
La figura di donna capace di operare a 360 gradi nel mondo dell’arte e della cultura
La 59° edizione della Biennale dell’Arte di Venezia si intitola:Il latte dei sogni, cioè il titolo di un libro per bambini di Leonora Carrington, che la curatrice, Cecilia Alemani, ha scelto con un riferimento ben preciso: infatti, la Carrington è stata una poliedrica artista-scrittrice surrealista (1917-2022), che ha incarnato la figura di donna capace di operare a 360 gradi nel mondo dell’arte e della cultura con grande libertà e impegno. E, a ben guardare, il riferimento non fa una grinza, vista la notevole percentuale di artiste presenti a Venezia.
A tratti l’arte contemporanea sembra indugiare su un universo dominato da una condizione di post-umanità: il messaggio escatologico si spoglia da qualunque suggestione spirituale, per arenarsi nella convinzione di una prossima deflagrazione, determinata da quelle condizioni sociali che i singoli artisti additano come artefici dello scempio finale.
Ecologia, politica e finanza sono infatti i punti di fuga di una rilevante percentuale degli autori invitati a esporre le loro opere.
Effettivamente la cappa ideologica che sembrerebbe imporre l’adesione a canoni prescritti e diktat ai quali ti adegui o sei fuori, continua a mantenere il suo ruolo. In tal senso può capitare di parlare con altri visitatori, che spesso si interrogano non tanto sulle motivazioni che conducono alla scelta di un artista, ma su quelle che determinano l’esclusione di altri.
È un discorso trito e ritrito, che ognivolta ritorna, tra questioni appunto ideologiche ma anche di mercato, creando convivenze tra diavolo e acqua santa.
Comunque sia, la Biennale continua a essere un appuntamento culturale importante di cui, nello spazio di un articolo, si può trattare solo globalmente.
Puoi andarci armato di recensioni lette su media di diverso indirizzo, ma alla fine sei sempre contento di esserci stato, perché ritorni a casa un po’ più ricco.
Certo è difficile che l’empatia ci salti addosso davanti a tutte le opere: quando hai visitato il visitabile, comunque non puoi non essere contento, perché di certo sai di aver imparato qualcosa: il che non è poco.
Senza dubbio, sei anche confuso davanti alla commistione di linguaggi che si inseguono e si amalgamano: siamo abituati alle loro convivenze, ma riusciamo ancora a stupirci.
Comunque, ma è un parere personale, oggi più che mai avrebbe senso è provare a separarei linguaggi, quantomeno come esercizio filologico per cercare di dare una caratura sempre più chiara a questo universo di opere aperte che a tratti confonde.
L’andamento generale si struttura nel tentativo di sottrarsi ai luoghi comuni, anche quando latrasgressione diventa di fatto un luogo comune.
Come spesso accade, le scelte del curatore del Padiglione Italia sono state messe in discussione: aldi là di facili polemiche, va detto che l’artista Gian Maria Tosatti non ha tradito la sua poetica, ponendo in evidenza la duttilità del suo linguaggio.
A Simone Leigh è andato il Leone d’oro per la grande scultura che raffigura una donna senza occhi: all’artista è stato inoltre dedicato il padiglione degli Sati Uniti, trasformato per l’occasione in un grande complesso abitativo tradizionale africano.
In tal modo si assiste a un’originale amalgama tra etnografia, ricerca estetica e istanze atte a mettere in luce le problematiche che segnano la condizione femminile.
Di grande effetto la scultura “Sentinel”, che si avvale di un modello tipico della cultura materiale, qui ammantato da un’aura sacrale atta a celebrare l’immagine della donna madre-terra.
213 tra artiste e artisti da 58 paesi, 1433 opere e oggetti, 79 padiglioni nazionali (esordiscono Camerun, Namibia, Nepal, Oman e Uganda, ma c'è la defezione della Russia) e la durata più lunga di sempre, oltre 7 mesi, dal 23 aprile al 27 novembre.
Significativamente l’Ucraina presenta una grande piramide costituita da sacchi che rimandano senzamezzi termini all’atmosfera bellica che sta macerando l’Europa.
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Articolo pubblicato il 15/07/2022