La giovane Camicia Rossa

Oreste Tofani combattente garibaldino (di Alessandro Mella)

Nella notte dal venerdì al sabato il generale Garibaldi, dopo avere data la demissione da aiutante di campo del re, è partito (…) per la Sicilia, sopra vapori mercantili. Sono con lui, fra gli altri, Nino Bixio ed il deputato Sirtori. A Livorno sono accorsi molti volontari per recarsi in Sicilia, principalmente da Bergamo. (1)

 

Nella tarda primavera del 1860 la situazione in Sicilia s’era fatta esplosiva e Garibaldi, a Villa Spinola a Genova, scalpitava attendendo notizie sui moti che si erano scatenati sull’isola contro il dominio borbonico.

Il nervosismo era crescente mentre i volontari si accumulavano ed il tempo passava nell’attesa spasmodica di notizie chiare e tali da permettere di decidere il da farsi. Convintosi che la ribellione, pur mitigata nelle città, resistesse con forza nelle campagne il generale si decise ad imbarcarsi nella più grande delle imprese della sua vita. (2)

Da Quarto i molti volontari, poco più di mille, salparono attraverso piccole imbarcazioni dirette alle due navi che s’erano ottenute dal Rubattino:

 

Sabato a notte, buon numero di questi uomini, armata mano, sorprendevano due battelli della compagnia Rubattino, li traevano fuori del porto di Genova, e quivi li caricavano d’armi, di munizioni e d’altra gente che stavano attendendo su barconi. Dicesi che il General Garibaldi fosse munito di passaporto estero ed inalberasse una bandiera che non è quella sarda. E ciò deve averlo fatto per precauzione, perocché non poteva ignorare che, per imperiose esigenze, il Governo del Re aveva dato ordine alle navi della Marineria militare di opporsi alla spedizione quando fosse fatta sotto la nostra bandiera. (…).

Gli uomini imbarcatisi con Garibaldi sommavano ad oltre 1300, ben muniti d’armi. Fra essi erano oltre a 150 giovani accorsi volontari dalla Lombardia. Altri legni provenienti da Livorno e da Piombino dovevansi unire a Garibaldi (…). (3)

Tra questi livornesi vi era anche un giovane, un giovanissimo, il quale, fatto proprio l’idealismo di quegli anni vivaci e gloriosi, pieno di spirito, volle partire a soli quattordici anni con l’eroe Garibaldi la cui figura esercitava un’ascendente incredibile sugli uomini e le donne di ogni età.

Oreste Tofani era nato a Livorno, figlio di Adamo Gaetano Tofani e di Anna Rinaldi, il 26 agosto 1844 ed era cresciuto nel clima straordinario prodotto dai grandi eventi che gli accadevano intorno. Per sbarcare il lunario aveva lasciato gli studi piuttosto presto per esercitare l’umile professione di facchino. Ma come si faceva ad ignorare l’appello del più grande dei condottieri? Senza esitare partì e si unì alla spedizione diretta in Sicilia. Nel conoscerlo Garibaldi maturò una profonda simpatia per quell’adolescente infiammato da un raro ardore patriottico e prese subito a chiamarlo “il mio bimbo”. (4)

Ed il nomignolo di “bambino di Garibaldi” gli restò per tutta la vita tanto più che il suo nome fu incluso nell’elenco ufficiale dei partecipanti alla spedizione che si imbarcò a Genova verso la Sicilia. (5)

Valoroso ed indomabile, venne inquadrato nella 2a compagnia dell’armata in combattimento per la liberazione dell’isola. (6)

Non fu comunque il più giovane di tutti perché un garibaldino, durante l’impresa, aveva recato con sé il nipote dodicenne non contemplato negli elenchi ufficiali.

Dopo il felice esito dell’impresa Oreste Tofani riprese gli studi e si andò poi a stabilire in Liguria, a Piana di Follo, in provincia di La Spezia ove esercitò per diversi anni la professione di giudice conciliatore e di sovrintendente scolastico.

Attivissimo nell’associazionismo e reducismo garibaldino, si spense 1914 ormai settantenne. Ma, malgrado l’età per quei tempi avanzata, egli restò sempre per tutti “il bambino di Garibaldi”.  Quello che chiuse gli occhi mentre nel mondo, purtroppo, tornavano a soffiare venti di guerra che travolsero anche l’Italia pochi mesi dopo.

Alessandro Mella

NOTE

1) La Sentinella delle Alpi, 111, Anno X, 10 maggio 1860, p. 2.

2) Genova. Garibaldi, dopo essersi procacciato tre vapori, i quali salparono uno dalla Foce, l'altro da Nervi ed il terzo da Sestri Levante, si vuole che l’eroe abbia con lui un milione in denaro e 7 mila fucili. Prima di partire chiamò sul ponte della nave che comandava egli stesso tutto lo equipaggio, affine di annunziare lo scopo del viaggio sette solo domandarono di essere restituiti terra. (La Sentinella delle Alpi, 115, Anno X, 12 maggio 1860, p. 3). Si notino gli errori vari sia nella stesura frettolosa del testo che nel numero delle imbarcazioni. Tutto dovuto alla confusione del momento.

3) L’Eco delle Alpi Cozie, 38, Anno VII, 12 maggio 1860, p. 1.

4) La Domenica del Corriere, 10, Anno XVI, 8-15 marzo 1914, p. 5.

5) Vita di Giuseppe Garibaldi, P. Giuseppe da Forio, Stabilimento Tipografico Perrotti, Napoli, 1862, p. 861.

6) Rosolino Pilo e la rivoluzione siciliana, Di Felice Venosta, Carlo Barbini Editore, Napoli, 1863, p. 140.

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Articolo pubblicato il 23/05/2022