Il nuovo libro di Aldo A. Mola in edicola dal 14 maggio

Intervista all’autore

Sabato 14 maggio, con Il Giornale, i nostri lettori potranno acquistare la primissima edizione di un libro che riteniamo essere di grande importanza.

Gli storici da anni ne avvertivano la necessità, sentivano il desiderio di una biografia, di un volume, dedicati al vituperato e rimpianto Vittorio Emanuele III. Un testo che ne ripercorresse la vita libero dalle zavorre delle vulgate postbelliche.

Re discusso, come dice il sottotitolo del volume, oggetto di leggende oscure ed ingrate, d’infausti parallelismi, di paragoni basati su inesattezze purtroppo assai consolidate, ingenerosi richiami alla sua figura generalmente usciti dalla voce o dalla penna di chi non ha mai approfondito sul serio la lunga storia di quest’uomo. Su cui si è scritto molto, per lo più collateralmente, ma sempre e solo perpetuando le molte storture storiografiche, non tutte in buona fede, sparse nel tempo su questo sovrano dal profilo molto più complesso di quanto si possa immaginare.

Il volume del prof. Aldo A. Mola dal titolo “Vittorio Emanuele III – Un Re discusso” porterà senz’altro un contributo prezioso al dibattito su questa figura che l’Italia ancora deve scoprire, collocare con rigore storico e non pregiudizio politico, storicizzare nell’interesse collettivo.

All’autore, dunque, abbiamo voluto rivolgere qualche domanda. Lo ringraziamo moltissimo per l’attenzione ed il tempo che ci ha dedicato (m.j.).

 

Professore, sabato 14 maggio in edicola troveremo questo volume che ripercorre le vicende di Vittorio Emanuele III. La prima domanda non può che essere: Perché questo libro?

Per far confrontare l’Italia odierna con quella del Re. Al suo tempo il Potere era un triangolo scaleno: Capo dello Stato, potere esecutivo (governo “del re”) e legislativo. Con la differenza che Vittorio Emanuele III almeno dal 1900 al 1914 fu sovrano di un’Italia pienamente indipendente. Oggi l’Italia non lo è. Il Parlamento... parla.     

Dopo una breve genealogia della Casa di Savoia ed una cronologia della vita del Re, lei apre il volume con una serie di considerazioni sulle colpe, vere o presunte, di questo sovrano. Affrontando coraggiosamente i temi più spinosi prima di accompagnare il lettore nella vita di quest’uomo. Perché ha scelto questo approccio?

Seguo il modello di Narciso Nada che non scrisse la biografia di Carlo Alberto ma la storia del regno di Carlo Alberto.  Oggi occorre capire come funziona lo Stato (o quel che ne rimane). Perciò va studiato a fondo come Vittorio Emanuele III apprese dal nonno e dal padre il “mestiere di Re”.

 

Fine numismatico, poliglotta, cultore di ogni scienza e dell’arte, Vittorio Emanuele III era ritenuto una figura di rara cultura e levatura. Tuttavia, molti liquidano la sua figura come quella di un mediocre, di un uomo senza spirito, perché?

Re borghese. Re socialista... Tanti pretesero di mettersi al suo posto, di insegnargli il “mestiere”. Salì al trono perché suo padre, Umberto I, venne assassinato a Monza il 29 luglio 1900 da un complotto liquidato come gesto di un anarchico. Prese sulle spalle uno Stato che aveva appena trent’anni (Porta Pia, Venti settembre 1870), tanti nemici interni, qualche alleato, nessun amico. Per scriverne bisogna sforzarsi di capirlo.   

 

Anni fa un noto divulgatore, oggi scomparso, definì il Re un “arido”. E molti ne parlano ancora come di un uomo introverso, insensibile e distaccato, provato e reso cinico dalla statura fisica. Eppure, basterebbe leggere le memorie dei contemporanei per scoprire molti episodi di umanità, di rara empatia, per non parlare del legame profondissimo che ebbe sempre con la regina Elena. Che uomo era nel privato?

Dall’ascesa al trono la sua regola fu: libertà e progresso civile. Ma “chi rompe paga”. Capo dello Stato, separò nettamente la funzione pubblica da quella personale (Corona, dinastia, regalità, sua persona...). E quindi distinse quel che il Re deve consegnare quotidianamente ai cittadini da quanto ha diritto di vivere nella dimensione “domestica”, sempre nel rispetto della Regalità, che è un complesso di simboli e di riti anche nei dettagli della vita quotidiana.

