La Rocca di Arignano

Un antico maniero si apre ai turisti e alla cultura

Goffredo Casalis così ha descritto il comune di Arignano:

Arignano è situato sur un colle, fra la città di Chieri e i comuni di Andezeno, Marentino, Moriondo, e Buttigliera d'Asti, alla distanza di nove miglia dalla capitale.

Appiè di quel colle, nella direzione da greco a maestro, scorre il Levanetto, piccolo torrente.

La superficie di questo territorio è di due mila jugeri, coltivati a campi, prati, e massimamente a vigneti.

La parrocchiale è sotto i titoli di s. Maria e di s. Remigio.

Questo villaggio che fu già un luogo assai forte, è rammentato in una carta di Ottone III, e in un diploma di Arrigo I, ragguardante alla chiesa di Vercelli. Lo ebbero in feudo i Garibaldi, e poscia il ramo dei Costa Polonghera, dei quali fu l'egregio cardinale Gaetano, arcivescovo di Torino, le cui dotte omelie sono tenute in grandissimo pregio.

L'aria che si respira sulle alture di Arignano è molto sana.

Credesi che la peste del 1630, che imperversò fieramente in Chieri e nelle terre vicine, non abbia offeso questo comune.

Popolazione 865.

La Rocca sorge nella parte più alta del paesino medievale di Arignano e costituisce un raro esempio di architettura gotica militare nell’area delle colline del Monferrato, che è riuscita a giungere ai nostri tempi in ottime condizioni, attraversando i secoli senza subire alterazioni nella sua struttura.

La costruzione è nata a scopi difensivi agli inizi del secolo XI, epoca a cui appartiene la parte basamentale dei bastioni; ad essa venne aggiunto a metà del Trecento il palazzo centrale, dimora ed espressione del dominio del feudatario, una costruzione concepita come un’autentica “macchina da guerra”.

La sua realizzazione viene bruscamente interrotta nel 1396, quando le armate del mercenario Facino Cane (Casale Monferrato 1360 – Pavia 1412), in una delle loro scorribande nelle colline del chierese, espugnano la Rocca.

Da allora sembra che il tempo si sia fermato, ed è proprio questa condizione che conferisce al castello un’altra delle sue peculiarità, il fatto di essere un’architettura parzialmente incompiuta, e che lascia trasparire all’occhio del visitatore più attento le modalità costruttive dell’epoca.

La storia della Rocca si arricchisce di ben quattro leggende.

La prima narra che verso la fine del XIV secolo vi abitasse una coppia di giovani sposi, Ildebrando e Cristina. Lui era molto geloso e un giorno, accecato dall’ira, strangola la moglie e la getta in fondo al pozzo. Da allora il fantasma di una fanciulla vestita di bianco vaga per le stanze della Rocca, in cerca di pace. La seconda leggenda è legata ad un tesoro nascosto: un cercatore di tesori vide avanzare verso di lui, mentre picconava, una fanciulla, che gli disse non essere il posto giusto per cercare e gli mostrò un altro punto nella Rocca. L’uomo la ringraziò ma quando vide sul suo collo i segni dello strangolamento, si spaventò moltissimo e fuggì, convinto di aver visto un fantasma.

La terza leggenda narra che questo fosse un luogo apprezzato da Giuseppe Cagliostro, il mitico alchimista, che avrebbe lavorato proprio qui alla formula per realizzare la pietra filosofale, che permetteva di trasformare qualunque metallo in oro. Vi sarebbe un tunnel sotterraneo che conduce direttamente ad una grotta alchemica, dove sarebbe custodita la leggendaria pietra.

Ho visitato la Rocca di Arignano il 15 maggio, in occasione della Giornata dei Castelli Aperti.

La struttura, di proprietà privata, funziona come albergo di relax, ristorante e luogo per eventi e cerimonie.

Dopo una breve scala, che sale di fronte alla chiesa parrocchiale, ci troviamo nell’ingresso, che diventerà una caffetteria di accoglienza per gli ospiti. Un lungo tavolo allinea opere di storia riguardanti Arignano.

Un quadrato magico (moderna ricostruzione di un SATOR) e l’opera La soglia di Pomodoro sono il benvenuto per chi entra.

