Chi è Aleksandr Dugin, il Rasputin di Putin, considerato il filosofo più pericoloso del mondo?
Gigoriji Rasputin e la sua somiglianza con Dugin

L’occidente continua a valutare la guerra di Putin secondo stereotipi, senza penetrare nell’ideologia russa.

Nel corso di recenti interviste rilasciate alla stampa occidentale, Aleksandr Dugin, ha chiarito le intenzioni di Putin, assicurando che in Russia le contestazioni sono rarissime e che le proteste viste sulle tivù occidentali sono propaganda che ricicla moti del passato. Dugin ha poi chiarito che il popolo russo condivide in piena coscienza l’operato del Presidente e l’operazione speciale in Ucraina, conscio delle cause e degli obiettivi da perseguire, che non riguardano tanto la vicinanza della Nato, quanto l’ideologia occidentale, globalista, decadente e imperialista, incompatibile con la cultura russa.

Dugin, guida ascetica di Putin e avvincente profeta di una Russia alternativa all’egemonia liberista occidentale, ha ribadito che l’obiettivo primario è di riportare l’Ucraina nella sfera di influenza russa. I suoi motivi obbligano a molte riflessioni sulla sua filosofia, e su una guerra che vede implicata anche la Nato, nei piani russofobi di Kiew, attuati dai gruppi neonazisti nel Donbass.

Ma chi è Aleksandr Dugin?

Aleksandr Dugin è nato a Mosca nel 1962. Oggi storico, scrittore e filosofo politico-esoterico, è narrato dal Prof. Amit Varshizky, saggista israeliano, autore di numerosi scritti sul pensiero di Vladimir Putin, che sul quotidiano Haaretz ha descritto la figura di Dugin, in qualità di ispiratore ideologico, storico e spirituale dello Zar Del Cremlino.

Varshizky spiega che per focalizzare la visione geopolitica alla base di tutte le guerre di Putin, occorre studiare la dottrina di Aleksandr Dugin, il sociologo patriarca del tradizionalismo russo post sovietico, le cui idee hanno un’influenza prodigiosa sul Cremlino. In Russia è ritenuto il padre della “primavera russa”, figlio di un ufficiale dell’intelligence, da giovane si è dedicato a studi esoterici e al nazionalismo antisovietico, critico con il liberismo occidentale e con i suoi valori di libertà, mostrando ammirazione per le SS e per l’ideologia nazionalsocialista.

L’impero euroasiatico opposto all’edonismo americano

Dopo il 1991 e il frazionamento dell’URSS, Dugin è stato uno dei fondatori del Partito Nazionale Bolscevico che prevedeva un nuovo “impero russo” esteso da Vladivostok a Gibilterra. Un blocco antiamericano in antitesi alla sua cultura di libertà e democrazia da esportare in tutto il mondo come fosse una missione ovvia e dovuta.

Nel 2011,  Dugin ha fondato il Partito Eurasia, contrario alla globalizzazione del modello americano, ponendo le basi per un’alleanza tra Russia, stati balcanici e mondo musulmano. Fondamenta di un progetto ben delineato che si sarebbe palesato in seguito e che è ancora in fase di attuazione.

Adesso, Aleksandr Dugin opera a livello politico e militare con le alte sfere della Federazione Russa. Consigliere del capo dell’intelligence Sergey Yevgenyevich Naryshkin e di influenti membri della Duma, coadiuva con i servizi statali russi e con Kostantin Malofeev, teorico di estrema destra confidente di Putin.

Inoltre, Dugin è stato corriere di molteplici ruoli non ufficiali per conto del Cremlino, mediando con i leader di mezzo mondo. Nel 2014 durante la prima guerra russo ucraina, sostenitore dei separatisti russi, avrebbe già voluto invadere tutta l’Ucraina, territorio indissolubile per il suo disegno di restauro della “Grande Russia” zarista.

Una Russia spirituale opposta all’Occidente decadente

Da un punto di vista spirituale e intellettuale invece, Dugin insegue da sempre il progetto di una Russia storicamente alternativa al materialismo occidentale, degenerato e privo di spiritualità.

Le causali in merito non sono solo politiche, ma anche storiche ed etniche, espresse in molte pubblicazioni scritte con un lessico rigoroso, tipico della liturgia ortodossa alla quale si ispira. Il confronto con l’Occidente è visto come un inevitabile scontro tra incompatibili valori esistenziali, prima che politici. Una guerra per “l’egemonia ideale della razza russa” che si rifà alle utopie nazional socialiste del secolo scorso.

