Intervistiamo il Prof. Lino Grandi, Direttore delle Scuole Adleriane di Psicoterapia, Prima Parte

Una vivace analisi dei temi scottanti che riguardano le risposte psicologiche ai drammi più recenti

Prendendo spunto da alcuni interventi  del Prof Lino Graziano Grandi, noto psicoterapeuta e Direttore delle scuole Adleriane di Psicoterapia, abbiamo realizzato, con l’Autore, un’intervista che evidenzia i disagi della Psiche così duramente provata dalle recenti, drammatiche, esperienze sanitarie e belliche.

Chiederemo al prof Grandi di spiegarci alcuni aspetti del disagio esistenziale che sembra interessare tutti gli abitanti del Pianeta, sottolineando i termini che sembrano meglio testimoniare la dura Realtà che ci circonda.

 

Giancarlo Guerreri: Prof Grandi, in questo periodo storico ci sembrerebbe quasi pleonastico parlare di disagio esistenziale. Le cause sembrano essere numerose, in base alla Sua esperienza potrebbe dirci come sta reagendo la popolazione?

Lino Grandi: l’apparenza inganna. Parrebbe che i cittadini italiani procedano serenamente nella loro quotidianità. La realtà psicologica propone complessità: sotterraneamente si è pervasi da un’ansia pervasiva, spesso connotata di angoscia, che opprime chi non fugge tuffandosi nel consumismo, nella negazione delle difficoltà, negli appagamenti effimeri. La semiologia ci insegna, ci sprona ad osservare. Ci si imbatte in volti che segnalano la presenza di malessere, spesso negato ricorrendo ad artifici per lo più pericolosi, oppure ad atteggiamenti che propongono, ostentano benessere; sono tratti però che appaiono più di superficie che di essenza veritiera. Il malessere, dicevo, è diffuso. Non basta fingere: la realtà nel presente ha la connotazione della preoccupazione, del dubbio, dell’incertezza. Si dovrebbe lavorare al riguardo: la psicologia clinica è il primo corroborante per la gestione della complessità.

G.G.: Quali variazioni dei comportamenti “normali” sono più frequenti e in quale misura i diversi sessi ne sono coinvolti?

L.G.: il più evidente, e particolarmente nocivo per la salute mentale, è una esasperazione narcisistica dell’individualismo. Segue un incremento della diffidenza tra le persone, la caduta a precipizio del sentimento sociale, ed il nullificarsi dello spirito di cooperazione. Anche il piacere di “incontrarsi” ha subito un arresto e si è avuto modo di constatare il consolidarsi del malato assioma “basto a me stesso”. Ed è noto che è espressione di disturbo psichico. Non si possono evidenziare significative differenziazioni fra i diversi sessi: è la storia personale di ognuno che permette di afflosciarsi o contrastare il “modus vivendi” coltivato dai gestori del potere mediatico. La psicologia psicodinamica può aiutare ad individuare la rotta più consona per non sottostare alla disgregazione della socialità e coltivare una modalità esistenziale, in linea con le attitudini personali, che favorisca la ricerca del benessere.

G.G.: Potrebbe dirci come, la Psicologia Clinica della quale Lei si occupa da moltissimi anni, possa aiutarci ad uscire da questo drammatico momento di disagio esistenziale, che sembra essere stato accelerato, se non catalizzato dalla recente Pandemia che taluni hanno anche definito psicopandemia?

L.G.: Condivido la definizione di psicopandemia. Non vi sono ricette per il contenimento del disagio da Lei evidenziato; ciò non esclude la possibilità/necessità per l’uomo, di non lasciarsi sopraffare dal temporale di ansia/angoscia che ha colpito tanti, troppi di noi. Può essere di supporto un percorso psicologico anche di breve durata per coloro che posseggano una buona resilienza. Per chi è stato pervaso, e lo ha riconosciuto, da un malessere bisognoso di contenimento, è consigliabile (anzi, il medico curante dovrebbe prescriverlo) un percorso di psicologia clinica psicodinamica che operi a vasto raggio ed in particolare sul “rinforzo dell’Io”. “L’uomo è relazione” ed il benessere va ricercato in quelli che Adler definiva “i compiti vitali”, e cioè l’ambito dell’amore, da leggere in modo estensivo, rispetto alla sessualità; l’ambito del lavoro ed infine nell’impegno ad essere partecipi ed attivi nella realtà sociale ed interrelazionale.

