Tutankhamon e la sua tomba nel centenario della scoperta
Parte del corredo al momento della scoperta

Di Riccardo Manzini

Ci sono scoperte archeologiche che si confermano, per la ricchezza dei reperti eccezionali che offrono, come fondamentali pietre miliari per gli storici.

Senza ombra di dubbio il “ritrovamento” della tomba del faraone Tutankhamon, da parte dell’egittologo Howard Carter nel lontano novembre del 1922, resta un primato clamoroso che ha permesso di indirizzare e riaccendere l’interesse per le ricerche sulla storia dell’antico Egitto.

Ci giunge in merito un articolo del dr. Riccardo Manzini, medico chirurgo ed egittologo di lungo corso, che ci presenta una originale lettura su “Tutankhamon e la sua tomba nel centenario della scoperta”, che riportiamo con il ricco corredo di immagini che, come sempre, offrono un solido sostegno al contenuto del testo.

Ringraziamo l’Autore, del quale di recente abbiamo pubblicato lo studio “Akhenaten: faraone eretico?” dai contenuti collegati a quelli dell’attuale articolo, con l’augurio di buona lettura (m. b.).

 

Tutankhamon e la sua tomba nel centenario della scoperta

Recatosi nel cantiere di scavo nella Valle dei Re in cui lavorava da oltre 4 anni, la mattina del 4 novembre 1922 l’egittologo Howard Carter fu accolto dagli operai con un insolito silenzio che lasciava sospettare un accadimento eccezionale.

In effetti la sospensione del lavoro era dovuta alla deferente contemplazione dell’eccezionale ritrovamento di un semplice scalino ricavato nella roccia della valle che sembrò essere l’inizio di una ignorata scalinata discendente ingombra di detriti.

Questo reperto, che fu il primo atto della scoperta di quella che è divenuta forse la più famosa tomba di tutta la Storia, aveva infatti suscitato negli operai un’attonita ammirazione in quanto costituiva l’auspicato preludio al coronamento del lavoro di ricerca iniziata nell’autunno del 1917 proprio per trovare la tomba mancante del quasi oscuro faraone Tutankhamon.

Ovviamente al momento non si poté comprendere che si trattava proprio di quella struttura e meno che mai si immaginava la sua integrità e le meraviglie che conteneva, ma l’eccezionalità del ritrovamento suscitò fin da quel momento un fiducioso entusiasmo.

Nei giorni che seguirono si procedette a liberare la scalinata e si giunse alla porta che chiudeva la tomba, dotata ancora dei sigilli antichi (slide 1) che ne testimoniavano la preservazione, superata la quale apparve una delle più inattese e ricche testimonianze del passato.

Agli scopritori si presentarono infatti moltissimi oggetti votivi, perfettamente conservati ma accatastati disordinatamente (slide 2), che avevano accompagnato il defunto nell’oltretomba.

La tomba, costituita da due locali ampiamente comunicanti e da due recessi (slide 3), era molto piccola e frettolosamente terminata, ma soprattutto il locale più distante era quasi completamente occupato da una enorme cassonatura lignea dorata e decorata (slide 4) che, similmente ad una matrioska, si scoprì in seguito ne conteneva altre in successione.

Queste racchiudevano alcuni sarcofagi lignei antropomorfi, il più interno del quali conteneva il feretro mummificato del sovrano (slide 5) il cui volto era coperto da una splendida maschera d’oro e pietre dure (slide 6), contenuto in un sarcofago interamente d’oro e pietre dure di circa 150 kg (slide 7).

Procedendo con l’accortezza richiesta dall’archeologia per un simile ritrovamento, al momento della scoperta questa struttura fu lasciata intatta; solo nei mesi successiva fu cautamente aperta e si arrivò ad esaminarne il suo contenuto ed a scoprirne l’insospettata ricchezza.

Se però la romanzesca scoperta di questa tomba regale inviolata ha affascinato il mondo intero soprattutto per l’inestimabile tesoro che conteneva, ha suscitato un entusiasmo ancora maggiore tra gli studiosi cui ha consentito tra l’altro di chiarire o quanto meno ricostruire ipoteticamente ma credibilmente alcuni aspetti di uno dei periodi più controversi della storia egizia.

