Italiani, fiduciosi dei messaggi martellanti del governo, fatalisti e sereni, ma fino quando?

Il Pnrr, dopo la pandemia avrebbe dovuto creare il nuovo boom. L'inflazione e il debito? Non sono più un problema, con Draghi in sella. Sarà proprio così?

Proseguono le notizie martellanti e angosciose propagate da governo e giornali. Se riusciamo a riflettere e conserviamo memoria, ci rendiamo conto che dietro al nulla della retorica c’è qualcosa che non va, con le inevitabili conseguenze.

Quando è scoppiata la pandemia, il catastrofismo dominante nell’informazione giornalistica e nei messaggi istituzionali ha disarmato anche le volontà più tenaci e ha trasmesso l’idea di una disfatta senza rimedio. “Nulla sarà più come prima, non si tornerà più alla vita di prima”, è stata la frase plumbea più ricorrente nei discorsi pubblici e privati.

Nel contempo, però, si è celebrato il Pnrr come un nuovo Piano Marshall ( a riscatto) in grado di rilanciare il nostro Paese e di riportarlo ai livelli di opulenza degli anni del boom economico.

Infatti regioni e comuni si sono sbizzarriti ad implementare l’elenco delle richieste, con banalità ed interventi in gran parte clientelari, poco attinenti al messaggio aulico insito nel Pnrr. Ossia, il perpetrarsi di ulteriori sprechi di stato.

Una schizofrenia che conferma il disorientamento complessivo all’interno delle istituzioni e nell’opinione pubblica.

Questa, in sintesi è la retorica di regime, alimentata da politicanti cialtroni, che crea emergenze fittizie e nasconde quelle vere, che bombarda ossessivamente di messaggi i cittadini e giustifica tante volte l’ingiustificabile, che fa diventare definitivo il provvisorio, rinunciando ad affrontare i nodi strutturali della crisi italiana perché affrontarli non porterebbe consenso ma alimenterebbe lo scontro sociale, pur agendo in modo corretto . Mancanza di politica energetica, docet.

.Alcuni riferimenti a categorie fin troppo sbandierate in anni passati possono contribuire a corroborare tale ordine di pensiero.

Chi non ricorda l’ossessione dello spread?

Nel 2011 il governo Berlusconi fu fatto cadere, con la complicità di Napolitano, usando lo spread come strumento di destabilizzazione degli equilibri finanziari europei e in nome dello spread si giustificò la defenestrazione dell’allora premier.

Oggi lo spread continua a galoppare e ha superato i 201 punti per poi scendere, poco sotto i 200, per la precisione a 197, ma comunque a livelli di guardia. Eppure nessuno ne parla o lo considera un problema.

Dunque 11 anni fa il differenziale di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi a 10 anni era decisivo per la tenuta del quadro politico, oggi viene derubricato a dato irrilevante per le sorti dell’economia. Come mai?

Sempre nel novembre 2011  Mario Monti fu accolto come il salvatore della patria perché considerato l’unico in grado di salvare l’Italia dal default, a prezzo, però, di esosi sacrifici accettati ed imposti dai soliti imbonitori.

L’espressione più in voga all’epoca era spending review. Bisognava risparmiare su tutto, tagliare enti inutili, mentre la scure si è abbattuta sulle strutture essenziali; ossia, sanitarie, la formazione ed i trasporti.

Venne anche paventato il rischio che i dipendenti pubblici non prendessero lo stipendio.

Sembra trascorso un secolo e invece soltanto dieci anni fa lo spettro del fallimento di Stato aleggiava sulle nostre teste.

L’oggettiva debolezza dell’Italia veniva riassunta in un dato disastroso, quello del rapporto debito/Pil, vicino ai 130 punti (ma oggi ha superato quota 150 e nessuno si preoccupa).

Di qui la supina acquiescenza ai voleri di un governo gattopardesco, che ha lasciato ancora più macerie di quelle che aveva trovato e che passerà alla storia come uno degli esecutivi più dannosi e inconcludenti della storia d’Italia.

E che dire dell’inflazione? Sfiora gli otto punti percentuali, un livello in grado di stroncare ogni tentativo di ripartenza post-Covid, con la rovinosa impennata dei prezzi dei generi di largo consumo e di prima necessità che si attestano al +12,7% e dunque con il freno ulteriore alla spesa delle famiglie e delle imprese.

Circola con insistenza il timore di stagflazione, cioè di perniciosa combinazione tra inflazione e stagnazione, con la produzione industriale che continua a rallentare e i prezzi che seguitano a salire vertiginosamente.

Eppure, anche su questo punto, la retorica di regime minimizza, mentre all’epoca l’allarme inflazione riempiva le prime pagine dei giornali e le aperture dei telegiornali, togliendo il sonno agli italiani.

Oggi tutto viene anestetizzato perché tutto viene ricondotto alle responsabilità della guerra e della Russia, cioè di altri.

Dunque, se ci troviamo in questo stato disastroso la colpa è della guerra, altrimenti saremmo nel paese della cuccagna. E qualcuno probabilmente ci crede anche.

Segno che la retorica di regime continua a funzionare. Cosa vorranno ancora farci credere, in attesa del tonfo finale?

Ma poi chi sarà a dover pagare il conto?

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 12/05/2022