Gualino il magnifico sognatore - Il personaggio
Riccardo Gualino (Felice Casorati)

Una sintetica riflessione su questa eccezionale figura (Quarta e ultima parte - di Riccardo Manzini)

Il dottor Riccardo Manzini, medico chirurgo ed egittologo di lungo corso, ma anche attento osservatore di importanti personaggi ormai consacrati nella storia e tali da lasciare un’incancellabile eredità culturale nella società contemporanea, ci ha inviato a partire da venerdì 17 giugno 2022 la prima, la seconda, e la terza puntata del suo studio Il magnifico sognatore Riccardo Gualino.

Ci giunge la quarta e ultima parte dell’articolo in oggetto, che ci illustra l’incredibile esistenza e l’attività imprenditoriale, la creatività geniale che anticipava i tempi e le nuove esigenze della società, la sua ascesa finanziaria inarrestabile, bruscamente sabotata dalle scelte di politica economica del Fascismo, senza mai rinunciare ad essere un sincero estimatore - e benefattore - dell’arte.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua precedente e attuale collaborazione, auguriamo buona lettura (m.b.).

IL MAGNIFICO SOGNATORE RICCARDO GUALINO

4) Il mecenate

La storia, l’economia e la società italiana attuale hanno pressoché completamente cancellato dai ricordi la figura di Gualino come una presenza imbarazzante ed indesiderata, ma la Cultura non ha potuto non conservarne le tracce per l’importanza avuta nei primi decenni del secolo scorso.

La versatilità del personaggio è consistita infatti anche nella capacità di affiancare alle attività finanziarie uno straordinario impegno in ogni tipo di manifestazione artistica e culturale che lo portò ad essere un grande collezionista ed un importante committente di arte, cui affiancò un’intensa attività promozionale con la moglie Cesarina (slide 1) in ambito teatrale, musicale e cinematografico che lo resero una sorta di mecenate di stampo rinascimentale.

Particolarmente encomiabile fu l’impegno che profuse (anche con grandissimo dispendio di denaro) per elevare la cultura torinese attraverso il Teatro di Torino in cui propose opere inedite, artisti prestigiosi e le avanguardie. Altrettanto significativo fu che nel dopoguerra Gualino volle recuperare a proprie spese i quadri sopravvissuti della collezione che aveva donato alla Galleria Sabauda, che al momento del suo arresto erano stati dispersi dai liquidatori a privati, musei e sedi di rappresentanza, per ridonarli alla stessa Galleria.

L'amore di Gualino per la Cultura aveva trovato realizzazione nel 1918 quando incontrò l'Accademico di Storia dell’Arte Lionello Venturi che spronò a scoprire e valorizzare artisti italiani d'avanguardia nel tentativo di attualizzare la pittura italiana alle esperienze internazionali, concretizzatosi nel 1929 con la creazione del gruppo dei Sei di Torino (Casorati, Chessa, Boswell, Menzio, Levi, Galante) e con il tentativo di realizzare a Parigi un Istituto d'Arte Italiana che non fu portato a compimento per le vicende legate al suo arresto.

I risultati di questo sodalizio portarono altresì alla formazione della Collezione Gualino donata alla Galleria Sabauda ed alla ricchissima pinacoteca personale di Gualino ospitata nella sua villa di via Galliari (slide 2), ma anche al sostegno di artisti promettenti ed al finanziamento di iniziative di rinnovamento culturale.

Il desiderio che appassionava Gualino di condividere con altri il piacere per la cultura iniziò a prendere corpo quasi contemporaneamente nel 1924 con l'idea del Teatrino di Via Galliari annesso alla villa e del Teatro di Torino, inaugurato solo 7 mesi dopo quello privato.