Tutankhamon è infatti il faraone, successore del cosiddetto “faraone eretico” Akhenaten (slide 8), che pose fine all’idealistica esperienza fugacemente tentata dal predecessore ad Amarna, riportando la capitale a Tebe e riconsegnando il potere nelle mani del clero di Amon.

E proprio a questa veste di restauratore del potere del clero di Amon si deve forse la straordinaria ricchezza del suo corredo funerario che ha fuorviato in questo aspetto l’immaginario sui faraoni egizi. Basandosi sulla ricchezza del suo corredo paragonata al ruolo poco appariscente avuto nella Storia egizia dal breve regno di questo giovane sovrano, viene infatti istintivo fantasticare su quali inimmaginabili ricchezze potrebbero avere avuto i corredi funerari di sovrani ben più attivi ed importanti quali Thutmosi III, Sethi I o Ramesse II.

Ma sebbene i corredi di questi grandi sovrani siano stati depredati proprio perché dovevano essere molto ricchi, probabilmente tale presunta proporzionalità è infondata in quanto alcune considerazioni fanno presumere che non fossero molto più ricchi di quello di Thutankhamon, mentre quelli di molti altri sovrani del periodo dovevano essere relativamente più modesti.

Per comprendere questa presunzione bisogna considerare alcuni aspetti della storia delle dinastie tebane del Nuovo Regno ed in particolare la famigliarità di quei sovrani.

Per tutta la storia egizia i sovrani di ogni dinastia sono stati tendenzialmente discendenti diretti, ma nel periodo tebano (XVIII, XIX e XX dinastia) tale tendenza fu quasi sempre la regola, evidenziata anche dal succedersi dei medesimi nomi (slide 9).

Ma questa familiarità consentì ai grandi casati di quel periodo di massima espansione dell’impero, i Thutmosi, gli Amenhotep ed i Ramesse, anche di accumulare progressivamente immense ricchezze familiari testimoniate dalle splendide tombe (slide 10).

Se quindi è presumibile che i tre sovrani citati abbiano potuto disporre di un ricchissimo corredo funerario, tale aspettativa non sussisterebbe per Tutankhamon il quale si presume fosse figlio di Akhenaten (senza per altro vere prove scientifiche), ma appartenente ad un ramo secondario in quanto generato da una concubina. Il successore designato di Akhenaten fu infatti il figlio Smenkhara che però premorì al genitore provocando una crisi dinastica potenziale, la quale sembra essere stata evitata elevando al trono il possibile figliastro illegittimo Tutankhamon.

Poiché Akhenaten (salito al trono con il nome parentale di Amenhotep IV) apparteneva alla discendenza diretta di questa grande famiglia di sovrani della XVIII dinastia è verosimile che disponesse di un patrimonio familiare che gli avrebbe consentito un corredo funerario di enorme ricchezza. Ma non appartenendo Tutankhamon al ramo cadetto, sembrerebbe inspiegabile che nei circa 12 anni di regno in cui questo fanciullo sembra aver regnato si sia potuto procurare un corredo di tale magnificenza.

Constatata questa discrepanza e poiché la damnatio memoriae attuata in seguito dal trionfante clero tebano di Amon verso l’”eretico” Akhenaten non consentì neppure di terminarne la tomba ed il suo stesso feretro non fu mai trovato, molti studiosi ricostruiscono gli eventi secondo un’ipotesi non comprovata ma condivisibile per logica e più comprensibile.

Ricostruendo brevemente quegli eventi, fin dal bisnonno di Akhenaten (Amenhotep II) vi sono indizi di tentativi da parte dei sovrani della dinastia di ridimensionare il crescente strapotere del clero tebano di Amon che era giunto ad interferire persino con la stessa legittimazione alla successione al trono.