Secondo Dugin, le nazioni sono delle entità geografiche & storiche distinte da tradizioni, valori e abitudini specifiche costruite durante la loro storia. La loro cultura non dovrebbe essere giudicata da una cultura diversa, né turbata da una cultura che si ritiene superiore. Accusa rivolta al globalismo economico, politico e culturale esportato dagli Stati Uniti nel mondo, fino in Ucraina, in un territorio russo per geografia storia, devozione, etica e tradizione.

Aleksandr Dugin definisce il neoliberismo come un’aggressione verso tutte le altre civiltà, allo scopo di sostituire le loro culture e le loro tradizioni con il modello consumista americano, privo di ogni sacralità, dove l’uomo è sradicato dal libero pensiero, e i diritti civili sono utopie diramate dal potere per ottenere il consenso delle masse.

La quarta ideologia della politica

Nella “Nuova Russia” di Dugin c’è il ritorno a una sovranità nazionale attenta a una giustizia sociale e ai valori tradizionali, che sappia unire i migliori principi ispiratori della destra e della sinistra sociale, della fede e della ragione, della tradizione e dell’innovazione.

Nel suo trattato del 2009 “La quarta teoria politica” propone un’alternativa ai tre modelli politici del novecento: comunismo, fascismo e capitalismo, fallimentari a causa dei loro opposti eccessi sulla centralità dello Stato, sulla supremazia della razza o sull’uso dell’individuo.

La quarta strada è basata sul pensiero del filosofo tedesco del XX secolo Martin Heideggher, sul quale Dugin ha scritto ben 14 volumi. La filosofia di Heideggher è vista come l’incarnazione del vero spirito primordiale russo, colto e spirituale, minacciato dal modernismo e del suo costante sviluppo in un mondo dalle risorse limitate, seguendo un metodo privo di rispetto della natura e destinato a generare morte e distruzione.

È una filosofia sorta nella Germania pre-nazista, basata sulla “percezione di essere al mondo”, che sminuiva le divisioni tra destra e sinistra, legando elementi progressisti e reazionari, razionali e mistici. L’obiettivo era di sradicare dal mondo le origini del male e abolire il tempo che snatura la realtà. La quarta strada quindi, estirpa i miti del progresso e riporta a modelli di cultura antecedenti, devoti, classici e legati al ciclo naturale della vita.

Osservata secondo i canoni di questa ideologia, la campagna di Ucraina diventa una resa dei conti tra il pluralismo russo e il centralismo americano, e l’avvento in Eurasia di una nuova epoca classica.

La valutazione del nemico

Dugin ha definito “l’operazione speciale” in Ucraina come la liberazione di un mondo dominato da una sola civiltà. Uno scontro tra modernismo e tradizione, edonismo contro dignità e forza militare. Una lotta geopolitica in cui l’Ucraina deve tornare a far parte della Russia e alla sua natura storica.

Un pensiero gradito dagli intellettuali del mondo non occidentale, ma anche da filorussi di sinistra e di estrema destra europei. Andrebbe preso sul serio. Le lobby, le disparità sociali, la distruzione dell’ambiente, il consumismo e tutti gli altri malesseri sociali legati al neoliberismo, sono realtà percepite in un Occidente dove benessere e libertà sono in fase decadente.

E in giro per il mondo poi, non sempre l’Occidente e gli strascichi della sua storia colonialista, godono di simpatia. Dunque, citando Ernest Cassirer: “Per combattere il nemico devi conoscerlo”, sarebbe la giusta strategia da parte dei politici e dei mass media scatenati in una chiassosa propaganda anti moscovita, trascurando l’ovattato pensiero di Aleksandr Dugin.

Non basta far la voce grossa e sanzionare “il crudele” fornitore di gas, certi della propria ragione. La ragione la scrive chi vince, dunque, inoltrarsi tra i motivi più reconditi dell’espansionismo russo secondo Dugin, il Rasputin di Putin, è una contromossa di scacchi. Il filosofo dello Zar dimostra di essersi portato avanti con la partita e le spiegazioni esibite al mondo su colpe e debolezze dell’occidentale vanità, sono convincenti. Manca un appunto sulle “nostre” forze ataviche, che una volta risanate, tornerebbero vincenti.

 

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Articolo pubblicato il 06/04/2022