La Geopolitica e il "Fattore Umano"

L'importanza del "Fattore Umano" nell'analisi geopolitica.

Sono gli uomini, aggregati in comunità, a disegnare la dinamica del mondo.

 

I leader diventano tali solo se comprendono le necessità della comunità e restano al comando finché ne fanno gli interessi. L’idea che abbiano il potere di fare ciò che vogliono è un’ illusione.

 

L’afflato imperiale ha forgiato lungo i secoli le identità e le mentalità dei popoli ‘padroni del mondo’. Le ‘nazioni imperiali’ e le loro traiettorie, si definiscono in base al proprio passato imperiale. O per lo meno da una percezione di tornare ad essere tali.

 

Queste le fondamentali basi della Geopolitica in relazione alle ambizioni statali. Ma che cos’è la Geopolitica?

 

 

Fino a 30 anni fa l’argomento era un tabù, richiamava un passato definito oscuro dai "liberal" e dagli antifascisti.

 

Oggi, abbiamo un problema opposto, il termine viene abusato ed utilizzato in ogni ambito.

 

L’essenza della dottrina, oltre alla conoscenza storica e geografica, risiede nel concetto di ‘fattore umano’.

 

Lontana da ogni determinismo, la Geopolitica tiene conto sopratutto della dimensione umana, in tutti i suoi aspetti e complessità.

 

I leader nazionali, per quanto consistenti e storicamente rilevanti tendono ad agire più sul piano tattico che non su quello strategico.

 

La strategia spetta ai cosiddetti “stati profondi”, ovvero, quell’insieme di forze militari, economiche e di ‘intelligence’, che perseguono l’interesse nazionale; espressione storica e geografica della propria collettività, a prescindere dalle ideologie o narrazioni dominanti.

 

In sintesi, le sovrastrutture sono sempre al servizio delle strutture. E quest’ultime, spesso, risultano invisibili ai più.

 

Al pericolo del determinismo, oggi se ne affiancano altri due; ovvero, l’aspetto quantitativo ed “economicista” che spesse volte accompagna le analisi (sarebbe meglio definirle ‘previsioni’) dei ‘tuttologi’ dell’informazione.

 

Molte volte infatti si tende a prevedere una futura potenza mondiale solamente in base al proprio PIL o alla demografia; aspetti sicuramente importanti, ma non onnicomprensivi.

 

L’economicismo, ovvero analizzare lo status dei Paesi in base ai meri fattori economici, è una “malattia” interpretativa tipica degli Stati post-storici(molto diffusa in Europa). Paesi cioè che hanno rinunciato alla propria identità; incapaci di raccontarsi poiché privati della sovranità e sottomessi da una potenza egemone esterna.

 

Analizzare le collettività implica invece soffermarsi sul “fattore umano” appunto, ovvero l’aspetto qualitativo di una Nazione.

 

Uno Stato con centinaia di milioni di abitanti, o con km quadrati di superficie piena zeppa di risorse, può tuttavia risultare effimero nei rapporti con altri stati, anche se infinitamente più piccoli di esso, ma densi di capacità e competenze.

 

Tuttavia l’analisi sulle masse non deve trarci in inganno. Per ‘collettività’ e ‘fattori umani’ non si intendono le masse informi, bensì si tratta di riscontrare, in una qualsiasi Nazione, il proprio senso di sé. L’Io storico se volessimo darle un nome ulteriore.

 

Spesso ci si trova a disagio verso quella che è la narrazione classica, tendenzialmente ‘lideristica’. Quante volte abbiamo sentito parlare, anche solo per comodità o convenzione storica di: ‘Era dei Cesari’, ‘dei Bonaparte’, ‘dei Papi’ ecc…

 

Viceversa, nella narrazione di tipo socialista, spesso vi è una tendenza opposta, avversa cioè al “liderismo” di rappresentazione classica (‘borghese’ direbbero loro); ovvero si racconta di leader che hanno plagiato ed ingannato le masse proletarie, tradendo i veri bisogni del popolo e dei ceti meno abbienti.

 

Alla dottrina Geopolitica invece, avulsa da ogni ideologismo, le interessa di più carpire una strutturalità all’interno delle comunità stesse; legata alla storia, alla demografia, alla geografia e alla pedagogia propria della Nazione che si intende analizzare.

 

Ergo, quando ci si approccia ad uno Stato-nazione, una delle prime domande da porsi è “che cosa raccontano di sé?”. La risposta a questa domanda ci rivela un comun denominatore che indirizzerà la traiettoria perseguita dalla Nazione stessa. O meglio, come sopraddetto, dal suo “apparato profondo”(Deep State).

 

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Articolo pubblicato il 20/12/2021