Il Teatrino di via Galliari (slide 3) fu commissionato a Felice Casorati che ne curò ogni particolare, realizzando un allestimento che fu acclamato come un modello tutto giocato tra contrasti cromatici: il grigio delle pareti, il nero lucido delle poltrone, il rosso vivo dei piedestalli delle statue in gesso dello stesso Casorati che delimitavano il boccascena ed il grigio chiaro con nervature rosse del velario erano esaltati dalla striscia bianca continua dei pannelli del medesimo artista (slide 4) posti alla sommità dei muri e che fornivano con la loro illuminazione quella del locale.

Dopo ogni spettacolo gli invitati partecipavano alla cena nella villa in cui potevano ammirare la ricca pinacoteca, mobili antichi italiani, sculture cinesi giapponesi ed indiane, avori, smalti renani, stoffe orientali, tappeti e velluti dell'Asia Minore, oreficerie greche, oggetti egizi, idoli Khmer ecc.

Il Teatrino fu inaugurato il 27 aprile 1925 con cento invitati italiani e stranieri attentamente selezionati, generando feroci e duraturi risentimenti tra i nobili ed i ricchi borghesi le cui richieste di partecipazione ad un tale ambito avvenimento mondano erano state rifiutate.

L’anno precedente aveva acquistato a nome della neofondata "Società degli Amici di Torino" il vecchio Teatro Scribe e lo aveva fatto restaurare da Chessa coadiuvato da Lionello Venturi, trasformandolo nel Teatro di Torino che venne inaugurato nel novembre 1925.

L'intento di Gualino era di finanziare un teatro d’avanguardia destinato ad un pubblico veramente interessato che desiderasse godere di ogni forma di cultura a prezzi contenuti, dove concertisti e compagnie di prosa di alto livello si esibissero anche fuori dal repertorio tradizionale, con il fine dichiarato di elevare culturalmente i torinesi.

Su richiesta dello stesso Gualino, durante il restauro del teatro particolari attenzioni furono prestate a generare un ambiente memorabile illuminato da un grandissimo lampadario di Murano ed alla comodità del pubblico (anche dei loggioni) sacrificando file di posti per poter offrire poltrone accoglienti (slide 5). La direzione artistica fu affidata a Guido Maggiorino Gatti che, assecondando gli intenti dell’imprenditore, invitò artisti italiani e internazionali tra i più famosi o quelli più promettenti tra gli emergenti (slide 6), scegliendo di rappresentare anche lavori contemporanei o inconsueti di Alfano, R. Strauss, Casella, Hindemith, Kòdaly, Malipiero, Pizzetti e Prokofiev.

Il 26 novembre dello stesso anno ebbe luogo la solenne inaugurazione con una sfarzosa edizione dell'Italiana in Algeri che esibiva fondali dipinti dal torinese Gigi Chessa, per la quale giunsero richieste da tutta Europa ed a cui i maggiori giornali continentali inviarono i rispettivi critici che rimasero entusiasti.

Sorprendente per varietà e per qualità è il cartellone delle stagioni del Teatro di Torino, dotato di un'orchestra stabile di altissimo livello diretta dal maestro Vittorio Gui, che spaziava dall’ambito operistico (slide 7) a quello sinfonico e cameristico con l’intervento di molti dei migliori esecutori del tempo (slide 8).

Partecipando alla passione della moglie Cesarina per la danza, contestualmente a eccezionali spettacoli di balletto (slide 9-10), andò sviluppandosi anche una scuola di danza di alto livello grazie all'impegno di Bella Hutter e Raja Markmann (slide 11).

Numerose furono anche le rappresentazioni di prosa e di teatro contemporaneo di autori di fama internazionale come Berthold Brecht, Luigi Pirandello, Enrico Prampolini, oltre ad alcune opere di avanguardia ispirate alla corrente futurista (slide 12).

Il Teatro di Torino visse dunque una breve ma intensa stagione (slide 13) che ritrovò un entusiastico riscontro nell'intellighenzia torinese ed in molti appassionati che giungevano da tutta Europa, ma non nella popolazione che rimase generalmente lontana da questa proposta culturale.