La sala da pranzo e colazione per gli ospiti della struttura alberghiera si trova nella sala delle prigioni, tavoli e arredi rappresentano una ricostruzione medievale.

La sala attigua contiene un pozzo di acqua sorgiva. E qui incontriamo la quarta leggenda, quella delle cento lame conficcate in fondo al pozzo, per gettarvi colpevoli o persone temute dal feudatario.

La guida ci assicura che durante i lavori di ristrutturazione, che hanno smaltito molti detriti accumulatisi nel periodo di abbandono patito dalla Rocca, non si è trovato traccia di lame in fondo al pozzo.

Siamo un piccolo gruppo di visitatori: camminiamo nella storia, in punta di piedi, per non disturbare il clima medioevale che ancora aleggia negli ambienti o, chi lo sa, il fantasma irrequieto della bella castellana uccisa.

La “sala del dongione” è citata in un documento del 996 e qui si trova il muro più antico del complesso. Una lettera diretta ai costruttori Borla la struttura è definita “castrum cum castella”.

L’attuale reception era la “crotta del grano”, la vicina cantina è stata ricavata nella originaria “crotta del vino”, dove residua un altro tratto del muro originario.

Il ponte levatoio è andato perduto, di fronte vi era un palazzo residenziale per gli ospiti della famiglia, che oggi appartiene ad altri proprietari.

Dagli spalti si gode un panorama spettacolare sul chierese, fra colline e altri castelli che cercavano di difendere questa terra di confine, spesso oggetto di guerre e scorrerie.

Sei camere sono state ricavate all’interno della Rocca, diverse fra loro, ma tutte con senso di accoglienza rivolto al benessere psicofisico; sono state intitolate a membri della nobile famiglia Costa di Arignano, che furono possessori della Rocca.

Nel Blasonario delle famiglie piemontesi e subalpine i Costa risultano Marchesi di Balestrino (1753) e di Montafia (1783); Conti di Arignano, Bene, Carrù, Polonghera, Rivalba, Trinità e Villastellone. Il loro stemma è “d’azzurro, a cinque bande d’oro” e il motto è DE JOUR EN JOUR.

Al termine del percorso guidato non mi resta che ringraziare la proprietà e la guida della giornata per la gentilezza e la disponibilità dimostrate in ogni momento della visita.

Durante le giornate del XXXIV Salone Internazionale del Libro di Torino, il 20 maggio all’interno della Rocca è stata ospitata un’edizione speciale di Dialoghi dedicata al Friuli-Venezia Giulia, regione ospite di questa edizione. L’evento è stato creato in collaborazione con la Fondazione Pordenone Legge e l’Ente di Promozione Turistica del Friuli-Venezia Giulia.

Durante la serata la poetessa Mary Barbara Tolusso ha presentato il suo libro Apolide; le letture sono state accompagnate dalla degustazione di alcuni vini friulani, per raccontare meglio, attraverso questo connubio, il territorio più a est d’Italia.

Si completa, in questo modo, il circolo virtuoso fra storia, cultura (letteraria e alimentare) e turismo.

La Rocca si trova a venti minuti da Torino, si può raggiungere facilmente scollinando da Superga, in un paesaggio suggestivo e al di fuori delle grandi arterie trafficate da auto e camion.

Per concludere, prendo in prestito le parole del sacerdote e storico Antonio Bosio (Padova 1811 – Torino 1880), che nella sua Storia dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano (1872), in cui descrive anche i paesi limitrofi, così si esprime:

Nel 1417 Ludovico Costa Signore di Carrù, Tegerone e Borgaro, Tesoriere Duicale ne fu investito, e d’allora in poi continuò sempre in questa nobile famiglia di Chieri, che annovera diversi cavalieri dell’Ordine Supremo, e si onora di molti feudi. Essa nella bella stagione vi abita un bel palazzo detto il castello bianco, conservando tuttora il turrito e merlato castello vecchio.

 

Rocca di Arignano

Via Gino Lisa 16

10020 Arignano TO

Telefono: +39 011 4031511

info@roccadiarignano.it

 

Bibliografia

Antonio Bosio – Storia dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano – 1872

Goffredo Casalis – Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna – Maspero Marzorati e Comp. Editori (26 volumi)

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Articolo pubblicato il 29/05/2022