Ucraina - Un nodo gordiano

Salvare l’Ucraina per salvare il mondo

Nel giardino di Piazza Europa, di sera c’è chi porta a spasso i propri cani prima di chiuderli in casa per la notte che incombe.

Un signore di mezza età e mezzo pelato, che indossa un costoso parka di cachemire blu acciaio di foggia un poco datata ma sempre elegante e certo di gran marca, passeggia tronfio col suo cane, che molto assomiglia a un chihuahua; quando glielo chiedono, lui spiega sempre, con sussiego compiaciuto, che si tratta invece di un esemplare abbastanza raro di Russian toy, la cui razza fu decimata al tempo della Rivoluzione di ottobre del 1917, che portò alla fine del grande Impero russo e, cinque anni dopo, alla fondazione dell’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, più semplicemente Unione Sovietica, la quale nel 1991 si disgregò e allora, con le altre ex Repubbliche sovietiche, divenne Stato indipendente anche la Federazione Russa o più semplicemente Russia, che, per territorio, è lo Stato più esteso del mondo, grande quasi 60 volte l‘Italia.

Una bella ragazza bionda, che indossa un vistoso maglione a larghe strisce orizzontali azzurre e gialle, segue il suo molosso, che pesa almeno quanto lei e non è di razza pura, ma la rende sicura nel vasto giardino, dominio della notte imminente, perché gli antenati paterni del suo bestione, dolcissimo solo con lei, erano bulldog da combattimento e gli ascendenti da parte della mamma erano rottweil, protettori fedelissimi dei loro padroni.

Il Russian toy, che avvista il molosso, gli abbaia con tutta la forza per fargli paura, perché ne ha paura, e spera che l’altro, intimidito, si allontani; il molosso, che non abbaia e sa che il suo morso sarebbe mortale, attende immobile la prima mossa dell’altro, che scuote nervosamente la coda non in segno di festoso saluto, ma per tremore, e farebbe meglio a togliersi di torno prima che il suo isterico abbaiare possa assumere le note dei guaiti di dolore.

In quel giardino di piazza Europa, un corto circuito neuronale da long-covid accende una luce improvvisa nella notte che da più di 20 giorni, ormai, copre con quella piazza anche l’Europa: Putin ha paura della NATO e cerca di farle paura con una “operazione militare speciale” in Ucraina, che ha tutte le caratteristiche di una guerra, non palesemente dichiarata e da Papa Francesco considerata “atto disumano e sacrilego”.

Putin, che coltiva le mire imperialistiche del passato, ha dimenticato il rituale cavalleresco dei duellanti al tempo degli zar, quando le sfide si portavano per il tramite dei padrini e ha aperto ostilità belliche senza una dichiarazione diplomatica ufficiale, del tipo di quelle in uso sin dai tempi del Rinascimento ma ormai caduta in disuso, che avrebbe regolato il comportamento delle milizie, il recupero dei morti e dei feriti, l’azione dei corridoi umanitari e forse eliminato gli eccidi dei civili e lo stupro delle donne, cose difficili da tollerare anche come danni collaterali.

La NATO è il Trattato del Nord Atlantico, che lega oggi ben 30 Stati, costituito come alleanza militare in chiave antisovietica nel 1949 all’inizio della così detta Guerra fredda, che aveva visto, con la pace armata, la contrapposizione tra gli USA e l’URSS, Unione Sovietica e ora Federazione Russa.

La NATO per suo Statuto non può fare guerra, ma può intervenire militarmente a difesa di uno Stato della propria alleanza che sia sotto attacco o che sia stato semplicemente minacciato di un attacco.

L’Ucraina, che non è un Paese NATO, è stata aggredita illegittimamente dalla Russia, ma la NATO non può agire militarmente a sua difesa perché l’Ucraina non è un Paese NATO; questa potrebbe però essere chiamata a un intervento militare in Ucraina per tutelare i confinanti Paesi Baltici e la Polonia, che sono Paesi NATO, a fronte di una ulteriore manovra espansionistica della Russia, alla luce del pensiero putiniano di voler ricostruire la Grande Russia d’un tempo e viste anche le intimidazioni di Putin alla Svezia e alla Finlandia, minacciate di pesanti ripercussioni nel caso di loro ingresso nella NATO.

Il timore d’una esecrabile guerra nucleare induce a misurare le possibili forze in campo guardando ai relativi armamenti. Per Swissinfo, che dalla Svizzera offre servizi giornalistici multimediali indipendenti, la Russia ha circa 6.000 testate nucleari; gli Stati Uniti, che è il Paese più rappresentativo nella NATO, ne ha circa 500 di meno, ma con le testate nucleari di Francia e Inghilterra, anche esse Paesi NATO, questa alleanza avrebbe lo stesso numero di testate nucleari della Russia; la Cina ne ha 350.

Chi sganciasse oggi la prima bomba nucleare non avrebbe il tempo di sganciarne una seconda ed è questa universale consapevolezza, che tiene in equilibrio dinamico il mondo: gli armamenti, e certi più degli altri, sono dunque efficaci strumenti pratici di deterrenza reciproca, cui va aggiunto il fatto che la Federazione russa, che non è nella NATO, dai tempi in cui si chiamava Unione Sovietica, è invece nell’ONU con l’Ucraina, i Paesi baltici, la Polonia, la Svezia la Finlandia, e occupa un seggio in modo permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con diritto di veto.

Salvare l’Ucraina per salvare il mondo e fermarne oggi la guerra, dunque, è più difficile che sciogliere un nodo gordiano. Ma quando un nodo parecchio intricato si presentò ad Alessandro Magno nel 333 a. c. in quel di Gordio, quel gigante della Storia lo tagliò in due con un fendente e ne risolse l’intrigo con quella estrema risolutezza, cui anche oggi si dovrebbe far ricorso per porre fine alla tragedia della Ucraina, che smuove nel profondo lo sdegno e la pietà, sotto il velo del terrore d’una terza guerra mondiale che si annuncia nucleare e potrebbe essere pertanto l’ultima del genere umano.

Quando due litigano, la saggezza dei popoli dice che spesso ad aver la meglio potrebbe essere un terzo e ora dietro le quinte dell’attuale teatro bellico, con la Russia in azione e la NATO pronta a partire con l’alleato USA che scalpita, sarebbe pronta a intervenire la Cina, il cui pensiero è complicato da decifrare, come i 47mila sinogrammi della sua scrittura. Nei giorni scorsi, però, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che la Cina intende giocare “un ruolo costruttivo per la pace”, ma ha aggiunto che “anche le preoccupazioni della Russia devono essere rispettate”.

Dopo i buchi nell’acqua delle mediazioni già tentate da altre insigni personalità senza risultato, preoccupati per le nostre preoccupazioni, siamo disposti a dichiarare rispetto anche per quelle della Russia, e a dire pure che in Ucraina non c’è una guerra, ma solo una “operazione militare speciale”, purché presto tacciano i cannoni che portano morte e squillino le campane che portano festa.

Si vales, vàleo

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Articolo pubblicato il 23/03/2022