Salvatur ad Raie, una vita in giro per i paesi

Di Alberto Serena

Salvatore Bracco era nato a Frassinetto (TO) il 7 febbraio del 1895 da Giovanni Pietro (29.4.1863) e da Maria Antonia Orso Fiet (21.4.1858), figlia di Martino e di Maria Caterina Monteu Saulat.

I suoi genitori si erano sposati a Frassinetto il 29 marzo del 1891 e dal loro matrimonio, prima di Salvatore, era già nato Martino (15.1.1895 + 1965).

La sua era una famiglia di zoccolai, un’attività iniziata con il nonno paterno Martino Bracco (1834 + 22.4.1902), che si era sposato con Lucia Marchiando Pacchiola, e portata avanti da suo padre Giovanni Pietro insieme ai fratelli Bartolomeo (28.11.1866), Giacomo (26.8.1870) e Giovanni Battista (12.11.1874).

La sua gioventù la trascorse in cantone Tet, una borgata di Frassinetto (attuale borgata Tetti), ma il suo spirito ribelle, accompagnato da un malessere sconosciuto, che lo faceva cadere in depressione o entrare in uno stato euforico, fece sì che non si adattasse alla vita del paese e della sua famiglia.

Voleva sentirsi libero, rimase celibe e alla morte dei suoi genitori si trasferì a Raie, una borgata di Pont Canavese, da dove partiva per andare a bighellonare nei paesi vicini.

Aveva gli occhi azzurri che guardavano asimmetrici; camminava tutto storto ed aveva difficoltà a parlare. Vestiva però sempre con la giacca ed il cappello, con una singolare e strana eleganza, anche se non aveva neanche un soldo per mangiare.

Gli è che, quando moriva qualche anziano, uno di quelli che avevano trovato “Nusgnur ant l’ort”, e che figurava più o meno della sua statura, Salvatore andava a fare le condoglianze alla famiglia, che, conoscendo ormai tutti il suo lato debole, gli regalava qualche vestito del morto, magari non il più bello, ma certo uno ancora ben tenuto, che lui avrebbe indossato orgoglioso in suffragio della buonanima.

La Ninin, una cara signora di Raie, la sorella di “Fricio” amico di mio padre che era per un quarto originario di lì, gli dava ogni giorno un piatto di minestra. Da loro i poveri non pativano la fame” (Tratto dal libro “Pont Canavese. Un secolo in cartolina”, di N. Castagneri e G. Schialvino).

Morì a Pont Canavese nel 1971.

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Articolo pubblicato il 18/12/2021