transizioni digitali ed ecologiche, gestito da sconosciute cabine di regia secondo logiche misteriose e di cui la nazione sa pochissimo.

O ancora allo scandalo di un trattato internazionale tra Francia e Italia mantenuto segreto sino alla firma e di cui, non diciamo la nazione, ma perfino il Parlamento non ha potuto conoscere i contenuti reali, cosa che i mezzi di comunicazione hanno ritenuto normalissima, quasi anticipando quella censura, o autocensura, che Monti auspica per l’immediato e per il futuro.

E ancora, il mistero che avvolge i contenuti dei vaccini imposti alla gente, e -su un piano continentale- la secretazione dei contratti conclusi fra le istituzioni europee e Big Pharma, e di cui è stata fornita ai parlamentari europei che ne hanno fatto richiesta una versione censurata con una offensiva e infinita marea di righe nere.

Questa, probabilmente, è la visione del mondo auspicata da Monti: un mondo dove nulla si può conoscere se non quelle briciole di realtà che il potere acconsente di regalarci, come fossimo mendicanti sotto i suoi balconi. Perché la democrazia, anche quella della conoscenza, può intralciare i loro piani.

D’altra parte il Senatore a vita ci comunica che siamo in guerra e,  come si dice, à la guerre comme à la guerre.

Peccato che sia la loro guerra, non la nostra.

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Articolo pubblicato il 30/11/2021