Spotorno d'autunno

Un intreccio di leggende, turismo e letteratura

Domenica mattina lenta e sonnacchiosa, con la nebbia che copre la collina ben più che in una poesia carducciana. La Liguria mi aspetta, l’albergo è già prenotato. Quando lascio l’autostrada a Savona, la cosiddetta Verdemare, sembra aprirsi un altro mondo, dove tutto è sereno e splende il sole. Dopo le curve dell’Aurelia in corrispondenza di Bergeggi, è Torre del Mare ad offrire il primo colpo d’occhio sull’isola di BergeggiQuesta è l’isola del mito, avvolta in un alone di leggenda, che ha ospitato monaci e pirati, fino al suo declino e totale spopolamento. Secondo la storia, nel 992 il Vescovo di Savona, Bernardo, inizia la costruzione del monastero che intitolerà a Sant’Eugenio e che affiderà ai monaci lerinensi, chiamati da un’altra isola sulla costa francese, Sull’isola di Bergeggi vi era già un piccolo romitaggio, nato forse tra il IV e il V secolo, proprio per iniziativa di Eugenio, Vescovo di Cartagine, che qui si era ritirato.

Una tradizione, che assume l’aspetto di leggenda, racconta invece che... L’isola sia “arrivata” di fronte alla costa ligure, navigando sulle acque e "traghettando" su di sé i santi Eugenio - Vescovo di Cartagine, morto sull’isola nel 505 - e Vendemiale, che fuggivano dalle persecuzioni dei Vandali. Sant’Eugenio rimarrà sull’isola fino alla morte (mentre Vendemiale ripartirà alla volta della Corsica). Le sue spoglie vengono traslate a Noli, ma ricompaiono sull’isola, come per miracolo; è per riportarlo nel luogo che amava che nel 992 il Vescovo Bernardo fa costruire sull’isola un monastero in suo onore, donato ai monaci di Lérins, perché ne custodiscano i resti mortali.

In ogni caso… Risulta certo che le spoglie di sant’Eugenio rimangono sull’isola fino al 1252, anno in cui sono traslate definitivamente a Noli (allora misconosciuta repubblica marinara avversaria di Genova e sede vescovile) e custodite nella chiesa di san Paragorio. Ogni anno, il 12 luglio, una processione di barche parte da Noli ed approda sull’isola portando con sé le spoglie del santo.

E infine Spotorno!

Anche qui palpita una leggenda… Nel territorio sono visibili ancora due torri, una sul mare e l’altra, più interna (detta di Coreallo), che sarebbero state innalzate a difesa contro i Saraceni intorno al Mille. Proprio in una torre ha vissuto i suoi primi anni la giovane Ines, amata del principe saraceno Achmet che aveva assalito la costa ligure con le sue imbarcazioni da guerra. Una storia d’amore finita male, nel tempo buio del Medioevo... Secondo la leggenda in alcune notti appare un fantasma nero che si arrampica lungo i resti della torre; ad una finestra lo attende il fantasma di una donna vestita di bianco e dall’aspetto malinconico. Sono i due innamorati di mille anni fa?

Spotorno è bandiera blu, eccellenza del turismo in provincia di Savona, paese piccolo e raccolto intorno a un centro ancora a dimensione umana. Nei suoi piccoli spazi sono sbocciati molti alberghi per accogliere i turisti provenienti dal Piemonte e dalla Lombardia.

Spotorno ha una lunga tradizione di accoglienza turistica e di balneazione. Fin da quando la sua stazione ferroviaria era una semplice casupola in legno accanto al binario, dove i treni si fermavano soltanto per permettere ai viaggiatori di acquistare il cestino con il pasto preparato dalla cucina rinomata dell’hotel Palace.

Fra l’albergo e i quasi prospicienti bagni Sirio, Alberto Lattuada ha girato nel 1953 il film “La spiaggia”, pruriginoso e vietato all’epoca.

Dopo un periodo di abbandono l’ex hotel Royal, sul lungomare, è stato acquistato da un fondo immobiliare che lo trasformerà in lussuosi appartamenti vista mare.

Separato soltanto dal villino Ida, ecco il citato ex hotel Palace, oggi struttura multipla con appartamenti, una sala convegni e la biblioteca comunale Camillo Sbarbaro in corso di risistemazione; edificato nel 1890 con ampio parco fronte mare e spiagge private

È possibile che un destino comune e avverso abbia segnato la fine di questi due alberghi, tipici esempi del turismo del secolo scorso?

Nel 1872 a Spotorno vede la luce Giacinto Menotti Serrati, tra i fondatori della prima Lega Socialista di Oneglia. A ricordare il suo impegno politico, durato tutta la vita, il Comune ha posizionato due targhe: una sulla sua casa natale e un’altra sulla piazza che gli è stata intitolata.

