Attorno a noi la luce e i colori, ma la realtà fisica ci condanna al buio

Il colore che percepiamo è solamente creato dal nostro cervello

Quando si osserva un paesaggio incantevole, un tramonto, una notte stellata o un dipinto, restiamo colpiti dalla ricchezza e varietà dei colori che sono in grado di crearci una sensazione di gratificante armonia e bellezza.

In sostanza possiamo dire che la potenza misteriosa della luce e dei colori può scatenare emozioni profonde nell’animo umano, benché questo evento venga inconsciamente ritenuto naturale e pertanto scontato.

Conseguentemente sono la “luce e i colori” che noi umani, nel percepirli, li riteniamo elementi reali che fanno parte del mondo in cui viviamo e di cui non potremmo assolutamente privarcene. Anzi nella stragrande maggioranza delle persone risulterebbe inconcepibile un mondo senza colori e buio, come purtroppo è la triste condizione riservata ai ciechi.

Tuttavia, c’è un’osservazione chiarificatrice da fare in merito: tutto vero quello che percepiamo all’apparenza, ma è fondamentalmente diverso dal punto di vista fisico. Demolire questa certezza sensitiva, che da milioni di anni ha garantito la vita dell’uomo, che ha contribuito alla costruzione della cultura e della civiltà, sembra quasi effettuare uno sfregio distruttivo nei confronti di una certezza rassicurante.

In sintesi, la realtà che ci appare “colorata e luminosa” è dovuta alla elaborazione neuronale del cervello di Homo sapiens (e degli organismi viventi dotati di organi visivi) che ha creato questa rappresentazione magica e ancora inspiegabile.

Si insinua il sospetto che la “realtà materiale” non possa essere percepibile nella sua vera proprietà, se non attraverso una sua diversa rappresentazione.

La realtà fisica infatti è un’altra. La radiazione che proviene dall’universo, dagli astri, dal sole, dalle sorgenti artificiali luminose, non è altro che una radiazione elettromagnetica di diversa lunghezza d’onda (esempio: raggi cosmici, raggi gamma, raggi X, ultravioletti, visibile, infrarosso, microonde, onde radio, ecc.), dove una modesta frazione di queste (lo spettro visibile), cioè la lunghezza d’onda che va da 390 a 700 nm, risulta essere la sola responsabile della visione degli esseri viventi dotati di occhi anatomicamente riportabili a quelli di Homo sapiens

La scienza fisica in merito non ha dubbi: la radiazione elettromagnetica, compresa quella che rientra nella lunghezza d’onda del visibile, non ha “colore” (come lo si intende nell’accezione comune) e senza l’interazione di questa con l’occhio umano e l’immediata elaborazione dei circuiti neuronali del cervello, non ci sarebbe la possibilità di percepire nulla in quanto resterebbe il “buio” totale o qualcosa d’indefinibile.

Questa realtà fisica può apparire disorientante per la superficialità con cui è sempre stata ignorata, ma nello stesso tempo impone il problema di razionalizzare l’evento per poterlo accettare senza il disagio che potrebbe creare.

In fondo viviamo in un mondo fortemente “colorato” che ci offre una sensazione tranquillizzante e di bellezza, ma dobbiamo tuttavia prendere atto che questa consiste in una raffigurazione mediata ed illusoria, prodotta in modo meravigliosamente creativo dal nostro cervello in quanto, dal punto di vista fisico, siamo circondati esclusivamente da un mondo che non ha colore.

Resta una domanda senza risposta: perché l’evoluzione della vita di Homo sapiens e degli esseri animali superiori, ha optato per la visione della realtà oggettiva attraverso la rappresentazione artificiale del “colore” e della “luce”?

Forse che il “buio” inquietante dell’universo, in cui siamo immersi, non possa essere compatibile con l’essenza stessa della vita umana (e animale) e che questa, solo attraverso la percezione illusoria del “colore” e della “luce”, abbia motivo d’esistere?

Un rebus troppo complesso ed irrisolvibile e che per ora resta tale.

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Articolo pubblicato il 01/01/2022