L’illusione di credersi liberi di desiderare, pensare ed agire …

… è una trappola che trasforma l’esistenza in una condanna ai lavori forzati anche quando sembrano un divertimento.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 63 del 16.11.2021 che è stato suddiviso in 10 articoli. Questo è il n°7.

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Quando chiediamo ad uno qualsiasi di noi se si sente libero, la prima risposta è sempre affermativa, magari solamente preceduta e un po’ sfumata da un “abbastanza”, giusto per non esagerare. Ma appena si scava un po’ sotto la superficie di tale risposta si scopre facilmente che in realtà quel “abbastanza” non lo è affatto. Sono talmente tanti i vincoli ai quali siamo sottoposti senza rendercene conto che li rimuoviamo ad ogni istante, come se non esistessero, al semplice scopo di poterci sentire in grado di fare qualcosa. Ma …

 

 

Infatti se, ammesso di ricordarcene, ne tenessimo conto coscientemente prima di agire, saremmo sempre bloccati dai dubbi e quindi, secondo il modo corrente di pensare, in ritardo sui tempi di risposta.

 

Vorrei che spiegassi ulteriormente la differenza tra l’inconscio e il subconscio.

 

Certo, fondamentalmente è piuttosto semplice, anche se in pratica è tutto molto più complesso e complicato. Il subconscio è generato da noi stessi, da tutte quelle parti o esperienze che non abbiamo voluto trattenere al livello della coscienza ordinaria. L’inconscio non dipende solo da noi, ma anche dai legami di sangue famigliari e da tutto ciò che l’intero sistema o universo vivente ha sperimentato nel corso del tempo. Queste parti sono comunque legate tra di loro, ma non ne vediamo le connessioni.

 

Da questo primo quadro si può cominciare a capire la complessità del sistema nel quale diciamo di vivere. Quando ci riferiamo a noi stessi dicendo “io sono questo”, non sappiamo neppure lontanamente di chi o che cosa stiamo parlando.

L’”io sono questo” si riferisce in realtà al io sono questa abitudine, io sono questo modo di apparire, io sono questo modo di agire, nei quali credo, mi riconosco, mi identifico, e ai quali ci rivolgiamo sempre quando dobbiamo o vogliamo fare qualcosa. Di tutto il resto non vogliamo neppure sapere lontanamente che esista e cosa implichi nel nostro modo di essere e agire.

 

Peccato che queste siano solo pie intenzioni. Ogni qualvolta intendiamo agire volontariamente nei confronti di una certa cosa dimentichiamo che ci portiamo appresso tutto questo enorme bagaglio legato a ciascuno di noi. Questo bagaglio non è passivo e quasi mai è contento di essere trascinato nella direzione che noi vogliamo, secondo i nostri desideri e pensieri, e se anche in un primo tempo sembra accondiscendere alle nostre richieste, poco per volta fa valere il suo enorme peso per affrontare quel leggero venticello che noi rappresentiamo nei suoi confronti e riportare l’intero sistema nella direzione che esso deve seguire o sta seguendo.

Questo è importante per comprendere che l’essere umano non solo ha dei limiti dovuti ad un’esistenza temporale, ma anche dei limiti piuttosto importanti rispetto alla relazione con cui può vivere questa esistenza in una certa qual salute oppure no.

 

In tutto questo ultimo ragionamento sulla conoscenza di sé stessi il sesto senso o l’intuizione, ciò che ogni tanto percepiamo, a cosa può essere dovuto?

 

Bella domanda! Ritorniamo al discorso dei sensi e del senso della vita. Tutto questo bel quadro dipinto finora, che è ancora solo una piccola parte dell’insieme, è ciò che possiamo sperimentare con i sensi, i cinque sensi come ci è stato insegnato a scuola. Ma questi sono solo i principali sensi del corpo fisico. Nell’interazione tra questi sensi e la coscienza relativa a questi sensi si genera tutta una serie di altri strumenti sensoriali, che sono essi stessi dei sensi, ma dei sensi, se così si può dire, secondari rispetto ai primi cinque. Per esempio il senso di percezione di dove stiamo, chiamato propriocettività, cioè la capacità di rendersi conto dello spazio che stiamo occupando con il nostro corpo, oppure il senso di disagio, il senso dell’equilibrio; insomma esistono un numero di sensi secondari incredibile, derivanti dall’interazione con i cinque sensi principali, la coscienza e l’ambiente nel quale tutto si muove. Tra questi sensi esistono anche quello della percezione e quello dell’intuizione (vedere dentro le cose, capire al volo) che, attenzione però, sono legati ai sensi principali del piano in cui viviamo.

 

 

Le stesse definizioni possono anche valere su piani diversi, tuttavia quando ne parliamo in questo modo si limitano ad esercitarsi su questo piano, in quanto ci servono a comprendere sempre meglio tale piano e la natura delle cose presenti in esso. Però non sono sufficienti a chiarire il senso della vita oppure a costituirne lo strumento di comprensione. Per poter utilizzare altri sensi, definibili diversamente in modo analogo su piani diversi, quali strumenti adatti per comprendere il senso della vita, bisogna maturare un piano di relazioni differente.

 

Tutto lo sforzo di queste parole mira a cercare di creare il più possibile uno stato di confusione destabilizzante al fine di “costringerci” a rimettere in gioco tutti gli elementi che sono già configurati in ciascuno di noi secondo assunti e preconcetti ormai consolidati. Senza la creazione di questa nuova condizione noi non riusciamo a superare la barriera che i cinque sensi e la coscienza relativa stabiliscono come limite percepibile e invalicabile. Occorre quindi uno “sforzo d’amore” nel cedere parte di quello che noi crediamo di essere a qualcosa che non conosciamo, per entrare in relazione con ciò che lo costituisce e quindi uscire fuori dai nostri preconcetti ed abitudini consolidate ed entrare in un ordine di idee e cose completamente differente.

 

Questo è comunque solo un primo passo. Poi ne seguiranno altri e altri ancora, come potremo vedere nei prossimi articoli …

 

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foto, schemi e testo

pietro cartella

 

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Articolo pubblicato il 19/06/2022