Essendo falliti questi tentativi dei suoi predecessori, quando salì al trono Amenhotep IV decise un drastico cambiamento per affrancarsi da quella dipendenza, mutando la divinità dinastica da Amon ad Aton, assumendo quindi il nome a lui dedicato di Akhenaten e trasferendo la capitale da Tebe ad Amarna (slide 11).

Ovviamente questa esperienza fu vissuta dal sacerdozio tebano di Amon con un malcelato odio che poté scatenarsi alla morte del sovrano con la sua damnatio memoriae, attuata cancellando ogni traccia di quell’esperienza, con il ripristino di Amon come divinità dinastica, l’abbandono della nuova capitale ed il trasferimento a Tebe di tutta l’amministrazione.

Ma per attuare questa restaurazione era indispensabile l’appoggio del sovrano, per cui è presumibile che alla morte di Akhenaten quel clero sia intervenuto pesantemente innanzitutto imponendo o avocandosi la legittimazione della sua discendenza con un fanciullo di circa 8 anni (slide 12), comprensibilmente manipolabile, cui fecero ripristinare la situazione precedente.

Al momento della morte precoce di questo giovane sovrano alla probabile età di circa 18 anni il clero di Amon potrebbe quindi aver, per così dire, ricompensato il defunto per il ruolo svolto nella restaurazione donandogli una parte del ricchissimo corredo funerario che si era a suo tempo procurato Akhenaten ma che non era stato utilizzato proprio per la damnatio memoriae attuata che aveva portato a negargli una sepoltura regale.

Se questa ricostruzione degli eventi può sembrare fantasiosa o quanto meno molto ipotetica, è sostenuta da un’analisi storica basata sulla logica ma anche dall’esame attento di alcuni reperti che costituiscono il corredo funerario di Tutankhamon.

Innanzitutto, uno dei primi atti compiuti da ogni faraone dopo l’ascesa al trono consisteva nell’iniziare precocemente i lavori per procurarsi una tomba in tempi utili; ma le dimensioni molto contenute, l’incompletezza e l’approssimato completamento di questa tomba sono del tutto inferiori a quanto riscontrabile nelle sepolture degli altri sovrani tebani dopo circa 10 anni di regno. Tale constatazione manifesta una imprevidenza alle usanze regali comprensibile solo per la sua impreparazione al ruolo in quanto non predestinato dall’educazione alla sovranità, ma soprattutto rende ancora più incredibile il possesso di un tale corredo.

Suggestiva è poi l’analisi attenta degli oggetti di questo corredo in cui a volte il nome del faraone racchiuso in cartiglio appare su di un piano minimamente diverso dei settori adiacenti, lasciando sospettare che sia stato inserito successivamente ad un altro (slide 13). Particolarmente evidente in tal senso sono i differenti caratteri fisionomici dei volti riprodotti nelle sue statue, nei vari sarcofagi e nella maschera funeraria (confrontare slides), inspiegabili con la loro funzione di riproduzione fedele del destinatario.

Queste singolarità hanno quindi lasciato spazio ad una ricostruzione che vede molti oggetti del corredo di Thutankhamon concepiti ed originariamente destinati ad Akhenaten i quali, alla morte di quel sovrano ed alla drammatica fine dell’esperienza amarniana, rimasero inutilizzati. Sembrerebbe quindi che possano essere stati adattati dal clero ammoniano all’effimero giovane re per “ricompensarlo” della restaurazione, collocandoli in una tomba frettolosamente realizzata e poco rifinita.

Solo la fisionomia dei personaggi rappresentati è del tutto estranea a quella amarniana (slide 14), ma quest’ultima è il frutto di una “moda” concepita per distaccarsi anche in ambito artistico dalla tradizione, e come tale sicuramente introdotta tardivamente nell’esperienza amarniana. Questa considerazione non inficia quindi la possibile attribuzione di molti oggetti del corredo di Tutankhamon ad Akhenaten il quale, non dimentichiamolo, prima della rivoluzione sociale era salito al trono con il nome di Amenhotep IV in un ambiente del tutto tradizionale (anche nell’arte) cui potrebbero risalire queste raffigurazioni.

Riccardo Manzini

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 28/04/2022