La principessa martire
Monumento a Mafalda d'Assia a Como

Il monumento comasco a Mafalda di Savoia (di Alessandro Mella)

Era la più dolce, la più emotiva e forse la più fragile. Lei si commuoveva per un animaletto maltrattato, soffriva per gli altri ed aveva un cuore grande e buono. Proprio per questo, SAR Mafalda d’Assia nata principessa di Savoia era andata a Sofia per assistere la sorella rimasta improvvisamente vedova dopo la morte inattesa di Re Boris.

Giovanna, zarina di Bulgaria, era stata travolta dal dolore nel modo più tragico dopo che il marito si era opposto con fermezza ai tentativi di Hitler di imporgli la deportazione e la persecuzione degli ebrei del suo paese.

Fu una morte dovuta a ragioni naturali e nessuno ebbe mai modo di verificare il contrario, ma in non poche persone restò il dubbio, il sospetto, che qualcuno, da Berlino, potesse averla indotta.

Mafalda rientrò faticosamente in Italia a cavallo del drammatico armistizio dell’8 settembre 1943 e cadde nel tranello tesole dai nazisti a Roma finendo per essere deportata in uno dei terribili e purtroppo famosi lager. Con, forse, la sola consolazione di sapere i figli al sicuro. Ed a Buchenwald, dopo mesi di sofferenze e mortificazioni, lei morì in modo drammatico.

Solo a fine guerra iniziò a filtrare qualche notizia sulla sua sorte infausta anche se sulle prime le notizie si rincorsero in modo confusionario:

LA PRINCIPESSA MAFALDA di Savoia è morta di fame in un campo di concentramento in Germania (1).

Dopo i primi giorni convulsi della fine della guerra, iniziarono a giungere informazioni e testimonianze più precise e con loro i dettagli drammatici dell’avversa sorte della giovane principessa sabauda:

Un ufficiale dei carabinieri, reduce dal campo di Buchenwald, ha narrato i pietosi particolari della morte della principessa Mafalda di Savoia Assia, avvenuta il 21 agosto 1944: ferita in seguito a bombardamento, curata senza le necessarie attenzioni, fu condotta alla fine dalla cancrena (2).

Negli anni e nei decenni che seguirono quelle vicende dolorose la memoria di Mafalda di Savoia divenne un qualcosa di caro al cuore di molti italiani, spesso anche di quelli che non provavano particolare attaccamento per Casa Savoia.

Anche se, occorre dirlo, c’è chi accusa ancora oggi Vittorio Emanuele III di cinismo, di averla sacrificata volontariamente ed in modo crudele, semplicemente senza mai studiare od aver letto le testimonianze di chi ne condivise il dolore, la sofferenza estrema, il patimento per quella figlia sottrattale da vicende dolorose su cui ancora troppo si specula.

La perdita della dolce Mafalda fu un altro colpo terribile per un sovrano fermo, ma colpito così nel profondo da tempi durissimi.

Anche oggi, comunque, il ricordo della principessa è vivo nella memoria collettiva e molte città hanno voluto renderle omaggio. E Como scelse di unirsi a chi voleva celebrare il martirio di quella donna e madre coraggiosa.

Da qualche anno, appunto, la città di Como le ha dedicato il suo bel lungolago con la bella passeggiata che si affaccia sulle ferme e graziose acque lacustri.

Nel 2002 la città ricevette in dono, dalle Guardie al Pantheon, un bel monumento realizzato da Massimo Clerici ed inaugurato alla presenza di Maurizio d’Assia, primogenito della principessa.

L’opera fu posta poco distante dal tempio laico dedicato ad Alessandro Volta e vicino al monumento alla Resistenza Europea.

Con l’effige di Mafalda si volle rendere omaggio a tutte le donne che persero la vita in quella grande tragedia che fu l’olocausto perpetrato dal regime nazista.

Dietro al suo profilo, infatti, si scorgono le baracche che furono simbolo di quel grande orrore che l’umanità non potrà mai dimenticare.

Oggi, passeggiando sul lungolago, il pensiero non può non andare a quella donna eccezionale che tanto ebbe a soffrire in circostanze estreme e drammatiche. Tante sono le emozioni che percorrono il cuore, tanti i pensieri, grande il senso di gratitudine per chi volle questo omaggio ad una persona che riesce sempre a renderci lucidi gli occhi. Una figura da ricordare, raccontare, divulgare e far conoscere.

Alessandro Mella

NOTE

1) Gazzetta d’Alba, 3, Anno LXIV, 10 maggio 1945, p. 2.

2) La Guida, 12, Anno I, 10 novembre 1945, p. 1.

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Articolo pubblicato il 27/07/2022