Guerra, democrazia e pensiero unico

Qualche riflessione sull’uso improprio di parole importanti

 

Ora che drammaticamente la parola “guerra” è entrata nella nostra quotidianità, così come  le immagini di bombardamenti, di vecchi e bambini che fuggono tra le macerie, il senso di fastidio che molti hanno provato davanti all’uso della parola “guerra” in riferimento ai disagi e alle restrizioni che la pandemia ha comportato si è tramutato in qualcosa di più. In sdegno, direi.

Abbiamo sentito tutti parlare di guerra davanti agli aeroporti vuoti, ai cinema e ai  teatri chiusi, alle file davanti ai supermercati e via dicendo, ma, vivaddio, cerchiamo un po’ tutti di recuperare il senso della misura e il rispetto per le parole. Guerra è quella che sta vivendo Kiev, quella che i carrarmati di Putin hanno portato in Ucraina, quella che, a metà del secolo scorso, hanno vissuto i miei nonni e i miei genitori.

Guerra è quella che ha tolto la vita a tanti ragazzi di  diciotto anni renitenti alla leva nel 1943, fucilati  davanti alle madri  perché  non accettarono di  combattere a fianco dei fascisti. Guerra è l’inferno in cui sono morti soldati di ogni nazione in Corea, in Vietnam, in Afghanistan, in Iraq, in tante zone dell’Africa e del Sud America. E vogliamo usare la stessa parola, guerra, perché al ristorante bisogna stare distanziati, perché viaggiare tra uno stato e l’altro è diventato più complicato o le discoteche hanno riaperto con non so quale restrizione?

Credo che dovremmo riflettere tutti sul rispetto che dobbiamo ai profughi ucraini che entrano ora in Polonia ed evitare di fare paragoni linguistici quanto meno impropri. Anche sulla democrazia e sulla sua presunta mancanza in Italia avrei qualcosa da dire. La democrazia non c’è più quando le istituzioni democratiche vengono sciolte, l’uomo forte di turno prende il potere e magari, come succede adesso, invade i paesi vicini che non gli obbediscono. Soprattutto la democrazia viene meno quando chi si oppone è messo a tacere.

Ma sul serio: messo in prigione, picchiato, torturato  o ammazzato, come è successo nei gulag sovietici a tanti dissidenti, o nella Grecia dei colonnelli ad Alekos Panagulis, per non parlare del trattamento oggi riservato agli oppositori del  regime  in Cina, in Afghanistan o in Libia, tanto per fare qualche esempio. In Italia certo la situazione delle carceri è vergognosa, episodi come quello della morte di Stefano Cucchi dimostrano che purtroppo non sempre i diritti umani sono tutelati, ma per favore non paragoniamo questi drammi, sui quali certo bisogna riflettere, con le sanzioni cui sono sottoposti per esempio gli over cinquanta che non vogliono vaccinarsi.

Sanzioni tra l’altro che non subiranno mai perché non è ancora chiaro chi dovrebbe comminarle e quando lo si saprà probabilmente non ci sarà neanche più l’obbligo vaccinale. E veniamo al cosiddetto pensiero unico: è fuor di dubbio che le linee editoriali dei vari giornali dipendano dai padroni delle testate e da miriadi di ragioni economiche, finanziarie e politiche, ma non mi sembra una novità, né qualcosa di cui stupirsi, almeno entro certi limiti.

Non credo però che nel nostro paese  la  libertà di pensiero sia in pericolo; infatti, finché possiamo esprimere il nostro dissenso, scrivere dovunque quello che pensiamo, creare gruppi o associazioni per combattere ciò che non condividiamo, per favore, non parlatemi di attentati alla democrazia.Piuttosto sarebbe bene riflettere sulla manipolazione a cui le menti di tutti noi rischiano di essere sottoposte. Da sempre, certo, non è una novità, ma oggi stiamo assistendo ad un pericoloso ingigantirsi di questo rischio: basta ascoltare le parole di Putin sull’azione militare “speciale” in Ucraina per rendersene conto. 

Le armi per difendersi? Basarsi su fonti attendibili per valutare un fatto, rendersi conto che niente è semplice, e che senza la ricerca della complessità le nostre opinioni rischiano di rimanere superficiali e di banalizzare realtà ricche di sfaccettature, di angolazioni e sfumature di cui bisognerebbe invece tenere conto. Aggiungerei inoltre che per sfuggire alla manipolazione è importante liberarsi da posizioni preconcette e iniziare ogni analisi senza sapere già dove si vuole arrivare, ma scoprirlo strada facendo. E soprattutto senza mai voler convincere il nostro interlocutore: le opinioni divergenti, purché ovviamente non passino attraverso la violenza e la sopraffazione,  possono benissimo   coesistere in democrazia.

L’importante è che ognuno di noi possa esprimere il suo pensiero  senza finire fucilato per le sue idee, come temo vedremo presto accadere anche in Ucraina. Ma lì c’è la guerra, quella vera, e in guerra, si sa, purtroppo spesso la democrazia è sospesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 02/03/2022