Il l5 novembre 1925 Frieda von Richtofen e David Herbert Lawrence arrivano a Spotorno, per curare la salute già minata dello scrittore, e scelgono una camera sul mare a Villa Maria (l’attuale Hotel Miramare), locanda gestita dal signor Capellero. Al suo agente letterario Curtis Brown, Lawrence scrive: “È un amabile giorno di sole, c’è un mare turchino, e io siedo a scrivere fuori, sul balcone, giusto sopra la spiaggia”. La frase è oggi riportata, in italiano ed in inglese, su una epigrafe collocato alle spalle dell’albergo.

Vicino al Miramare si trova l’hotel Ligure, assai rimaneggiato rispetto alla originaria costruzione, che ha vissuto un percorso particolare nella storia del turismo spotornese.

La rivista del Touring Club Italiano “L’albergo in Italia” del giugno 1934, a firma di Ulrico Tagani, ci fa sapere che “gli abitanti sono 1780 e gli alberghi sette: il Palace Grand Hotel, il Miramare, l’Italia, il Ligure, il Regina, l’Esperia e il Belvedere”.

Ancora prima, negli Anni Venti, oltre alla pensione Vallega aperta nel 1919, erano presenti la pensione Delponte (poi Nepote), l’hotel Liliana, la trattoria di Stefano Papa (dove sorgerà il cinema Ariston, di cui oggi rimane un’insegna a muro).

Un posto a parte lo merita l’Osteria Trento e Trieste (“A Cicilietta”) di via XXV Aprile: era il ritrovo di carrettieri, braccianti e anziani del paese, mentre sul molo del Sirio si ritrovavano i lupi di mare, dopo anni a bordo di barche, navi e bastimenti a raccontarsi le loro memorie.

Sempre sul lungomare, con affaccio diretto sulla spiaggia, in direzione di Noli, si incontra la moderna ed eclettica forma allungata con cupola dell’hotel Premuda. Sorto dal 1932 in piazza Rizzo, come dancing e stabilimento balneare, nel corso degli anni viene prima trasformato in “Gran Pensione” e quindi in “Albergo”. Il nome Premuda deriva dall’impresa di Premuda sul mare Adriatico: un’azione navale compiuta dai MAS 15 e 21 agli ordini del capo sezione Luigi Rizzo e rispettivamente comandati da Armando Gori e da Giuseppe Aonzo (Spotorno gli ha dedicato una piazza), che all’alba del 10 giugno 1918, in piena Prima guerra mondiale, penetrano di nascosto tra le unità di una formazione navale nemica diretta al canale d’Otranto, riuscendo a silurare e ad affondare la corazzata nemica Santo Stefano

Ritorno alla letteratura, segnaliamo che il poeta Camillo Sbarbaro, nato a Santa Margherita Ligure nel 1888, aveva i nonni materni spotornesi, e qui ha trascorso molte vacanze della sua infanzia.  Ogni volta che il poeta fa ritorno a Spotorno ritrova una situazione di serenità e di immersione alla natura ligure; ne descrive il manifestarsi in piccoli fatti capaci di suscitare suggestioni poetiche, come in questo breve brano:

Quest’anno le agavi del litorale han messo il fiore: un’alberella di pannocchie bionde, alloggio alle vespe. Sulla vertebra nuda della strada, sui monti calvi e calcinati luglio si accanisce. Scarnito l’osso, il paese s’apre secca fauce sul mare; che ne elude la sete spruzzandolo di schiume amare”.

Si ritirerà definitivamente nella casa di via Finale, con la sorella Clelia, e qui morirà nel 1967.

Spotorno può oggi vantare oggi la presenza di uno scrittore locale, Bruno Marengo.

Questa poliedrica figura umana di sindacalista, uomo politico, intellettuale a tutto tondo, è un esempio perfetto del Novecento e merita che si racconti per intero la sua biografia artistica e letteraria, oltre che la sua formazione sociale e politica.

Il 14 febbraio 1814 Papa Pio VII, di ritorno dalla Francia dove era stato esiliato, fa una breve sosta a Spotorno. La relazione di questo passaggio è conservata nei documenti dell’archivio parrocchiale, che avrebbero bisogno di essere ancora studiati.

Per concludere, due curiosità scoperte all’interno della chiesa parrocchiale.

Una lapide sul pavimento, in corrispondenza dell’ultimo banco della fila sinistra, reca incisa una scritta ormai illeggibile. Era una tomba? Un sepolcro di famiglia? Il tempo si è portato via anche questa memoria umana.

Al secondo altare destro due visi grotteschi reggono un angelo ciascuno, che a loro volta sostengono due colonne tortili. Che significato avevano quei visi spaventosi? Una allegoria scultorea di mano ignota o un significato che, anch’esso, si è perduto con i costruttori della chiesa?

 

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Articolo pubblicato il 16/12/2021