Il sistema metrico decimale instaurato da Napoleone è dovuto a un geniale matematico torinese, e poi…

Misure piemontesi nel 1818, opposte al sistema metrico decimale e frammenti di un meraviglioso dialetto

Il Sistema Internazionale di misurazione usato nella più parte del mondo lo dobbiamo a Napoleone Bonaparte, il quale, dopo aver conquistato in modo poco signorile Stati e Staterelli che all’epoca disegnavano la cartina politica dell’Europa, si era reso conto che occorreva mettere ordine in molti settori, fino allora complessi e superati.

Infatti, il Vecchio Continente, dopo il tramonto dell’Impero Romano che pagava in sesterzi, e misurava la capacità in amphore, dall’età carolingia all’ottocento, i Ducati, le Repubbliche, i Marchesati, i Regni e altri Stati, si erano dotati ciascuno di moneta propria e plurime misure di peso, di capienza e di distanza similari, ma un po’ differenti.

Valori legati alle misure umane (piede, pollice, braccio ecc, e le distanze in 1000 doppi passi, perciò miglia), con valori tra 1,5 e 2 km. I pesi erano d’origine classica: libbre e once, e la capacità era l’oncia liquida, ma poi, ogni regione finiva con l’adottare equivalenze e definizioni proprie.

Ecco  perché l’Imperatore mosse i matematici di corte per stabilire un prontuario di misure che fosse pratico e valido per tutti, instaurando nel 1799 il sistema metrico decimale, già opera d’un gruppo di studiosi presieduto da Giuseppe Luigi Lagrange nel 1791. Un insegne fisico e matematico nato a Torino nel 1736, poi trasferitosi prima a Berlino e quindi a Parigi.

Negli anni a seguire, il sistema Metrico Decimale, articolato su base 10 sia per i multipli che i sottomultipli, si diffuse in Europa e poi nel Mondo, concentrando l’insieme dei valori di lunghezza, peso e capacità nel valore 1, unità di misura del peso specifico dei materiali e sintesi di tutte le nuove rilevazioni.                  

Infatti, 1 dm³ è pari a 1 l d’acqua che pesa un chilo. Geniale servizio per mezza umanità che prese a calcolare tutto secondo i valori dei rispettivi multipli. Per la moneta ci avrebbe pensato poi l’Europa Unita e quell’Euro non sempre gradito in modo equo, ma questa è un’altra storia.

Dall’avvento del sistema metrico decimale, gli Stati più o meno vassalli della Francia imperiale, dovettero adeguare i propri valori a quelli introdotti dall’imperatore. Nel 1816 invece, il restaurato Regno di Sardegna fece provvisoria eccezione, aggiornando con calcoli svolti dell’Accademia delle Scienze i vecchi valori piemontesi e mantenendo anche la denominazione dialettale, in barba  all'imperatore.

La proposta fu approvata dalla Camera dei Conti il 4 agosto 1818. I valori aggiornati nel reinserimento delle misure piemontesi fanno riferimento all'immagine qui sopra riportata.

La dispersione di numeri e valori non era l’unico parametro di complicanze che richiedeva ordine in Europa. Ben prima dell’unificazione, in Italia non si parlava la stessa lingua e neppure si misurava allo stesso modo da regione a regione. Il Regno di Sardegna non faceva eccezione..

Siccome in Sardegna si parlava il sardo e a Torino il piemontese, che era quasi la lingua ufficiale, rimane insoddisfatta la curiosità di sapere come venivano interpretate le regole nell'isola del regno. Misure indicate su manifesti ancora conservati sul muro di qualche nostalgica officina.

Ricordarne l’esistenza in questo mesto susseguirsi di recessione e di sovranismi calpestati, respirando una puzza di guerra che appesta l’aria, è un tributo al tempo di un'Italia produttiva e soprattutto a una Torino artigianale che, fino agli anni 70 era viva, creativa e quasi indipendente. Un volano di piccole e grandi officine che odoravano di materiali e di lavoro umano, preciso, onesto e remunerativo.

Tra le tante, ricordo un’azienda di stampaggio materie plastiche, dove spiccava ancora il manifesto ufficiale delle misure di precisione espresse in piemontese, con l’eguale valore metrico decimale. Amarcord di un mondo perduto per sempre, sia nel pittoresco dialetto, che definiva tra “na frisa e na flapà”, valori precisi per sopraffini artigiani, sia nelle sue romantiche misure riportate di seguito.

Un dialetto dapprima sacrificato all’italiano e ormai del tutto barattato con l’inglese.

Ecco dunque la voglia di una estiva ricerca di valori e termini che, a quel tempo di un mondo più piccolo, vivibile e ancora naturale, scandivano le leggi del lavoro, degli scambi e dello spostamento in questa regione da cui scaturì l’idea del Risorgimento e poi, di quella Italia unita che ancor oggi ci si chiede se era proprio il caso di andarla a destabilizzare nelle sue legittime indipendenze del sud. Ma anche questa è un’altra storia.

Le misure di quel Piemonte antico invece, furono attive dal 1818, quando il decreto fu emanato e reso operativo, ma fu un campanilismo di breve durata. Dal napoleonico provvedimento il sistema metrico decimale ha proseguito la sua colonizzazione fino a diventare Sistema Internazionale (SI), e tutto è diventato storia del mondo. Pochi sanno però, che molto contribuì il talento di un ispirato fisico e matematico torinese, autore tra l’altro di elaborate e lungimiranti teorie sulle meccaniche celesti.

https://www.wikiwand.com/it/Riforma_di_misure_e_pesi_nel_Regno_di_Sardegna_%281818%29 

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Articolo pubblicato il 12/08/2022