Parlamento europeo: 'Concedere subito lo status di candidato a Ucraina e Moldavia'.

Qual è il prezzo per entrare nell’Ue: l’ideologia Lgbti

Ieri, come ampiamente previsto, il parlamento europeo ha approvato con 529 a favore 45 contrari e 14 astenuti la relazione in cui chiede di concedere immediatamente lo status di Paese candidato Ue all'Ucraina ed alla Moldavia. La relazione indica la volontà dell'aula anche di concedere lo status alla Georgia, una volta completate le riforme necessarie.

I deputati affermano che "nel contesto della brutale guerra di aggressione russa contro l'Ucraina, tale scelta darebbe prova di leadership, determinazione e lungimiranza" ma sottolineano "che non esiste una procedura accelerata per l'adesione all'Ue" e che questa rimane "un processo strutturato e basato sul merito".

L'Ucraina è "in attesa del via libera" dal consiglio Ue per convalidare il suo status di candidato all'Unione Europea, quasi quattro mesi dopo l'invasione da parte dell'esercito russo. "Stiamo aspettando il via libera", ha dichiarato Andriy Yermak, capo dell'amministrazione presidenziale ucraina, ricordando che "l'obiettivo chiaro è la piena adesione all'Unione europea", una procedura che potrebbe tuttavia richiedere anni.

Quello di oggi a Bruxelles è "un Consiglio europeo storico mostreremo ancora una volta la nostra solidarietà all'Ucraina, ma prenderemo anche una decisione importante per la prospettiva europea dell'Ucraina". "L'obiettivo è quello di creare le condizioni necessarie per intraprendere questa strada condizionale per l'Ucraina". Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, all'arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles.

Ma c’è un antefatto importante e taciuto.

La settimana per il destino dell’Ucraina è iniziata lunedì 20 giugno, con l’annuncio del presidente Zelensky che auspicava storici avvenimenti.

La Verkhovna Rada, il parlamento monocamerale ucraino, ha ratificato nel tardo pomeriggio del 20 giugno la “Convenzione del Consiglio d’Europa (CoE) sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”, meglio nota come Convenzione di Istanbul.

 

Su 450 parlamentari, 259 hanno votato a favore, quattro hanno votato contro e 25 si sono astenuti, gli altri erano assenti o ‘banditi’ dal Governo in carica.

 

La ratifica della Convenzione di Istanbul è un segnale in vista del vertice dell’Unione europea sulla disponibilità dell’Ucraina ad attuare le riforme necessarie, in quanto la Convenzione rappresenta di fatto una sorta di “marcatore di un Paese civile” per la Commissione europea.

 

Sarà un caso, ma proprio nei giorni scorsi, a fronte dell’impegno preso da Zelensky, che il 18 giugno aveva chiesto al Parlamento di procedere con la ratifica, lo scetticismo di Olanda, Danimarca e Svezia, per il riconoscimento dello “status di candidato” a Kiev, si è trasformato in consenso.

La Commissione stessa ha raccomandato ai leader dei Paesi membri di sostenere la candidatura ucraina al prossimo Consiglio europeo di ieri ed oggi.

 

Sinora Kiev non aveva ratificato la Convenzione a causa delle proteste delle diverse chiese e di politici conservatori nei confronti del gender e delle tutele previste verso l’ideologia Lgbti presenti nel testo e nelle sue interpretazioni.

 

“La ratifica della Convenzione conferma l’impegno dell’Ucraina nell’introduzione di standard e approcci europei per la protezione dei diritti umani e delle libertà. Il Governo e il Parlamento ucraino hanno fatto un grande lavoro per sviluppare un meccanismo per combattere e prevenire la violenza e la legislazione necessaria è stata implementata.

La ratifica della Convenzione consolida questo lavoro”, ha commentato Olha Stefanishyna, vice primo ministro per l’integrazione europea ed euro-atlantica dell’Ucraina.

Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International, ha salutato il voto di lunedì come una “vittoria storica per i diritti delle donne in Ucraina e un contributo al cambiamento della cultura, degli atteggiamenti e dei comportamenti nei confronti della violenza di genere (…).

 

Il voto di oggi è una testimonianza di anni di campagne condotte (...) è un passo decisivo nella lotta contro la violenza di genere”.

 

Sin dal mese di maggio, con una dichiarazione assolutamente priva di buonsenso, era stata la rappresentante dell’Onu Osnat Lubrani ad esortare “l’Ucraina ad accelerare la ratifica della Convenzione di Istanbul, ascoltando la voce di 25.000 cittadini che avevano firmato una petizione al Presidente dell’Ucraina”.

La voce di 25.000 cittadini in un Paese di 44 milioni di abitanti?

È ben nota la condizione richiesta dalla Commissione europea, sempre inoltrata con tracotanza negli ultimi 15 anni nei confronti dell’Ucraina: senza un reale riconoscimento dell’ideologia Lgbti, dei “matrimoni gay”, dell’educazione al gender e alla non discriminazione (ovvero privilegi), non ci sarà disco verde.

 

Due studi accademici dimostrano l’ossessione europea e americana per fare dell’Ucraina il primo Paese ortodosso russo (ora ucraino) che abbraccia l’ideologia Lgbti.

Nel primo studio si descrive come i diritti Lgbti e l’omosessualità siano emersi per la prima volta, nel 2012, tra le argomentazioni contro l’avvicinamento dell’Ucraina all’Ue , sullo sfondo dei negoziati in corso tra l’Ue e l’Ucraina per un accordo di associazione.

 

Il 21 novembre 2012 il governo di Viktor Yanukovych annunciava la decisione di sospendere i preparativi per la firma dell’Accordo di associazione con l’Ue e lo comunicava a Stefan Fule, commissario europeo per l’Allargamento.

 

L’altro studio conferma tutte le tappe e le pressioni subite dai governi ucraini dal sorgere dei primi gruppi Lgbti nel Paese tra il 2011 e il 2017.

 

È di tutta evidenza che il riconoscimento esplicito dell’ideologia Lgbti è inserito di fatto nelle trattative per l’accesso di un Paese che voglia esser parte dell’Unione europea.

Il Parlamento ucraino aveva già approvato (12 novembre 2015) una legge che vietava la discriminazione sul posto di lavoro, compresa quella basata sull’orientamento sessuale.

Era l’ultima legge di un pacchetto di richieste affinché l’Ue potesse considerare l’esenzione dal visto per gli ucraini (in vigore dal 2017).

 

L’allora presidente Petro Poroshenko scriveva: “L’Ucraina si sta liberando dalle catene della discriminazione del passato sovietico”. Come scriveva nel 2016, su Newsweek, la leader delle Femen: “L’Ucraina deve essere un campione dei diritti Lgbti perché abbia successo la rivoluzione di Maidan”.

La ratifica della Convenzione di Istanbul è un’ulteriore spinta anticristiana, stavolta promossa dall’attore comico e presidente Zelensky, nella tragedia della guerra.

Questo è il prezzo da pagare.

Ma gli ucraini saranno d’accordo?

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 24/06/2022