La Teresona di Treviso

Il monumento all'unita nazionale (di Alessandro Mella)

Passeggiando per Treviso, così linda ed ordinata, così persa nel suo rigoroso ritmo basato su lavoro e progresso, si riescono a scorgere piccoli frammenti di un meraviglioso passato.

Memorie che spesso l’oblio ha rapito, fatto proprie, sottratto alle moderne generazioni distratte da molte tecnologie e deliranti revisionismi.

Il Veneto, infatti, mostrò in verità sempre una palese insofferenza verso la dominazione austriaca e fu, nei fatti, un protagonista di primissimo piano del nostro Risorgimento nazionale a cominciare dai moti ottocenteschi, passando per la sfortunata impresa di Manin e Tommaseo, alle speranze perdute nel 1859 con l’improvvido accordo di Villafranca, fino al coronamento di un sogno lungamente coltivato e realizzato solo con la guerra ed i plebisciti del 1866.

Questa partecipazione, attiva e coraggiosa, ai fatti della grande storia patria passò soprattutto dal coraggio e dal sacrificio di tanti veneti che concorsero a costruire questo cammino anche mettendo in gioco la propria vita sui campi di battaglia piuttosto che nelle fortezze asburgiche od in terra d’esilio.

Fu per onorare quegli spiriti indomiti che a Treviso sorse il monumento oggi noto con il nomignolo confidenziale di “Teresona” e che oggi si ammira, ancora fortunatamente, nella piazza dell’Indipendenza a lato del Palazzo dei Trecento.

Lo scultore Luigi Borro volle rappresentare la provincia di Treviso attraverso una figura femminile che con una mano regge l’asta con la bandiera italiana e con l’altra una corona d’alloro. Essa si erge sopra le catene che rappresentano il detestato giogo austriaco che per tanto tempo aveva oppresso la popolazione. Qualche maligno volle vedere nelle catene l’Italia per dare al monumento un’interpretazione falsificata ed antinazionale.

Mentre, notoriamente, con quest’opera, alta poco più di sette metri in marmo di Carrara e con basamento in pietra d’Istria, si volle rendere omaggio agli eroi caduti nella guerra del 1866 ed idealmente a tutti martiri trevigiani del Risorgimento:

 

Il 17 settembre 1866 il Municipio di Treviso deliberava che «I nomi dei martiri morti per la patria» saranno incisi in una lapide. Il 19 settembre pubblicava l’avviso annunziante che «La lapide commemorativa dei morti per la patria, è un omaggio della città al valore dei prodi fratelli. Un più solenne tributo sarà un monumento eretto dalla intera Provincia...» e apriva la sottoscrizione. 

Questo monumento della Provincia ai morti per la patria, opera di Luigi Borro, fu inaugurato nella piazza dell’Indipendenza il 20 settembre 1875. L’ altezza complessiva del monumento è di m. 7.13 fino alla punta della lancia, di cui m. 3.30 del piedistallo in pietra d’ Istria, e m. 3.83 la statua in marmo di Carrara. (…)

Una donna, la Provincia, fiera della sua indipendenza, stringe alteramente nella destra la bandiera nazionale, calpesta col piede le infrante catene, offre colla sinistra una corona d’ alloro ai suoi prodi, ai morti per la patria. Quella statua è viva: il suo linguaggio e compreso da tutti gli astanti. (…)

Il Comune di Treviso, volendo ricordare ai posteri l’epoca memorabile, ed onorarne le vittime, si fece iniziatore di questo monumento, al quale contribuì l’intiera Provincia.

Il nostro concittadino Luigi Borro la rappresentò degnamente nel marmo, mentre calpestando le infrante catene, e stringendo la bandiera italiana, porge una corona ai morti per la patria. Così l’arte, che in Italia non va mai disgiunta dalle grandi memorie storiche, compi il nostro voto. (1)

La cerimonia d’inaugurazione ebbe vasta eco in tutta Italia e fu accennata anche dai quotidiani e periodici diffusi fuori dai confini regionali:

 

MONUMENTI. Quest’oggi, 20, s’inaugura a Treviso un gran monumento, destinato a ricordare i cari estinti di quella provincia, che la loro vita lasciarono sul campo di battaglia per l’indipendenza e unità d’Italia.

Intorno al merito del monumento scrivono da Treviso: Da un grosso ed informe ammasso di marmo di Carrara quel grande artista che appellasi Borro ha estratto una stupenda statua; una statua che ritrae le sembianze di una bella donna, la quale in questo caso rappresenta la Provincia.

Con un braccio essa tiene la nazionale bandiera, che ritengo certo anche da’ critici più severi sarà dichiarato un lavor sublime, e dall’altra mano una corona; i suoi piedi calpestano le catene della schiavitù, che appunto per un tal movimento si rendono spezzate.

La statua poggia su di un piedistallo cilindrico e lavorato a simboli, stemmi e porta la seguente breve iscrizione: Ai morti per la Patria la Provincia 1866. (2)

A questo evento, prendendo posto accanto al Borro al banchetto che seguì le solennità della scopertura della statua, partecipò anche il sommo poeta Giosuè Carducci. (3)

Oggi la statua della “Teresona” accoglie i turisti, si fa fotografare, guardare, spesso senza essere capita e compresa a causa d’un entropia culturale che pare inarrestabile.

Un problema noto da tempo purtroppo:

La “Teresona”, così è chiamata affettuosamente dai trevigiani la statua allegorica dell’artista Luigi Borro inaugurata nel 1875 in piazza indipendenza a fianco del palazzo dei Trecento.

A furia di essere, per tutti, un punto di ritrovo per generazioni di trevigiani, specialmente dei giovani degli Anni 60-70 e 80, si è persa la memoria della sua ragion d’essere e si preferisce citare la “signora” dal suggestivo e opulento nome come testimone di grandi scorrerie, di indicibili abusi alcolici o più semplicemente della nascita di amori epici e sfociati, spesso, in molto più prosaici matrimoni con figli e, spesso, separazioni.

Ma la Teresona, è il monumento ai Patrioti caduti durante la Terza guerra di indipendenza nel 1866 che portò all’unificazione della penisola e l’annessione delle province venete al Regno d’Italia. (4)

Rinnovare la memoria dei fatti che condussero al desiderio d’unanime di volerla, di farne l’immagine della gratitudine e dell’amore per la libertà, è un dovere per tutti e tutte noi.

Alessandro Mella

NOTE

1)         Feste e funerali, Antonio Caccianiga, Luigi Zoppelli Editore, Treviso, 1889, pp. 37- 43.

2)         Gazzetta Piemontese, 260, Anno IX, 21 settembre 1875, p. 2.

3)         Feste e funerali, Antonio Caccianiga, Luigi Zoppelli Editore, Treviso, 1889, p. 63.

4)         In sala Stefanini parlando della Teresona, La Tribuna di Treviso, 30 marzo 2018.

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Articolo pubblicato il 19/01/2022