"Passa libero per terra italiana…"

Torino ricorda Giuseppe Mazzini nel 150° della morte (di Cristina Vernizzi)

Civico 20 News ospita questo Comunicato, inviato dalla Professoressa Cristina Vernizzi, Presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana-Sezione di Torino, in occasione del 150° anniversario della Morte di Giuseppe Mazzini (m.b.).

 

Il saluto che Giosuè Carducci all’indomani del 10 marzo 1872, rivolgeva al patriota scomparso, era la sintesi poetica degli ideali e delle speranze che da lui si erano propagati dentro e fuori dall’Italia, E con le parole: “rinnegato, obliato, lasciato prigione” erano ricordate tutte le sofferenze dell’esule che ritornava dopo 40 anni alla sua Genova.

I  detrattori di Mazzini trovarono e trovano molti aspetti del suo pensiero superati quando non incomprensibili, tuttavia  lo storico Luigi Salvatorelli, nel 1945  passando in rassegna le figure del Risorgimento, sosteneva che:” …nessun altro come Mazzini abbia lanciato tanti fili,  tessuto tante trame, illuminato, eccitato, tanti spiriti, e formato e tenuto insieme tanti nuclei di azione…..in breve speso tutta la sua intelligenza, tutte le sue energie, ogni suo respiro per la causa dell’Italia e dell’Umanità”. A lui faceva da contrappunto Gaetano Salvemini, che negli anni ’50, negli scritti mazziniani, dopo una serrata analisi sull’attività del patriota, ammetteva “Io amo la figura morale di Mazzini” e concludeva” …nonostante tanti errori, quell’uomo ispirò tanti uomini e donne della sua generazione e continua ad ispirare anche oggi chi è degno di avvicinarsi a lui con animo puro. Se io fossi ostile o indifferente a quell’amore e a quella fede. non vedrei in Mazzini che gli errori, farei l’anatomia del cadavere, e non avrei più nessun problema da risolvere: perché di Mazzini non avrei capito niente.”

E Torino nel 1972, nel centenario della scomparsa, rendeva onore al Padre della Patria. La città fu allora coinvolta dalle manifestazioni che erano animate da personaggi come Terenzio Grandi e Vittorio Parmentola. Con loro stava l’intellighenzia torinese, rappresentata da Alessandro Galante Garrone, Piero Pieri, Ettore Passerin d’Entreves, Carlo Pischedda, Giorgio Agosti, per citare i maggiori.

Erano gli eredi diretti di quel mazzinianesimo torinese che aveva partecipato alle lotte di liberazione tra le fila di Giustizia e Libertà, e che aveva visto nel grande esule genovese, la guida ideale per la libertà e l’indipendenza. Palazzo Carignano promosse per l’occasione una grande Mostra con numerosi eventi collaterali, e la città si propose allora come la prima città italiana del repubblicanesimo. Si riscoprivano i valori fondanti del patriota: la politica disinteressata, l’onestà individuale, la solidarietà sociale, l’europeismo che dal 1833 i seguaci perseguivano. Ritornavano con prepotenza alla luce gli insegnamenti di laicismo, di educazione sociale.

Terenzio Grandi aveva frequentato Angelo Ghisleri, ultimo discendente degli amici stretti di Mazzini. Era un piccolo coraggioso tipografo che aveva sfidato il fascismo pubblicando i primi scritti di Piero Gobetti e aveva dedicato tutta la sua vita a raccogliere e pubblicare le testimonianze del mazzinianesimo tra otto e novecento. Vittorio Parmentola era uno storico, impiegato del Comune divenuto direttore del Museo del Risorgimento.  Le sue idee democratiche lo avevano condotto nel 1943 ad essere aggredito dalle milizie fasciste. Erano due uomini miti, ma fermi nei principi in cui erano stati educati, intransigenti. Furono loro a rianimare la città evidenziando con scritti e cimeli, la figura del patriota. Fecero venire personaggi di storici e artisti per un centenario di grande significato in quegli anni segnati dalle agitazioni studentesche e dall’incalzare degli anni di piombo.

Ora, a 150 anni dalla morte avvenuta il 10 marzo 1872, Giuseppe Mazzini è ricordato dalla Associazione Mazziniana Italiana, sorta nella clandestinità nel 1943. Cerimonie si stanno svolgendo in tutta Italia e a Torino con un omaggio significativo al monumento di Via dei Mille.

Voluto dai mazziniani e sostenuto dal sindaco di allora Teofilo Rossi, il monumento fu inaugurato nel 1917. Parteciparono in quella occasione, esponenti di casa Savoia, ma se ne stettero in disparte i mazziniani, molti dei quali sotto sorveglianza poliziesca per le loro idee, ma che tributarono al grande esule un omaggio separatamente, dopo poche ore, per un senso convinto di fedeltà e di coerenza morale a quello che, come è stato detto bene, era ed è l’”Uomo-Simbolo della Nuova Italia”.

Cristina Vernizzi

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Articolo pubblicato il 10/03/2022