G.G.: La paura sembra essere il minimo comun denominatore del sopramenzionato disagio. La paura della morte o quella della vita?

L.G.: Lei parla di paura. Io ho riscontrato maggiormente l’angoscia. Lei invita a riflettere sulla paura della morte e se prevalga la paura della vita. La paura della morte è tema antico, presente da sempre. È l’ignoto che è di sua natura ansiogeno. Potrei dilungarmi a discutere e riflettere sul tema della fine della vita. Mi pare però che l’angoscia del vivere, l’incertezza dell’oggi e del domani, con la psicopandemia si siano accentuati. L’uomo persegue illusoriamente le certezze e poteva anche illudersi di accostarvisi. La catastrofe psicopandemica ha frantumato anche l’illusione, ha favorito quale meccanismo di difesa, la scaramanzia che possiamo tradurre in “non ci penso, quindi non succederà nulla di doloroso”. Incontrando nella professione e nel privato-sociale, le persone, ho constatato il dilagare dell’ansia, spesso “convertita” in malattie psicosomatiche, in depressione, in apatia, in accidia, in abbandono, in fatalismo, anche in “difensive” dissociazioni. Poco o nulla si è fatto per rinforzare la dignità dell’uomo e per rilanciare la bellezza della vita, la gioia del vivere, il recuperare il senso della vita, il riconoscere che sono, in quanto uomo, portatore di significato. La prospettiva costruttiva del clinico psicodinamico, opera per il perseguimento di quanto si è proposto, rinvigorendo la speranza.

G.G.: Prof Grandi, Lei ritiene che una volta definitivamente finita, ammesso che possa esistere un concetto di “fine”, la suddetta Pandemia tutti possano tornare ad assumere dei comportamenti normali, elaborando definitivamente il sentimento dell'angoscia?

L.G.: ritengo che il ripristino dei cosiddetti “comportamenti normali” sia per lo meno problematico, per non dire che è tanto auspicabile quanto improbabile. Anche se elaborato, permarrà un invasivo, per lo meno a livello inconscio, sentimento di ansiosa incertezza, che spesso sconfinerà in stati emotivi disturbanti. Non si esce indenni dalla valanga di angoscia che i gestori del potere dell’informazione, ci hanno scaricato addosso. Diviene assolutamente consigliabile suggerire un percorso d psicoterapia psicodinamica che potrà permettere un contenimento ed una progressiva riduzione (non sempre la scomparsa) del pervasivo stato di malessere. L’elaborazione del sentimento della Paura è possibile ma complessa e comunque necessaria. Da parte delle autorità, si è sostenuta l’azione dell’operare sull’area fisica dell’uomo; è stata ignorata l’area psicologica, emotiva più profonda, quasi l’uomo fosse solo corpo, nonostante da anni si conosca che noi siamo un’unità bio-psichica, laddove le due aree si influenzano reciprocamente.

G.G.: Cosa si nasconde dietro l’atteggiamento di molte persone, giovani e anziani, che continuano incredibilmente ad indossare la mascherina anche quando sono da sole in auto o nei luoghi più sicuri del Pianeta?

L.G.: Nulla si nasconde. L’invasività dell’angoscia somministrata ad abundantiam dai gestori del potere, svolge tutt’ora il suo compito. Ne siamo stati pervasi. Siamo annichiliti. Anche se superata razionalmente, essendo penetrata nelle aree oscure di molti di noi, continua a perpetuare il suo compito; quando le potenzialità razionali non controllano adeguatamente la nostra lettura della realtà, la pervasività dello stato angoscioso, così caro ai gestori del potere per un sempre maggiore controllo sociale, induce un vivere in un panorama desertico, laddove non hai più nemmeno l’aspettativa di imbatterti in un’oasi. Chi non ha avuto modo di riscontrare, spesso anche su di sé, un abbandono all’apatia, cadute nell’accidia, una socialità divenuta anoressica, un dilagante individualismo ed altro ancora, fattori questi che indicano un generalizzato stato di malessere, cui è opportuno e doveroso porre rimedio.