La "Buona società" torinese ed i Nobili che non riuscivano ad essere invitati alle serate del Teatrino privato di via Galliari boicottarono apertamente il Teatro di Torino disertando molte iniziative e denigrandole anche a mezzo stampa. Gualino, il Filibustiere della finanza come verrà chiamato da Mussolini quando ne chiese ed ottenne l'arresto, aveva moltissimi ammiratori ma ancor più nemici ed invidiosi.

Sebbene Gualino sapesse fin dall'inizio che questa esperienza gli avrebbe comportato un ingente impegno economico a fondo perduto la affrontò con entusiasmo per il fine di diffondere la Cultura, aspettandosi (vanamente) una grande partecipazione dei torinesi orgogliosi di avere uno dei pochi teatri che offriva stagioni classiche e d'avanguardia con Lirica, Concerti, Teatro, Danza, Cameristica, Folklore dal mondo e Jazz.

Malauguratamente, questa esperienza si rivelò troppo breve ed effimera: dopo appena cinque anni dalla trionfale apertura, il Teatro di Torino cessò la sua attività il 18 dicembre del 1930 a causa del dissesto economico che travolse il suo ispirato creatore.

Particolarmente importante fu la preziosa pinacoteca arricchitasi negli anni ad opera di Venturi, cui Gualino commissionò indifferentemente acquisti sul mercato internazionale di opere classiche o moderne. Nella collezione figuravano capolavori come una Venere attribuita Botticelli, un Ritratto di giovane di Lorenzo di Credi, la Venere con la tartaruga attribuita a Sebastiano del Piombo, una Maestà attribuita a Cimabue, uno studio per l'Olympia di Manet, numerosi macchiaioli, sette Modigliani, tra cui un Autoritratto, Picasso e Braque.

Oltre agli acquisti effettuati da Venturi, Gualino commissionò appositamente quadri a Felice Carena, Ardengo Soffici e Casorati (slide 14), il quale fu stimolato e sovvenzionato da Gualino a fondare una scuola di pittura nella villa di via Galliari che diventò presto un polo d'attrazione.

Nel 1929 la collezione d'arte antica fu esposta alla Galleria Sabauda ed una sua parte fu donata allo stesso museo, ma al momento del suo arresto fu totalmente sequestrata e messa in vendita dal Governo. Molte opere andarono così disperse, altre finirono in collezioni pubbliche o private, altre ancora furono distribuite tra le Ambasciate d'Italia nel mondo o ad istituzioni come la Banca d'Italia. A dimostrazione dell’amore per l’Arte e per la diffusione della Cultura, nel dopoguerra Gualino si impegnò per ricomprare con il proprio patrimonio i quadri che già avevano fatto parte della sua collezione della Galleria Sabauda per donarli nuovamente alla pinacoteca.

Se a Torino aveva sostenuto i Sei di Torino, quando tornò a Roma patrocinò i pittori del Rinnovamento (Scipione, Mafai, Pirandello, Scialoja, ecc.) e poi Filippo de Pisis, Massimo Campigli, Giacomo Manzù, Renato Guttuso, Mario Mafai, Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Giorgio De Chirico.

Persino in ambito architettonico Gualino lasciò una testimonianza non banale con il pretenzioso Castello di Cereseto Monferrato, la moderna villa incompiuta sulla collina torinese, quelle a Sestri Levante e lo splendido palazzo SNIA di corso Vittorio. Purtroppo dell’ammirata villa di via Galliari e soprattutto dell’annesso Teatrino, distrutti da una inspiegata esplosione avvenuta subito dopo che erano stati depredati in seguito al suo arresto, non rimane alcuna traccia tranne qualcuno dei pannelli di Casorati che decoravano la sala del Teatrino.

Se quindi le vicende politiche portarono alla cancellazione del suo impero imprenditoriale ed alla damnatio memoriae della sua persona, che (all’apparenza inspiegabilmente) perdura tuttora, non riuscirono a cancellare l’importanza che la figura di Gualino ebbe nella cultura italiana di quegli anni ed il ricordo del suo mecenatismo.

Riccardo Manzini

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Articolo pubblicato il 01/08/2022