La ricaduta della guerra (o presunta tale) sul Pnrr. L’allarme di Giorgetti

Per il Ministro, il conflitto aumenterà le variabili e potrebbe mettere a repentaglio alcuni obiettivi. L’indispensabile ruolo degli imprenditori.

L’effetto Ucraina sta scatenando la mobilitazione a senso unico. Dopo il Covid si prolunga pure lo Stato di Crisi sino a fine anno e purtroppo non si considerano le ricadute sul nostro Paese. Il Governo accenna ai pericoli che incombono su imprese e cittadini per l’impennata dei costi dell’energia, i rischi di razionamento e la totale mancanza di un piano energetico alternativo, ma purtroppo incontra poco seguito.

 

La piazza degli ignavi che si rotolano nella così detta bandiera della pace e la quasi totalità dei partiti, pare non abbiano udito e l’attenzione continua sulla distrazione collettiva verso la situazione in atto, seppur grave, ma che ci auguriamo momentanea ed estranea al nostro Paese.

 

Ma chi pagherà il conto?

 

Sarebbe invece ora che, chi riveste responsabilità, parlasse chiaro al Paese ed ai soggetti economici, incollandoli alle loro responsabilità. Non è più tempo di aprire i cordoni della borsa, con scostamenti di bilancio miliardari, su spese prive di riscontro ed effetto.

 

Giancarlo Giorgetti ha avuto il pregio ed il merito di averlo fatto dinanzi alla commissione Attività Produttive della Camera, dove il ministro dello Sviluppo Economico e numero due della Lega, è stato audito sul Pnrr, a poche ore dal via libera della Commissione europea alla prima tranche riservata all’Italia, pesante 21 miliardi.

 

Poche settimane fa Giorgetti si era impegnato a nome del governo per tenere a freno i prezzi (oggi l’Istat ha previsto nel mese di febbraio un’inflazione al 5,7%, ai massimi dal 1995). Impegni almeno per il momento mantenuti, ma non era ancora scoppiata la guerra in Ucraina.

 

E allora meglio aggiustare il tiro, mettendo nel conto anche il Pnrr. “L’aggravarsi degli scenari internazionali potrebbe mettere a repentaglio la realizzazione di alcuni obiettivi inseriti nel Pnrr”, ha messo in chiaro Giorgetti.

 

Il ragionamento è conseguente; più salgono i prezzi più costa realizzare le opere e così la portata e la gittata degli investimenti si riduce.

 

“Di fronte ai possibili impatti della crisi Ucraina credo che il Pnrr abbia gli strumenti per aggiornare le direzioni di marcia. Fossilizzarsi per date e per scadenze e indirizzi sarebbe sbagliato. Come si è introdotta flessibilità nel Patto di stabilità e sugli aiuti di Stato è doveroso valutare una analoga flessibilità sugli obiettivi posti dal Pnrr”.

 

L’indicazione - appello del Ministro Giorgetti, suona come una chiamata agli imprenditori. “Lo sviluppo economico non lo fa lo Stato,  non lo fa il ministero ma lo fanno gli imprenditori. Abbiamo bisogno di gente che ci crede e che ci mette il portafoglio e l’impegno della propria vita” e “questo è il tempo dell’investimento, di quello pubblico ma anche di quello privato. Lo Stato e il Mise vogliono essere al fianco di tutti gli imprenditori che vogliono farlo in questi tempi molto complicati”.

 

Il responsabile di Via Veneto, da buon realizzatore, ha annunciato un importante accordo con Cassa Depositi e Prestiti, in chiave innovazione e transizione, che sono poi due capisaldi del Recovery Plan. “Stiamo per firmare anche gli accordi di finanziamento con Cdp  Venture Capital per rendere operativi due fondi rispettivamente da 250 milioni e 300 milioni per investimenti diretti e indiretti in start-up e spin-off operanti nelle filiere della transizione ecologica e delle tecnologie digitali”.

 

Ovviamente, non poteva mancare un riferimento all’energia. Sui costi dell’energia “con affanno continuiamo a correre dietro all’emergenza. Abbiamo fatto già due decreti ed altri credo ne faremo”.

Attendiamo non solo le reazioni del mondo imprenditoriale, quanto del governo per rimandare nel tempo le indicazioni capestro dell’Europa sulla transizione ecologica, per concentrarsi sulle fonti tradizionali di approvvigionamento energetico, dal carbone, all’idroelettrico, al petrolio di casa nostra (in attesa che gli effetti del conflitto si attenuino).

 

Senza se e senza ma.

 

Emergenza chiama emergenza. Sempre che al centro dello scenario sociale e politico si consideri la Persona Umana e non la lunare burocrazia di Bruxelles.

 

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Articolo pubblicato il 02/03/2022