Nulla di nuovo (Per uso interno dell'Arma)

Il volumetto, pubblicato ad Alessandria nel 1931, propone divertenti bozzetti che hanno come protagonisti militari e sottufficiali dei Carabinieri

Nella galassia delle barzellette sui Carabinieri ne esiste anche una che sostiene come tutti questi racconti umoristici vengano elaborati da un pool di alti ufficiali addetti a un apposito ufficio dell’Arma, con sede a Roma. Soltanto una battuta? Grazie all’amico bibliomane Federico Cavallero sono venuto a conoscenza di un volumetto che pare, almeno in parte, confermare questa narrazione.

Si tratta di “Nulla di nuovo (Per uso interno dell’Arma)”, scritto con lo pseudonimo di Etrusco dal Tenente Colonnello dei Carabinieri Michelangelo Zazzeroni, e pubblicato ad Alessandria nel 1931.

La rete ci permette di conoscere alcune note biografiche dell’autore: nato il 26 febbraio 1880, era maresciallo dei Carabinieri e nel 1911, a 31 anni, è stato nominato sottotenente. Da qui è iniziata la sua brillante carriera di ufficiale: è tenente nel corso della Prima guerra mondiale e nel 1915 ottiene una Medaglia di Bronzo al Valor militare. È poi capitano, maggiore e dal 1930, tenente colonnello. Nel 1937 è nominato cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, in ausiliaria. La sua progressione di carriera, indicativa di una personalità volitiva, tenace e determinata, lo ha portato a contatto con molteplici realtà operative dell’Arma sia dal punto di vista umano che geografico, visto che ha ricoperto incarichi in Sardegna, a Bologna, Bolzano, alla Legione allievi di Roma, a Treviso.

Nulla di nuovo (Per uso interno dell’Arma)” non contiene barzellette, ma divertenti bozzetti che hanno come protagonisti militari e sottufficiali dell’Arma, ambientati in località indicate con nomi immaginari, di solito stazioni periferiche di collina o di montagna.  

La genesi del libro è chiarita dalla breve premessa dello stesso Autore. Ha inviato in lettura il manoscritto dei suoi racconti all’amico e collega Luigi, evidentemente anche lui ufficiale dell’Arma, per chiedergli un parere e questi gli ha riposto con la lettera che viene riportata:

 

Carissimo amico,

Ho letto d’un fiato i tuoi "bozzetti,,: lascia che li chiami così.

So che i complimenti possono poco sull’animo tuo, epperciò mi guardo bene dal fartene.

Ti assicuro però, che, con quel tuo stile semplice e toscaneggiante, la vita nell’Arma viene fedelmente rispecchiata in tante delle sue molteplici manifestazioni.

Gli esempi e gli aneddoti che racconti, sono una miniera di cognizioni utili e pratiche per ogni militare.

Senza dartene l’aria insegni molte cose in un campo vero, lepido, dilettevole e sommamente inspirato a principi sani, retti ed elevati.

La disciplina stessa potrebbe trarne dei vantaggi.

Ma per far ciò occorre che tu rompa il ghiaccio facendoli stampare.

Credi a me: per quanto modesta, sarebbe tuttavia per i Carabinieri una buona e bella cosa. Accetta il mio consiglio.

Tuo affezionatissimo Luigi

 

Un giudizio nettamente favorevole quello dell’amico e collega, non soltanto sul piano letterario, ma anche per quanto attiene alla formazione e alla preparazione disciplinare dei Carabinieri. Che dire di più?

«Ho accettato il consiglio», conclude laconicamente il Tenente Colonnello Zazzeroni, che ha pubblicato il suo manoscritto di racconti col titolo “Nulla di nuovo (Per uso interno dell’Arma)”, dove riecheggiano le indicazioni di Luigi.

L’epigrafe del volumetto consiste in una affermazione di Teocrito, “Non cose nuove ma vere”: una chiara indicazione dell’Autore sulla veridicità dei fatti narrati, una dotta garanzia di “vita vissuta”. Ce lo conferma il riferimento, sempre preciso e puntuale, alle norme comportamentali in vigore nella vita quotidiana delle stazioni periferiche dell’Arma che soltanto un addetto ai lavori può conoscere nella loro applicazione, ma anche nella loro violazione.

