L’Italia è l’Arabia Saudita delle energie rinnovabili

Dati di una politica energetica alternativa che farebbe dell’Italia un esportatore di energia

L'odierna crisi di bulimica astinenza da gas metano che sta travolgendo l’Europa e quindi l’Italia, risale a errate scelte di produzione dell’energia elettrica favorite dal basso costo di acquisto, prima del petrolio e poi del metano. Oggi, la dipendenza dalle fonti primarie tossiche, sta nuovamente presentando il conto di decisioni mai prese.

Il nostro Paese ha una posizione geografica ottimale per vivere di rendita grazie a molte fonti di energia pulita, abbondante ed economica. Risorse sempre indicate come prioritarie, ma rallentate da una politica legata ad accordi internazionali e interessi economici trasversali.

Andando al sodo: secondo i dati di Terna, il fabbisogno annuale di energia elettrica in Italia, nel 2020, causa pandemia è stato di 301,2 TWh (tetrawattora) Normalmente andrebbe aggiunto un 6% in più.

Sempre nel 2020 il 37% dei consumi italiani è stato soddisfatto dall’insieme delle fonti rinnovabili, pari a circa 116 TWh, e il costo di produzione delle stesse è sempre più economico e conveniente. Dal 2018 sono stati installati nuovi impianti per oltre 900MW, 750 di fotovoltaico, la produzione totale fotovoltaica nel 2019 ha raggiunto i 20.900 MW, ma una diffusione più capillare e ben incentivata porterebbe a valori molto più elevati.

Il potenziale eolico nazionale proiettato al 2030 è di 19,3 GW, ma le reali possibilità, soprattutto insulari, sono elevatissime e le più recenti dichiarazioni del governo lasciano intravedere una maggiore presa di coscienza. Attualmente, la potenza eolica installata in Italia è di 10,93 GW.

Altro elemento di diversificazione dell’apporto energetico è quello metanogeno da biomassa, anch’esso oggetto di studio e di sperimentazione già negli anni 70, ottimo per l’indipendenza di aziende e consorzi agrari. Un sistema non sempre compreso a livello locale e da preconcetti nei confronti del biogas, rispetto ai costi dei carburanti agricoli, oggi saliti in modo esorbitante.

Un ulteriore, autorevole apporto al risparmio energetico, sarebbe da tempo operativo se si fossero messe in atto normative per disciplinare la costruzione degli edifici nuovi dotati di sistemi passivi in grado di coprirne il fabbisogno calorico. Normative già stabilite da Vitruvio nel I sec a.C. nel suo trattato "De Architectura". Forse un buon motivo c’era.

L’Italia è terra di vulcani e il suo potenziale di energia geotermica sfruttabile è ancora ignoto, valutato tra un minimo di 5800 a un massimo di 116.000 TWh. Considerato che il fabbisogno energetico interno, come indicato all’inizio dai dati Terna supera di poco i 300 TWh, se si iniziasse a studiare una tecnologia in grado di sfruttare con discrezione l’immensa potenza dell’Etna, l’Italia sarebbe in grado di illuminare mezza Europa, e non è una battuta.

Per installare una centrale geotermica sono necessarie numerose condizioni favorevoli, ma in Italia siamo pionieri in materia. Infatti, la prima centrale geotermica al mondo è stata creata in Toscana, a Lardarello nel 1911, sulle pendici del monte Amiata. In seguito è stata affiancata da quelle di Travale e Radicondoli, di Grosseto, Pisa e Siena, per un totale energetico di 1372 MV.

Infine, un ultimo richiamo al comparto idroelettrico, prima fonte rinnovabile in Italia produce il 41% dell’energia rinnovabile del nostro Paese. Gli impianti sul territorio sono circa 4300 per una produzione pari a 46 TWh. La toponomastica montana del nostro Paese, autorizza a immaginare nuovi e duraturi impianti.

Dunque, come spesso accade, le soluzioni anche ai problemi più spinosi esistono, soprattutto cambiando il punto di vista. Da molto tempo l’Italia avrebbe potuto essere molto più indipendente, se non esportatrice di energia. Un passo che richiedeva, e richiede ancora una visione più illuminata e illuminista della vita e del mondo.

Mario Draghi ha chiesto agli italiani se preferiscono la pace o i condizionatori, una frase che ricorda molto: “volete burro o cannoni?”. Una domanda distorta che dimostra come l’inadeguatezza della classe dirigente tenda a spostare le responsabilità sulla popolazione. Sarebbero ben altre le domande che, per risolvere la crisi del gas, Super Mario dovrebbe rivolgere in primis a se stesso.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 13/04/2022