L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Elio Ambrogio: Ucraina, Italia, Europa

Come è cambiata la situazione internazionale, osservando col solo modesto strumento del buon senso e di un occhio critico non appannato dalla propaganda ufficiale

E se provassimo a fare il punto sulla situazione ucraina ed europea senza essere esperti di geopolitica, col solo modesto strumento del buon senso e di un occhio critico non appannato dalla propaganda ufficiale?

Impresa difficile ma non impossibile, che si può realizzare semplicemente guardando ai fatti e respingendo lo sciame fastidioso dei commenti che giornali e televisioni ci aizzano addosso ogni giorno. Il primo passo è uscire dalla logica moralistica aggressore-aggredito, autoritarismo-democrazia, buono-cattivo, civiltà-barbarie e così via.

La realtà che emerge giorno dopo giorno è che i russi stanno vincendo la guerra e gli ucraini la stanno perdendo. Può non piacere, ma la situazione è molto diversa da quella di due mesi fa quando il mondo occidentale viveva nella fede incrollabile in una vittoria di Zelenzky e spingeva tutti a diventare veri credenti in quella immancabile vittoria con toni da Istituto Luce, una fede che, per la verità, era fondata più su assunti moralistici e ideologici che su una seria analisi delle forze in campo.

In fondo, l’immagine del falco russo e della colomba ucraina soddisfaceva pienamente la nostra ipotetica superiorità morale nei confronti di una presunta antica barbarie orientale impersonata dal despota del Cremlino.

Anche i mezzi di comunicazione sembrano oggi aver perso molta della sicumera di qualche settimana fa: restano le immagini sovrabbondanti e strazianti dei civili massacrati, delle città distrutte, delle file di profughi, ma scarseggiano le notizie propriamente militari, cosa che fa presumere una situazione non proprio felice sul versante ucraino.

Si comincia a comprendere che l’”operazione militare speciale” di Putin sta raggiungendo una buona parte dei suoi obiettivi, che non sono -come una certa propaganda enfatica sostiene- la ricostituzione di una Grande Madre Russia, affamata e ingorda di terre russofone sfuggite al suo dominio dopo il 1989, bensì semplicemente l’occupazione delle regioni orientali dell’Ucraina per sfruttarne le pingui risorse naturali e industriali, garantirsi un accesso sicuro al Mar Nero e, forse, anche proteggere le loro popolazioni filo-russe dai soprusi ucraini, come avvenuto negli ultimi anni.

Ma al di là della quasi-vittoria militare, la Russia ha già ottenuto un fondamentale successo politico e, soprattutto, strategico: oggi non si parla più di adesione di Kiev alla NATO, quella scelta destabilizzante e pericolosissima che ci avrebbe quasi sicuramente portati sulla soglia di un conflitto globale, col probabile superamento della soglia nucleare.

L’”abbaiare della NATO alla porta della Russia”, per usare l’espressione straordinaria di un grande politologo –che normalmente si occupa d’altro ma che, in questo caso, ha scolpito perfettamente la situazione- è cessato, almeno per il momento, e speriamo che non ritorni più, producendo una futura e positiva de-escalation politica e militare.

E’ emersa chiarissima la volontà dell’Occidente, e della sua massima organizzazione bellica (non chiamatela più difensiva), di non giungere a un confronto diretto sui campi di battaglia: in mezzo a tanta retorica bellicista e guerrafondaia, in cui la NATO ha sfoderato tutta la sua scenografica aggressività, restava però la consapevolezza dell’impossibilità dello scontro materiale.

E’ possibile che, dietro le fiamme e il fuoco dei discorsi politici, i vertici militari abbiano svolto nonostante tutto un’azione moderatrice, ben consapevoli che si era giunti ad un punto critico in cui bastava un minimo errore per scatenare l’apocalisse. Ancora una volta, le vecchie teorie del rischio calcolato e della MAD (mutual assured destruction), eredità della guerra fredda, hanno probabilmente giocato il loro ruolo dissuasivo, trattenendo i politici da follie irrimediabili e riducendoli a giocare con follie minori, al confine comunque della stupidità collettiva.