Fu definito da alcuni come un “codardo”, un “pauroso” ed altri aggettivi tutt’altro che benevoli e perfino “traditore” dalla propaganda della RSI cui si accodarono anche le sinistre. Eppure, passò quasi tutta la Grande Guerra in trincea. È vero, quindi, che se qualcosa non gli mancava era proprio il coraggio come dimostrò anche in occasione degli attentati alla sua persona?

Fu bersaglio di attentati notori e di molti altri progettati ma non messi a segno. Tra quelli tuttora senza risposta ricordo l’aprile 1928 quando l’attentato alla sua vita causò oltre 20 morti a Milano. Durante la Grande Guerra fu spesso in prima linea e a volte scansò per poco il fuoco nemico. Era glaciale. Aveva alle spalle nove secoli di Savoia guerrieri, come mostra ogni giorno l’altorilievo bronzeo di Davide Calandra alle spalle del presidente della Camera dei deputati. Che molti vedono ma non guardano e non capiscono.

 

Lei spesso ha spiegato che quella della “diarchia” è una definizione e concezione erronea. Perché?

Mussolini venne incaricato dal Re di formare il governo il 30 ottobre 1922. Ventun anni dopo il Re lo sostituì con Pietro Badoglio. Mussolini aveva le folle plaudenti e, va ricordato, un Parlamento servile. Però il Potere era ancora e sempre nelle mani del Re. Che lo esercitò.   

 

Dopo aver salvato l’unità nazionale e le istituzioni dello stato, Vittorio Emanuele III dovette subire una quantità inaudita di offese e mortificazioni da parte degli Alleati, dei suoi politici, dei partiti del CLN, dei giornali e così via. Eppure, mantenne sempre un profilo ammirevole. Che uomo era, ormai, quello che si spense ad Alessandria d’Egitto?

Gli vennero imputati tutti gli errori e gli orrori approvati dalle Camere lette nel 1919, 1921,1924, 1929, 1934,1939 (questa era ormai “dei fasci e delle corporazioni”). Furono gli elettori a eleggere la Camera dei deputati. E furono i deputati a votare tutte le leggi. Rigorosamente costituzionale, Vittorio Emanuele III sanzionò le leggi volute dalle Camere, incluse quelle che personalmente non condivideva affatto (è il caso delle leggi contro gli ebrei). Ma non aveva gli strumenti costituzionali per respingerle. Lo stesso vale per il presidente della Repubblica, con la differenza che questi può rinviarle alle Camere con messaggio motivato. Lo Statuto non prevedeva neppure quella clausola.  

Oggi è ancora difficile parlare di questo sovrano senza scatenare stracciamenti di vesti, nervosismi, polemiche e crisi isteriche. Nel 2017 le spoglie del re e di sua moglie sono rientrate in patria ed oggi riposano a Vicoforte. Un evento molto importante ma che anche all’epoca scatenò la violenza verbale di alcuni politicanti e giornalisti. Si augura che questo libro possa concorrere al raggiungimento di una memoria più serena, più condivisa e più equilibrata relativamente all’uomo ed alla sua opera?

Il libro è un invito a riflettere sulla storia d’Italia: lunga e breve a un sol tempo. Senza la monarchia di Savoia non avremmo mai avuto l’unità nazionale. Vittorio Emanuele III revocò Mussolini, ottenne la “resa senza condizioni” del 3 settembre 1943, guidò la riscossa dell’Italia e fu riconosciuto dai vincitori quale garante della continuità dello Stato. Certo fu “ingombrante” perché poteva guardare tutti negli occhi senza abbassarli: fascisti, antifascisti, nemici, “alleati”. È arrivato il momento di apprenderne la lezione. Capire che cosa fu lo Stato e che cosa ne rimane. 

Ristabilire la verità storica sul ruolo svolto da Casa Savoia e specialmente dai due ultimi Re d’Italia significa anche concorrere a chiudere definitivamente la “guerra civile” che iniziò nel 1919 con l’offensiva dei partiti anti-risorgimentali ed ebbe la sua fase più violenta nel 1943-1946, quando, dopo la manipolazione truffaldina del referendum istituzionale, i “moderati” vennero intimiditi, soggiogati e dal 1948 sospinti a votare per il meno peggio, col vincolo mortificante di cancellare la memoria di sé, della propria identità nazionale e a giurare fedeltà un nuovo regime: un giuramento estorto sotto ricatto.

È questo il terreno sul quale il libro invita a compiere l’”esame di coscienza” eluso per quasi ottant’anni durante i quali tutti i “mali originari” dell’unificazione nazionale sono stati addossati a “Un uomo solo”, il Re costituzionale, e specialmente a Vittorio Emanuele III.

Il libro non è “nostalgico” ma rigorosamente storiografico e attinge la moralità che si fonda sulla verità.    

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Articolo pubblicato il 09/05/2022