I racconti del Tenente Colonnello Zazzeroni sono riferiti a una realtà operativa ormai datata, dove campeggia una disciplina severa, con una forte distanza tra ufficiali e sottoposti: hanno qualche analogia con un illustre precedente, “La vita militare. Bozzetti” di Edmondo De Amicis (1868).

Si percepisce infatti l’autocensura che l’autore si è imposto per evitare il pericolo di mettere in ridicolo l’Arma, le disposizioni che la regolano e i provvedimenti presi in alto loco. Zazzeroni, come succede nelle barzellette, addita soltanto difetti, sviste, ingenuità ed errori del singolo milite. Lascia sempre intravvedere sullo sfondo superiori giusti, anche se severi, in grado di rimediare ai pasticci, di solito veniali, dei loro sottoposti.

Più di tante parole, pare opportuno riportare uno dei racconti. Così i Lettori potranno farsi un’idea personale al di là delle mie chiacchiere.

Buona lettura!

 

La “fregatura”

Nell’afa grave di quel pomeriggio estivo, il Maresciallo Meli stava sbuffando in ufficio a sbrigare talune contabilità che lo facevano confondere.

Era un buon sottufficiale, scaltro ed avveduto che attendeva con zelo ai suoi doveri, curava i dipendenti e che aveva pel servizio un fine intuito.

Il piantone bussò alla porta e gli annunciò che una persona voleva parlargli per denunciare un furto.

E fu introdotto un contadino, un pezzo d’omaccione della campagna romana, pieno di forza e di salute, una di quelle figure che a Roma si vedono riprodotte un po’ dappertutto nell’antico costume sabino.

Cominciò la sua denuncia col dire amaramente:

- Sor Maresciallo, me c’hanno «fregato»!

E continuò nel suo simpatico vernacolo a raccontare che la notte precedente taluni ladri gli avevano addirittura vuotato il pollaio esistente nei pressi di casa sua distante dal paese una diecina di chilometri.

E più che del danno pel furto, si lagnava del gran caldo dovuto prendere per venirlo a denunciare; e per farsi aria si agitava sul volto un ampio fazzolettone colorato.

Il Maresciallo scrisse quanto era necessario per costituire la denuncia e prima di farla firmare domandò doverosamente al contadino se avesse avuto dei sospetti su qualcuno. D’altra parte era appunto sulla validità di tali sospetti che il buon Meli aveva già ideato di regolarsi per rinviare o meno alle ore meno calde la marcia per le verifiche.

Il contadino ripeté ch’era lui il «fregato»; ma aggiunse che autore del furto poteva essere stato benissimo un giovinastro scapestrato, conosciuto col nomignolo di «Testasecca».

Il Maresciallo entrato nell’ordine delle idee del contadino rispose scherzosamente ed allo scopo di saperne di più:

- Bravo Testasecca! Allora è lui il «fregato».

Il contadino riprese di non essere sicuro dei suoi sospetti, al che il Maresciallo rimbeccò:

- In tal caso siete allora voi il «fregato».

E fra i sospetti non precisati e le incertezze del contadino, la disturna [scambio di strofe polemiche o satiriche, N.d.A.] fra i due si prolungava concludendo sempre da parte del maresciallo, col ritornello: allora siete voi il «fregato»; oppure: allora è lui il «fregato».

***

Intanto il Tenente, dall’ufficio vicino, pur non comprendendo di che cosa trattavasi, ritenne doversi render conto del seccante prolungarsi di tale conversazione e suonò il campanello del Maresciallo.

Questi si precipitò nell’ufficio del superiore.

- Comandi, signor Tenente.

- Che cosa c’è nel suo ufficio?

- Nulla, signor Tenente. È un contadino ch’è venuto a denunziare un furto di polli.

- E c’è bisogno di discutere tanto! Prenda un dipendente e vada a verificarlo.

Il Maresciallo fece un passo indietro, batté i talloni e tornò nel suo ufficio. Prese il «Brogliaccio» si comandò nel servizio e fece chiamare il carabiniere che doveva accompagnarlo.

Poi scrutò il contadino e, sottovoce, fra l’ironico ed il faceto gli disse:

- Ora sono io il «fregato».

 

Etrusco (Ten. Colonn. Zazzeroni Michelangelo)

Nulla Di Nuovo (Per Uso Interno Dell’ Arma) II Edizione

Alessandria - Lino-Tipografia Giuseppe Colombani & C. - 1931 – X

 

Fonte della foto del Carabiniere: Pixabay.

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Articolo pubblicato il 23/12/2021