Dalle tensioni in Kosovo alle possibili guerre per "procura"

Tensione in Kosovo: il divieto di circolazione alle targhe serbe potrebbe portarci ad uno scontro più allargato.

Dal Kosovo alla Libia, da Taiwan fino alle guerre parallele per gas, petrolio e grano. L’effetto a cascata dell’espansione NATO verso Est travolge un numero sempre maggiore di aree sensibili nel mondo. Che la decisione dei lib-dem americani di scatenare un conflitto non potesse essere considerato solo un affare regionale era chiaro fin da subito: per giustificare l’espansione a danno di Russia e Cina, il Pentagono ha subito puntato il dito contro Putin, nel tentativo mai celato, insieme agli “amici” UE, di riconsolidare la mappa di un potere mondiale oramai sempre più logoro e in crisi, in perenne ricerca di una nuova struttura unipolare che metta fine, una volta per tutte, ai Paesi che hanno l’ardire di sfidare il gigante egemone americano.

Questa volta il maggior fattore di rischio sembra essere il Kosovo.

Il conflitto sembra essersi riacceso sulle targhe serbe, bandite dal governo di Pristina (capitale del Kosovo), la quale ripropone lo ‘schema ucraino’ nella regione.

Washington segue con grande attenzione “la crisi delle targhe” che domenica 31 luglio ha indotto le autorità kosovare a chiudere due valichi al confine nel nord del Paese. A prima vista sembra una disputa burocratica, e il casus belli, il bando sulle targhe serbe imposto da Pristina, sarebbe anche già stato tamponato, avendo il governo kosovaro posticipato di un mese l’applicazione del provvedimento.

La minoranza serba che vive in Kosovo (circa il 5% su una popolazione di 1,8 milioni) usa targhe immatricolate da Belgrado. Il governo di Pristina ha imposto a tutti di cambiarle con quelle kosovare. Il provvedimento ha innescato le proteste tra i serbi insediati nella zona settentrionale del Kosovo. Nella notte di domenica, qualcuno, non ancora identificato, ha sparato sulla polizia frontaliera kosovara.

I leader dei due Paesi non aspettavano altro per acuire lo scontro latente.

La regione è uno dei punti più delicati della geopolitica mondiale. Da tempo vi sono tensioni fra la minoranza serba con quella albanese. Ma le radici dello scontro non riguardano delle semplici targhe veicolari. Esse vanno ricercate in radici più profonde. Religiose, etniche e storiche. Se da un lato i serbi rivendicano la regione come di loro proprietà, in quanto ex Jugoslavia; dall’altro, gli albanesi, tutelano l’indipendenza del Kosovo da Belgrado, adducendo le antiche e comuni origini illiriche della regione. Origini di cui Tirana si sente la sola erede e depositaria. Insomma, oltre al conflitto fra ortodossi serbi e musulmani albanesi vi è anche uno scontro di natura etnostorica: L’antica Illiria contro la ex Jugoslavia.

Albin Kurti, premier del Kosovo, ha subito dichiarato: “Le prossime ore, i prossimi giorni e le prossime settimane potrebbero essere molto problematiche”. Da Belgrado il presidente Aleksander Vulcic ha replicato: “Noi preghiamo per la pace, ma se maltratteranno e uccideranno i nostri fratelli, la Serbia vincerà”.

Sia la Serbia che il Kosovo hanno fatto domanda per aderire all’Unione europea. Ma la Serbia è molto vicina alla Russia e, in parte anche alla Cina (visto che viene armata direttamente da Pechino, oltre che da Mosca). Il Kosovo, invece, si affida alla protezione degli Stati Uniti.

L’ex Jugoslavia può dunque trasformarsi in un nuovo teatro di guerra in Europa. Un’altra guerra ‘per procura’ portata avanti dai due contendenti, Russia e Usa.

Un conflitto in quest’area riproporrebbe quindi uno schema simile a quello dell’Ucraina.

Questa volta però il terreno di scontro potrebbe essere per noi italiani più delicato. Non solo per la notevole vicinanza geografica. Ma l’aspetto che risulterebbe di maggior coinvolgimento è l’interesse strategico che abbiamo in Albania, e di conseguenza, con la sua appendice kosovara; queste regioni ricoprono una notevole importanza per il nostro Paese. Già, perché non fu solo durante il Fascismo che l’Italia intrattenne relazioni nei Balcani. Ancora oggi la nostra aereonautica militare difende i cieli di Albania. Il legame fra le nostre forze armate e quelle di Tirana è totale. Solo ultimamente, vista la debolezza del nostro Ministero degli esteri, i turchi hanno approfittato per fiaccarlo. Ma Roma e il “Paese delle aquile” viaggiano quasi come se fossero una Nazione sola. Il legame fra i nostri capi di stato, così come fra le nostre economie, appare oggi, nonostante l’assenza della nostra politica estera, più forte che mai.

Come se non bastasse, l’Albania ha delle Forze armate facenti parte della NATO, esattamente come noi. E questo ci coinvolge ancora più direttamente. Poiché ai nostri interessi strategici se ne aggiungono altri dettati dalla nostra comune appartenenza alla coalizione occidentale.

La presenza di forze armate russe nei Balcani, in supporto dei serbi, non può che alimentare il clima di tensione già presente in Ucraina. Come nel secolo scorso rischiamo di precipitare in una nuova Grande Guerra che, proprio come allora, partì in terra balcanica.

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Articolo pubblicato il 03/08/2022