La demenza si cura cantando.

Una ricerca sancisce l’efficacia clinica degli interventi musicali per la demenza.

Lo studio di cui scrivo oggi è stato condotto in Australia e riportato sulla rivista scientifica Lancet.  La ricerca si è svolta per due anni. Nel periodo intercorso tra il 15 giugno 2018 e il 18 febbraio 2020, i ricercatori australiani si sono rivolti a 12 strutture RAC (le nostre RSA specializzate) con 26 unità sanitarie idonee e, in queste strutture sono stati sottoposti a esame e coinvolti nello studio ben 818 residenti. In più dal 18 luglio 2018 e il 26 novembre 2019 sono state randomizzate 20 unità di case di cura (318 residenti).

Ad un numero così elevato di persone è stato chiesto di partecipare a delle attività ludico terapeutiche a carattere musicale. I musicoterapeuti ingaggiati hanno, in alcuni casi utilizzato suoni di tamburi e percussioni varie; in altri casi è stato utilizzato il canto.  L’obiettivo della ricerca era quello di diminuire il fattore di cormobilità esistente tra demenza e depressione nei soggetti affetti. Nella storia clinica i due sintomi sono spesso associati. Più aumentano gli episodi di demenza, più aumenta il disagio e più aumenta il disagio, più aumentano i fenomeni di demenza. Interrompere il circolo vizioso può essere significativo nel trovare altre possibilità di intervento terapeutico.  

Ecco il perché i risultati dello studio sono estremamente rilevanti da questo punto di vista. In effetti, se pur con considerazioni ancora in fase di definizione, i risultati sono sorprendentemente promettenti.

Tra i due interventi adottati ha avuto la meglio il canto. Il canto corale ricreativo (in codice RCS) rispetto alla musica di gruppo (GMT) ha visto una maggiore capacità terapeutica. Grazie al RCS si è notata, dopo sei mesi di trattamento, una riduzione dei sintomi depressivi e dei sintomi neuropsichiatrici. Da evidenziare quanto, solo dopo due settimane di trattamento, si siano notati i primi miglioramenti dei sintomi. La differenza tra i due sistemi è che gli effetti a lungo termine con RCS sono stati di 12 mesi.

Lo studio quindi a messo in evidenza quanto, una attività musicale e canora svolta nelle strutture possa migliorare sia la situazione clinica che le condizioni di vita in soggetti affetti da demenza. 

Altra evidenza messa in luce dallo studio è: se cantando e suonando si migliorano i sintomi neuropsichiatrici, mnemonici e depressivi in una persona anziana, cosa potrebbero scatenare in una persona sana e giovane?

Per cui, adesso, per noi latini, il motto: “canta che ti passa”, trova un riscontro clinico.

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Articolo pubblicato il 08/04/2022