Generali: tonfo in Borsa con le dimissioni a sorpresa di Caltagirone

Prima il voto contrario alla conferma di Donnet e poi lo scontro sul comitato per gli investimenti

Si è dimesso nella tarda mattinata di ieri, Francesco Gaetano Caltagirone dal Consiglio di Generali, nella quale detiene direttamente o attraverso società a lui riconducibili, una quota del capitale sociale di Assicurazioni Generali S.p.A. pari al 9,95%.

La novità è arrivata in un momento comunque di tensione nella società.

Lunedì è fissata la riunione del comitato nomine, nella quale si sarebbe dovuto discutere della situazione di stallo dopo che Philippe Donnet, nel suo nuovo assetto di governance, non aveva previsto un comitato per le operazioni strategiche. Quest’ultimo era stato invece caldeggiato da Caltagirone.

Si attendeva, quindi, un compromesso visto che lo stesso Caltagirone aveva deciso di non prendere parte ai cinque comitati endoconsiliari nominati il 12 maggio.

Le motivazioni ufficiali delle dimissioni ancora non sono note. E fonti del suo gruppo si limitano a ribadirlo. Ma la decisione di Francesco Gaetano Caltagirone di lasciare il cda di Generali non è né estemporanea né improvvisata.

Arriva a valle di una lunga lista di contestazioni alla gestione e soprattutto all'assetto di governance della compagnia assicurativa, esplicitate nella corsa, persa, che ha portato all'assemblea del Leone di Trieste e alla conferma dell'Ad Philippe Donnet e anche dopo, durante le prime riunioni del nuovo board.

Il primo no, il più significativo, è stato pronunciato quando ha espresso voto contrario alla conferma di Philippe Donnet come Ceo. Anche gli altri due membri espressione della sua lista, che si è opposta a quella sostenuta da Mediobanca, non hanno sostenuto il nuovo corso: no anche da Flavio Cattaneo, mentre si è astenuta Marina Brogi.

Ma è nel passo successivo, quello della nomina dei comitati interni, che si è consumato un nuovo scontro.

Due, in particolare, le manifestazioni più evidenti del malcontento dell'imprenditore romano. Prima, la scelta di non prevedere una rappresentanza della minoranza (la sua) nei comitati.

Seconda, e più sostanziale, la ferma opposizione alla scelta, questa volta del board, di fare a meno del comitato per le operazioni strategiche e gli investimenti, un organismo che non viene considerato una best practice internazionale, con la proposta invece che alle operazioni strategiche partecipi tutto il cda.

Dietro la scelta delle dimissioni di ieri, potrebbe esserci la volontà di riaffermare con forza la netta contrarietà di Caltagirone a un sistema di governance troppo sbilanciato a favore del Ceo, Philippe Donnet, e di un cda saldamente controllato dalla lista di maggioranza, espressione di Mediobanca.

In un'intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, prima dell'assemblea decisiva per le Generali, l'imprenditore si era soffermato su questo tema cruciale. Partendo dalla fotografia della situazione, "tutti i poteri sono concentrati nelle mani dell’amministratore delegato, che è stato anche alla guida del comitato investimenti e del comitato strategico", e arrivando a quello che secondo lui è il cuore del problema: "la governance del gruppo doveva essere riequilibrata", perché "l’indipendenza del management non si garantisce solo con una presenza ampia di consiglieri indipendenti ma anche con una distribuzione equilibrata del potere, altrimenti è un regime".

Le azioni Generali perdono oltre il 2% in Borsa non appena è giunta la notizia ufficiale che Francesco Gaetano Caltagirone ha presentato le dimissioni dal Consiglio con effetto immediato.

“Le motivazioni non sono state rese note”, si legge nella nota ufficiale della società.

La mossa è solo l’ultima ed estrema manifestazione delle frizioni emerse sulla conferma di Philippe Donnet come Ceo e sulla composizione dei comitati.

Alle ore 18,40 di ieri, le azioni Generali erano scambiate a € 17,08, in lieve recupero rispetto al tonfo iniziale

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 28/05/2022