Speriamo che avvenga altrettanto per l’insano desiderio di altre nazioni -Finlandia e Svezia- di entrare nella NATO, portando così altri cani abbaianti alle frontiere russe, una scelta che dimostra come l’Occidente non abbia compreso nulla dell’avversario e della sua psicologia nazionale: non una vasta ma fragile nazione in declino che può essere minacciata a piacere, ma, nonostante tutto, una grande potenza nucleare e convenzionale ossessionata però dall’incubo dell’accerchiamento, una potenza che non tollererebbe di sicuro il tentativo di chiudere il suo sbocco sul Baltico dopo quello, attuale, di bloccarne l’accesso al Mar Nero e, conseguentemente, al Mediterraneo.

Oggi all’Ucraina viene offerta la consolazione di un possibile ingresso nell’Unione Europea, soluzione di ripiego senza grandi implicazioni strategiche e militari, e quindi sostanzialmente accettabile per la Russia.

Una soluzione che però è irta di difficoltà nonostante le vanagloriose promesse della Von der Leyen e quelle più recenti del trio Macron-Scholz-Draghi, peraltro con alcuni distinguo: al di là del significato morale di quel possibile ingresso, l’Ucraina rappresenterebbe sicuramente un grosso problema –reale e ineludibile- per l’intera Unione.

Si tratta di un paese spossato dalla guerra che richiederebbe aiuti economici ingenti, dopo quelli militari già erogati, su cui è lecito pensare che molti paesi, e le loro opinioni pubbliche, solleverebbero forti perplessità.

Come considerare poi la situazione dei diritti umani in Ucraina, visti gli episodi dal 2014 in poi e dopo aver fatto mille questioni sull’ingresso della Turchia per le stesse ragioni e aver minacciato l’allontanamento di Polonia e Ungheria accusate di non rispettare i principi dello stato di diritto?

E’ inutile che il signor Draghi affermi categorico che l’Italia è con l’Ucraina e che sosterrà senza esitazioni il suo ingresso in Europa: se appena appena leggesse qualche sondaggio di istituti demografici seri invece delle veline dei suoi uffici, scoprirebbe che una buona parte di italiani (non la “sua” ipotetica Italia) non è per nulla convinta della nostra ferma e indiscutibile vicinanza all’Ucraina e al suo logorroico presidente, ed è in maggioranza contraria all’invio continuo di armi che fomentano la guerra e non si sa bene in che mani finiscono. Ormai anche da noi si è diffusa la certezza che la Russia ha sicuramente iniziato la guerra ma che sono in molti, in Occidente, a volere che non finisca.

E poi, come sempre, sarebbe bello sapere che cosa si sono detti veramente i tre statisti europei durante il romantico viaggio in treno e che cosa si siano detti veramente con Zelensky, al di là della retorica delle dichiarazioni ufficiali: si sono trovati d’accordo su tutto? Veramente vogliono Zelensky nell’UE? Se sì, a quali condizioni? Come si spartiranno il colossale business della ricostruzione? Avranno chiesto a Zelensky di scendere a patti con Putin e finirla con una guerra inutile, già persa e disastrosa? Gli avranno imposto, a guerra finita, una Ucraina veramente democratica e rispettosa di tutte le etnie?

Se a tutto questo aggiungiamo il disastro delle sanzioni che l’Occidente dice di aver applicato alla Russia ma che in realtà ha applicato a se stesso, è veramente molto difficile che abbia ragione il signor Draghi quando dice che l’Italia è entusiasticamente a fianco dell’Ucraina, considerata ormai come nazione sorella. E quando gli italiani sperimenteranno realmente sulla loro pelle la mancanza di gas, l’aumento di benzina e gasolio, l’inflazione all’otto per cento, la scarsità dei prodotti agricoli importati e dei beni alimentari, l’aumento dei disoccupati e le misure europee che già minacciano di investire la nostra politica di bilancio con relativo aumento della pressione fiscale, quando avranno preso veramente coscienza di tutto ciò -magari dopo un ultimo giro di vacanza sulle spiagge- sarà veramente difficile credere ancora all’inarrivabile saggezza del nostro Capo del Governo, così vicino all’Ucraina e così lontano dall’Italia.

Elio Ambrogio - Vicedirettore

 

 

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 19/06/2022