L’ottusa politica energetica italiana dal 1973 a oggi: 4ª parte
FabbricheEcì 2012 Gianni Maria Tessari

L’isterica dipendenza dal gas russo è l'ultimo richiamo a uno sviluppo ecosostenibile più volte inascoltato. Proposte dagli anni 80

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1ª parte: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=44145

2ª parte: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=44165

3ª parte: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=44241

4ª parte: sulla dipendenza dal gas russo, riferimenti a precedenti crisi energetiche, soluzioni avanzate negli anni 80

Questa paradossale stagione dell’umanità, sta stilando la lista delle nostre follie. Irragionevoli crudeltà si inseguono, si sovrappongono, si sommano e generano una mostruosità globale incontrollabile, eppure quasi palpabile, che ci presenta un conto dei morti che puzza di bruciato e odora di gas.

Sembra che tutti i tasselli di un’apocalisse etica, mistica e intellettuale della nostra stirpe si siano dati appuntamento in questo 2022 che ha messo in attesa tutti gli altri drammatici problemi con cui stava già facendo i conti, per fare spazio alla bellicosa, più recente impresa della caucasica umanità.  

Pandemia, siccità, aumento delle materie prime e riscaldamento globale sono stati messi in stand by dall’informazione, o meglio, dalla propaganda servile, ora polarizzata sulla mattanza che si consuma in terra di Ucraina, dove le marionette piazzate lì dagli USA nel 2014, per poter esportare democrazia, missili, hamburger e consumismo demenziale, han fatto saltare i piani dei rigidi conservatori russi, in un gioco delle parti mai concluso, che si sta giocando a colpi di Kalashnikov, di minacce in tv e di intrallazzi geopolitico-economici che rendono grottesca questa nuova guerra mediatica, dove la morte però, è sempre alla vecchia maniera. 

La questione del gas russo è l’ago della bilancia in un paradosso energetico che ha messo a nudo tutte le assurdità del nostro stile di vita, così sofisticato, evoluto e appeso a un filo elettrico, a una presa di corrente, a un’energia abbondante che non ci basta mai, ma adesso manca, per ingordigia, spreco, inadeguatezza storica della nostra politica energetica e poca presa di coscienza della gente. Eppure era tutto molto chiaro tempo fa.  

Lo studio di un’ipotetica penetrazione capillare delle energie alternative sul territorio nazionale, era cosa seria già più di quarant’anni fa, e oggi grida vendetta. Era solo una teoria di appassionati ricercatori universitari, ma l’avevano vista giusta. L’ottusità politica invece no, sempre intenta a far di conto a breve scadenza allora come oggi, affondando nelle sabbie mobili della burocrazia e della dispersione delle competenze, lungimiranti progetti che avrebbero dato il via ad una nuova era. 

La parola d’ordine dell’Università in quegli anni 80 era: indipendenza energetica. La risposta politica è sempre stata: forse domani, chissà. Oggi il ministro Cingolani, mente della transizione energetica invocata all’altare del PNRR dal gran sacerdote Mario Draghi ha ventilato che: “abbiamo un piano!” E finalmente si cercherà di aggirare tutte le resistenze che hanno sempre impedito l’attuazione dei progetti già varati per l’incremento delle energie rinnovabili, ma nel frattempo si continua a parlare di gas russo & rubli, di stoccaggio (nel sottosuolo sismico della Val Padana?), dei tre rigassificatori, degli altri due galleggianti in aria di acquisto, di aumento delle forniture dall’Azerbaigian, dall’Algeria…

Altrimenti recessione sarà. Mantra e follia di questa Italia-Europa sempre in overdose da gas che si insinua nelle nostre arterie da metanodotti che partono da lontani sottosuoli del mondo perpetuando un errore ancestrale: bruciare energie non rinnovabili a tutto gas finché ce ne sarà; eredità di remoti cataclismi della Terra, inquinando senza interruzione di continuità quel che resta di sano del nostro abusato Pianeta, nel nome della civiltà.

Tutte balle le buone intenzioni relative alla riduzione dei gas serra. Non succederà mai se l’obiettivo del globalismo sfrenato, lo sviluppo infinito e il consumismo nuovo oppio dei popoli, non si fermeranno per intraprendere un nuovo, razionale e contemplativo ritorno ad una convivenza tra l’ingordigia dell’uomo e l’abbondante, ma sfinita disponibilità della natura.

