
Il Re di Sardegna fu un grande ammiratore del fondatore della medicina legale
Tra i fondatori della medicina legale un posto d’onore è occupato da Francois-Emmanuel Fodère (1764-1835), che seppe favorire l’incontro del diritto con le scienze naturali, creando i presupposti per una visione decisamente più moderna della relazione tra medicina e giurisprudenza.
Nativo della Moriana, nel 1787, a Torino, conseguì il dottorato in medicina presso la locale università, meritandosi l’ammirazione dei suoi docenti e appunto a seguito del suo valore, venne onorato da una borsa di studio voluta da Vittorio Amedeo III, che consentì al giovane studente di approfondire le sue conoscenze nelle università di Parigi e di Londra.
Fu combattente in occasione degli assedi di Marsiglia e di Mantova, poi insegnò chimica e fisica a Nizza, lavorando anche negli ospedali civile e militare di quella città.
Il suo legame con Torino è evidente anche nella scelta di pubblicare con un editore subalpino il suo importante Traité du goître et du crétinisme (1790), che gli procurò fama internazionale.
Ma è Les lois éclairées par les sciences physiques, ou Traité de médecine légale et d'hygiène publique (1798) in sei volumi la sua opera principale: un trattato di grande profilo scientifico (per l’epoca) che l’ha posto tra i fondatori della moderna medicina legale.
Nel 1804 fu incaricato di dirigere il manicomio di Marsiglia. Nel corso di tale esperienza ebbe modo di studiare il fenomeno criminale e le sue relazioni con le patologie psichiche, lasciando intravedere un approccio “quasi positivista”, infatti affermava:
“Ogni misfatto procede da follia; ogni crudeltà, ogni brutalità, ogni vendetta, ogni ingiustizia è follia; colui che vi si è abbandonato, ha perduta in quell'istante la sua ragione; il suo cervello ha avuto una malattia accidentale. Ma questa opinione sì nobile, che può essere utile per regolare i costumi e mettere un freno alle passioni disordinate, per insegnare agli uomini che la virtù è la perfezione della ragione, come la ragione fa essa stessa la perfezione della natura umana; questa opinione, io dico, non può prevalere nella società per indebolire l'orrore del delitto, e sottrarlo ai castighi imposti dalla legge, quando è provato che colui che l'ha commesso, aveva un grado di ragione sufficiente per conoscere la differenza del bene e del male, e reprimere le sue passioni”.
Dalle parole dell’illustre clinico traspare una serie di concetti tipici dell’antropologia illuminista – natura, istinti, ragione, società – diretti a individuare le radici dei comportamenti devianti nell’imbruttimento della società “civile”.
Dieci anni dopo divenne docente di giurisprudenza medica (antesignana della medicina legale) presso l’università di Strasburgo.
I suoi studi sul cretinismo, sul gozzo e sulle malattie legate all’attività lavorativa, costituiscono dei fondamentali punti di riferimento e hanno gettato le basi sulle quali la moderna medicina legale ha costruito il proprio sapere.
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Articolo pubblicato il 29/01/2022