Produzione di stupidità a mezzo stupidità
Caro Direttore,
ti chiederai perché ti scrivo una lettera, anziché inviarti il solito editoriale. La ragione è semplice: avendo a che fare con gente pericolosa, preferisco che le mie opinioni siano attribuite solo a me, lasciando fuori la responsabilità del nostro giornale. Se finirò sotto processo, o incarcerato senza processo, avrò qualcuno al di fuori che mi darà una mano nel primo caso o mi porterà le arance (possibilmente fresche...) nel secondo.
Chi sono queste persone pericolose? Non so indicartele con precisione, ma so che esistono, sono tante, facilmente identificabili e costituiscono -appunto- per me, per voi, per tutti quelli che hanno ormai l’inusuale coraggio di dissentire, una minaccia costante destinata ad aggravarsi in futuro. Diciamo che, in linea di massima, sono i propagandisti, gli attivisti LGBTQ ecc. (le definizioni, in quel mondo, sono fluide come i loro orientamenti personali) e le loro lobbies.
Mi rendo conto che definirli così, in un modo che sicuramente a loro non piace, mi colloca già nell’area della criminalità intellettuale e ideologica. Sono già un loro nemico, e quindi un potenziale obiettivo di ritorsioni. Ma tant’è, il coraggio, se uno non ce l’ha, ogni tanto deve pur darselo, altrimenti finiamo schiacciati dal lato oscuro della Forza, cioè da lato oscuro della nostra civiltà declinante.
Vi ricordate le premesse prudenziali che, un tempo, preludevano a ogni discorso impegnato? “Non sono fascista, ma...”, “Non sono razzista, ma...”, “Non sono comunista ma...” Bene, io posso dire: non sono omofobo, ma...
In realtà dell’orientamento sessuale (o di genere, se proprio volete) della gente, e delle loro pratiche intime, non me ne importa assolutamente nulla. Non amo e non odio le persone “disallineate”, riconosco pienamente il loro diritto a comportarsi, fra di loro, come più gli garba, qualche volta provo umana compassione per i loro tormenti e le loro difficoltà esistenziali, ma rifiuto e contesto totalmente il tentativo di trasformare la loro condizione in un mio problema e il tentativo di impormi la loro linea di pensiero tramite azioni di coercizione intellettuale o -peggio ancora- giuridica.
Il problema, culturale e politico, è che quel mondo pretende che i suoi desideri, le sue aspirazioni, la sua volontà diventino diritti, anche contro i desideri, le aspirazioni, la volontà di una grandissima, e probabilmente maggioritaria, percentuale della popolazione.
Ora, bisogna chiarire il concetto di diritto.
Ci possiamo intrattenere a lungo sulla visione giusnaturalistica e su quella positivistica secondo cui i diritti esistono prima di ogni riconoscimento da parte dei pubblici poteri oppure esistono solo se sanciti da una norma giuridica. Personalmente propendo per la seconda, e pertanto un diritto, in senso stretto, è tale solo se affermato dall’ordinamento giuridico. Se poi si vuole lottare per l’inserimento di determinati diritti “naturali” nel nostro ordinamento tramite espliciti riconoscimenti di legge, niente di male: è giusto e fa parte della normale dialettica democratica.
Ci sono però alcuni punti da chiarire.
Intanto vorrei domandare al mondo LBGTQ ecc. quali diritti sono oggi negati dal nostro ordinamento alle persone che si riconoscono in quell’universo. C’è oggi una norma che escluda o limiti un loro diritto umano, civile, politico, economico nel nostro contesto sociale, come avviene in altri (peraltro pochi) paesi? Io non la conosco ma sarò felice se mi verrà indicata e ne prenderò atto, e combatterò sinceramente perché venga abrogata.
Se però l’universo LGBTQ ecc. ritiene che i suoi diritti siano quelli, infiniti, vaghi, velleitari, che la sua fantasia culturale e politica vuole imporre sempre di più alla nostra società attraverso la normazione giuridica e altre affirmative actions, senza tenere minimamente conto delle opinioni e delle sensibilità della maggioranza della popolazione, allora bisogna in qualche modo fermare questa tendenza totalitaria. Democraticamente, rispettosamente, ma con tutti i mezzi che la nostra civiltà giuridica ci mette a disposizione.