Questa feroce guerra in Ucraina, poteva essere il momento della presa di coscienza. Invece si è diffusa l’isteria gassosa e si incrociano minacce, ritorsioni, dollari e rubli, missili e atroci scenari di distruzione, in un teatro dove si sta proiettando il diabolico gioco dei nevrotici, avidi imperatori del mondo, produttori e consumatori di quel "gas naturale", regalo estratto senza umiltà e a poco prezzo, da giacimenti custoditi per milioni di anni dal sottosuolo del mondo. 

Eppure, di energia fossile ne bastava molto meno quando già era tanta, e di colpo venne a mancare. Già a quel tempo non si fece niente.

Che non si potesse continuare a succhiare oro nero dalla Terra per accelerare lo sviluppo all’infinito, era apparso chiaro con la prima crisi petrolifera del 1973. Col petrolio poi, si sporcava il mondo, e a quel tempo apparve chiaro con la comparsa dello smog. Il rapporto tra l’essere umano e i ritmi della terra era recente e la contemplazione della natura era ancora patrimonio di generazioni cresciute a contatto con la bellezza del creato, i suoi cieli azzurri e le notti stellate. 

Poi qualcosa è cambiato. L’accelerazione dello stile di vita e il gorgo dello sviluppo liberista hanno risucchiato dai cervelli più giovani quella armonia uomo-natura che aveva funzionato fino ad allora. La memoria si è persa.

Dopo l’embargo petrolifero del 1973, la seconda crisi energetica e nuovo rialzo del greggio nel 1979 dovuto alla rivoluzione iraniana, e quindi, a una terza restrizione dovuta alla guerra Iran e Iraq durata dal 1980 al 1988, ogni volta si parlò di energie rinnovabili. Ma intanto: anni 80, metanizzazione del mezzogiorno. Seconda metà degli anni 90, viene istituita l’autorità per L’Energia Elettrica e il Gas (Anigas): gasdotti dalla Russia, dall’Azerbaigian, dalla Tunisia, dalla Libia in una grande festa di import a basso costo, con tanti saluti a tutte le buone intenzioni della transizione energetica che avrebbe dovuto iniziare già molto tempo fa.

Tempo in cui si studiava l’integrazione edilizia dei sistemi energetici con fonti rinnovabili, allo scopo di rendere indipendente la maggior parte del patrimonio immobiliare abitativo e industriale esistente, e di quello in divenire.

Studi e progetti riguardanti sistemi attivi e sistemi passivi. I primi erano riferiti a impianti in grado di produrre energia termica o elettrica tramite tecnologie atte a captare l’energia solare, ma anche adoperando altri, interessanti sistemi in grado di produrre biogas da consorzi agricoli, per soddisfare un bisogno interno o circoscritto emancipandosi dalla rete nazionale.

Pregevole fu il cogeneratore Totem inventato dal Centro ricerche Fiat nel 1977. Grazie a un motore Fiat 127 a gas o meglio, biogas, muoveva un alternatore di 15 kW, fornendo elettricità a circa 8 alloggi o equivalente cubatura. Un sistema in Italia poco compreso, ma gradito in Nord Europa e venduto fino al 1985, poi dismesso. Da quell’anno la VW ha soffiato il progetto portandolo fino a 50 kW e ne vende ancora adesso.

I sistemi passivi invece, erano riferiti a tutte le potenzialità di ogni singolo edificio, sia abitativo che industriale o commerciale, di ottimizzare lo sfruttamento dell’energia solare con scelte strutturali relative all’orientamento, alle superfici vetrate, alla scelta dei materiali in base all’inerzia termica, ai colori dei medesimi, e tutta una serie di accorgimenti collegati a coibentazione, coefficienti liminari, dinamica del vento e delle ombre, scelta della vegetazione circostante eccetera. Una catena di opportunità tuttora sovente ignorate, accantonate dal fascino della tecnologia Green, un fotovoltaico che adesso fa moda, ma non sempre è la scelta più conveniente.

Fine 4º capitolo, nel prossimo: approfondimento su integrazione e su sistemi passivi.

 

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Articolo pubblicato il 03/04/2022