Energia. Che fare dinanzi ad una crisi annunciata?

I rincari già ci sono. Pare che un nuovo decreto del Governo ponga limiti al riscaldamento e introduca altri bonus per le bollette

Le notizie dal fronte ucraino si susseguono, ma dopo diciassette giorni di conflitto, non solo non si sta profilando un progetto valido di mediazione con contenuti risolutivi, ma le autorità ucraine stanno diffondendo, anche tramite le rappresentanze diplomatiche, la voce che i tempi delle ostilità saranno ancora lunghi.

L’Italia e le regioni  si stanno prodigando, con l’impiego di fondi pubblici e la raccolta di contributi privati, con uno slancio mai visto, per inviare aiuti economici di sostegno in Ucraina ed ospitare milioni di profughi che stanno arrivando via Polonia per periodi piuttosto lunghi, sempre che  gli esuli non decidano di rimane da noi o in atri Paesi d’Europa in modo stanziale.

Così l’Italia si conferma “la grande proletaria sé mossa” di Pascoliana memoria, pur in un contesto economico ogni giorno più difficile.

Aumenta a vista d’occhio il prezzo dell’energia, già stoccata da mesi. Ciò significa che siamo ricattati da una speculazione inumana e cinica, come pure nei supermercati già scarseggia la merce e si sono visti rincari ingiustificati di generi alimentari.

La grande distribuzione, al riparo dal pacifismo a senso unico che ha calamitato il Paese, sta operando, senza alcun freno da parte del governo, ad un’escalation che somiglia alla sottrazione di generi di prima necessità  del 1944, per creare  il panico e trarne vantaggi.

C’è un terrore diffuso per il livello stratosferico delle bollette di gas e luce in arrivo.

Come si potrà continuare su una via irta e senza sbocci ed indicazioni?

Si dice che il governo Draghi starebbe lavorando ad un nuovo decreto per i risparmi sui consumi e un bonus sociale allargato per le famiglie a basso reddito. Il piano d’emergenza seguirà le altre norme approvate nei mesi scorsi in cui l’esecutivo aveva stanziato 16 miliardi di euro per fronteggiare i rincari.

Per quanto riguarda i contenuti, il provvedimento dovrebbe introdurre norme per abbassare le temperature massime consentite del riscaldamento negli edifici ma anche per cambiare gli orari di accensione nei condomini in base alle zone e ridurre il consumo di luce negli uffici pubblici.

Allo studio c’è anche l’ampliamento del bonus sociale per le famiglie a basso reddito, la possibile introduzione di un tetto sui prezzi del gas. 

In arrivo ci sarebbe anche la tassa sui profitti realizzati dalle società elettriche. Prospettive non rosee per il cittadino, in quanto, oltre ai disagi sul riscaldamento ridotto, il conto finale  lo pagheranno ancora e sempre gli italiani, senza contare la ricaduta sull’ospitalità a tempo indeterminato di ingenti numeri di Ucraini.

Per il Piemonte di accenna ad un’ospitalità superiore a 70.000 unità.

Secondo alcuni, per il decreto si dovrà attendere il prossimo Consiglio europeo fissato per il 24 e il 25 marzo 2022. Fonti del Ministero dell’Economia hanno infatti spiegato che “non ci possono essere fughe in avanti rispetto all’Europa e occorre agire coordinandoci a livello europeo, altrimenti tecnicamente non possiamo partire“.

Se infatti l’economia europea dovesse indebolirsi in conseguenza del conflitto russo-ucraino, occorrerà una risposta di bilancio che non può avvenire a livello nazionale. “Noi abbiamo speso 16 miliardi già ora per mitigare l’effetto dei rincari, quindi bisogna che sia una risposta Europea“, ha spiegato la stessa fonte.

Per non ripetere il gioco dei demagoghi, sarebbe necessario conservare una visione di insieme e una prospettiva di medio-lungo raggio.

E ci vuole una presa di coscienza a livello europeo, una responsabilità collettiva rispetto alle scelte ambientali ed energetiche.

Il “virtuosismo” italiano, insieme ad un certo fondamentalismo ambientalista, ci pone in una situazione di forte inferiorità.

La nostra debolezza è accentuata, rispetto agli altri stati europei, più pragmatici di noi nelle scelte importanti. Ed è evidente a tutti come la situazione in Ucraina stia mettendo in discussione la tenuta sociale, industriale, economica del Paese e dell’intera Unione Europea.

Paghiamo la presenza negli ultimi governi di ambientalisti e populisti di infimo livello che in modo irresponsabile hanno sempre promosso politiche antindustriali e imposto scelte al ribasso, basate su importazioni di gas e petrolio, sostenendo i concioni  della famigerata Greta a favore di una rapida conversione all’elettrico, che almeno in Piemonte lascerebbe per strada oltre 70.000 lavoratori dell’indotto auto.

Nei mesi scorsi, la Confindustria Energia, ha presentato il Manifesto per una transizione sostenibile, insieme alle altre organizzazioni. Il primo dei 10 punti recita che “bisogna promuovere tutte le possibili soluzioni che, utilizzando strumenti e approcci dell’ecologia industriale, dimostrano le rispettive potenzialità di decarbonizzazione, per favorire il ricorso a molteplici fonti e vettori rinnovabili e low-carbon e l’utilizzo di asset già disponibili”.

Un concetto che ha trovato d’accordo anche il premier Draghi, intervenuto alla presentazione del Manifesto.

Insomma, bisogna evitare l’approccio ideologico e impegnarsi subito tutti, ciascuno per il proprio ruolo, per attuare investimenti in ricerca, per un serio sviluppo industriale, per una prospettiva a lungo termine, per sgravi per l’utilizzo delle fonti pulite, per politiche attive del lavoro e soprattutto per la riqualificazione professionale dei lavoratori.

Si tratta di passaggi delicati, obbligati, graduali, da farsi con la piena partecipazione delle forze politiche e sociali. Così come è urgente che la Commissione europea metta in campo una Recovery per l’energia, come ha sostenuto il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, per liberare risorse e sostenere i Paesi membri, le famiglie, le imprese.

Solo una prospettiva di politica energetica comune, a livello europeo, ci può permettere di mettere in campo risorse, progetti, tecnologie per garantirci l’autosufficienza.

Insomma, bisogna assicurare un futuro energetico all’Italia, che deve liberarsi dalla dipendenza estera e attuare con coraggio e lungimiranza una politica energetica seria, efficace, sostenibile. Senza badare ai venditori di fumo, che con la loro dabbenaggine non disinteressata, stanno travolgendo il destino di migliaia di famiglie ed indebolendo il ceto medio.

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Articolo pubblicato il 13/03/2022