E qui torniamo a quanto detto all’inizio: la pericolosità di questa deriva, delle persone e delle forze che la sostengono.
A parte il diluvio di Gay Prides che ha investito il nostro paese col suo carico carnevalesco di narcisismo e cattivo gusto, cosa per molti fastidiosa ma legittima pur nella sua esibizionistica libertà di espressione (a proposito, qualcuno si è preoccupato della sensibilità del mondo cristiano e cattolico o semplicemente tradizionalista?), c’è stato invece un episodio molto più preoccupante, anche se minimale, in parte comico, e opportunamente occultato dalla comunicazione conformista.
Alcuni sindaci di piccoli e piccolissimi comuni, in una specie di onanistico compiacimento normativo, hanno emanato delle ordinanze con cui andranno a sanzionare con pena pecuniaria quei comportamenti “omofobici” o “discriminatori” che potessero concretizzarsi nel territorio di loro competenza.
I comuni interessati, di cui è giusto si conosca il nome, quantomeno a fini difensivi, sono Cancellara (Potenza), Madonna del Sasso (Verbano Cusio Ossola), Ferla (Siracusa), Castiglione Cosentino (Cosenza), San Nicolò d’Arciano (Oristano), Castelnuovo Cilento (Salerno), Oriolo (Cosenza) e Morterone, comune di ben 31 abitanti in provincia di Lecco.
Ora, è evidente che si tratta di una divertente ma purtroppo realistica barzelletta più o meno assimilabile a quella della Polizia stradale che ferma sull’autostrada Salerno-Caserta, multa e rimanda indietro, un certo numero di nostri potenti carri armati destinati all’Ucraina, nella speranza che non vengano a saperlo al quartier generale della NATO a Bruxelles.
Si tratta di provvedimenti folcloristici, su cui però sarà bene richiamare l’attenzione delle competenti prefetture e di qualche giudice affinché li annullino con addebito di responsabilità. E qualcuno ha pure detto che quei sindaci “ci hanno messo la faccia”: vi risparmio i commenti pecorecci che questa considerazione, visto il tema, ha suscitato.
Tuttavia, al di là della bovina ignoranza giuridica, istituzionale e democratica di quelle iniziative, resta però il pericolo che altre istituzioni si adeguino e producano cose simili; e purtroppo, prima che gli organi di controllo si accorgano della assurdità giuridica che pretende di motivarle, resta elevato il rischio che qualche cittadino finisca nel procedimento sanzionatorio e ne subisca danni.
Purtroppo la paranoia punitiva di certi personaggi non conosce limiti, come dimostrato dalle sedicenti emergenze sanitarie di un passato recente, e quindi dobbiamo premunirci contro piccoli e grandi amministratori pubblici che, in un futuro vicino o lontano, vogliano sfogare la loro moralità aggressiva contro di noi, come i sindaci dei villaggi e dei borghi montani sopra citati.
Ovviamente non c’è da preoccuparsi troppo di loro ma piuttosto della mentalità che rappresentano, e che può infettare anche organismi pubblici più rilevanti.
La gente pericolosa di cui si diceva all’inizio è molto più diffusa che non nelle loro minuscole amministrazioni valligiane: c’è purtroppo la concreta possibilità che quella mentalità approdi nelle aule parlamentari sostenuta da un partito come il PD e dai suoi alleati i quali, incapaci di occuparsi di cose concrete, propongono e propagandano quella narrazione politicamente corretta che, se trasformata in legge, può distruggere la democrazia e lo stato di diritto come li abbiamo conosciuti finora.
Vigilate, gente, vigilate. Le finestre di Overton sono sempre aperte.
Cordiali saluti.
Elio Ambrogio
Elio Ambrogio - Vice Direttore
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Articolo pubblicato il 03/07/2022