G.G.: La Psicologia Clinica trova in questo periodo una inaspettata fonte di applicazione: da un lato la Pandemia, dall’altro una guerra che sembra alle porte di casa. Difficile pensare che tutti possano avere degli strumenti per risolvere il “male di vivere”. Il ruolo dello Psicologo diventa quanto mai importante se non addirittura indispensabile, cosa ci può dire, come Terapeuta, sulla sua funzione?

L.G.: non si può non essere d’accordo. L’utilità della psicologia clinica psicodinamica, balza con evidenza agli occhi di tutti coloro che considerano gli effetti devastanti della Pandemia, cui è poi seguita la guerra, altra fonte di angoscia e di un malessere che si infiltra nei meandri più intimi del nostro psicologismo. L’umanità, almeno quella che è più immediatamente osservabile, ha colto la negatività e le malheur de vivre del periodo che stiamo vivendo da tre anni, e che permane; è mancata però l’informazione sui percorsi più adeguati per recuperare un sano benessere e solo i più consapevoli, a prescindere dal livello culturale, sono ricorsi ad un cammino psicologico adeguato, privilegiando “le vie brevi”, che altro non sono che tamponi di breve e dubbia pregnanza. Va detto che anche gli studiosi di psicologia clinica poco hanno fatto per promuovere “la via del benessere”, per aiutare a consapevolizzare il malessere avvertito o latente che incide sulla qualità della vita. Un percorso di clinica psicologica pisco-dinamica è fondamentale, purché effettuato con professionisti adeguatamente preparati e con la libera volontà di essere co-protagonisti del processo introspettivo ed etero diretto, volto cioè a promuovere anche le modalità di contenimento e di collocazione del disagio. Devo sottolineare purtroppo la grave carenza della politica nonché di chi dovrebbe promuovere la significatività valoriale della psicologia, intesa come cura ma anche come crescita personale e rinforzo dell’Io, allorché la realtà induce pesanti impatti sul vivere quotidiano.

 

Lino Graziano Grandi, nato a Cuneo il 18 dicembre 1942, è laureato in filosofia e specializzato in psicologia clinica (corso universitario triennale presso l’Università di Torino) nel 1972. Ha insegnato psicologia del lavoro e psicologia clinica presso le Facoltà di Filosofia e specialità in Psichiatria, in particolare prima dell’avvento della Facoltà di psicologia. Ha introdotto presso l’I.R.I. la psicologia clinica nell’ambito della Formazione per Dirigenti e Funzionari di Azienda. Ha svolto attività psicodiagnostica e psicoterapeutica per il Ministero di Grazia e Giustizia, svolgendo anche i compiti di coordinatore dei consulenti psicologi per l’Italia settentrionale. Ha avviato il primo Centro di Ascolto e di sostegno psicologico presso Scuole Medie inferiori e superiori nella città di Torino. Dopo aver operato per circa vent’anni come Consulente Tecnico d’Ufficio presso numerosi Tribunali Civili e Penali del Piemonte, si è dedicato alla formazione di psicoterapeuti e analisti, seguendo ed innovando la teoria e la prassi della Individual-Psicologia, fondata da A. Adler. È Didatta Ufficiale della S.I.P.I. e fondatore dell’Istituto di Psicologia Individuale (Member Group of the International Association of Individual Psychology) di cui è Presidente Onorario. È attualmente Direttore Generale delle Scuole Adleriane di Psicoterapia (due sedi di specialità per laureati in medicina e psicologia). È stato inoltre Presidente della Società Italiana di Psicologia e Religione per circa sei anni ed è Perito della Sacra Rota e del Tribunale Ecclesiastico Piemontese. Conferenziere e autore di numerose pubblicazioni (libri e articoli), è il Direttore Scientifico della Rivista nazionale «Il Sagittario».

 

Fine prima Parte

 

Fotografie di Giancarlo Guerreri

 

 

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Articolo pubblicato il 25/06/2022