Esperienza di pre-morte e segnali dall'ignoto

Un fenomeno tra scienza e misticismo senza una definitiva risposta

Dalle Sacre Scritture a un imprecisato numero di teorie esoteriche, il mistero di ciò che ci attende alla fine del nostro tempo di vita mortale è stato oggetto di infinite teorie. L’enigma rimane tale, ma 35 anni fa, purtroppo, fui oggetto di troppi indizi che mi tormentano tuttora.

30 novembre 1986, quasi mezzogiorno. Erano mesi che non usavo la motocicletta, ma quella domenica di sole basso e freddo non ancora pungente, in un luogo e a quell’ora, un oscuro insieme di misteriose entità si era dato appuntamento. Non potevo mancare.

Non andavo né forte né piano, stavo tornando verso casa, verso mia moglie e mia figlia. Avevo fame, tra poco sarei stato a tavola. Non ci sarei arrivato mai. Non c’era nessuno in giro, ma dietro la curva una macchina assassina che si immetteva da uno spiazzo, sbarrava la strada. Poco spazio, quattro dita sul freno, un solo colpo, dopo più niente di questo mondo terreno.

Ma forse era cominciato tutto molto tempo prima, esattamente 42 anni fa.

Ferragosto 1980: ero a Rimini, nei pressi di una clinica di riabilitazione per una visita a un amico che, a causa di un incidente sul lavoro, era rimasto paraplegico qualche anno prima. Col tempo mi ero abituato alla sua sventura che aveva affrontato con carattere. Mi sembrava già molto severa, ma quel giorno, quando mi chiese di aiutare un ragazzo in carrozzina a superare un breve dislivello incontrai il male peggiore.

Il giovane era un tetraplegico, aveva ben poca forza agli arti superiori e mi parve una condizione agghiacciante.

Aiutai il ragazzo a salire un leggero scivolo e in quell’istante captai un qualcosa di cattivo e… di freddo che mi saltava dentro. Da quel giorno ebbi paura sempre e soltanto di piombare in quello stato e cercai di vivere in modo più cauto e attento.

Non fu sufficiente.

Sei anni dopo, in una fredda domenica di novembre, nel giro di un istante vi fu lo schianto e poi il buio. Dopo aver riaperto gli occhi voltati verso un asfalto che sembrava anch’egli stupito di quanto dolore si potesse concentrare in così poco spazio di terra e di tempo, non sentivo e non muovevo più il mio corpo. Compresi tutto in un solo momento. Era il rendez-vous con il mio destino, un appuntamento casuale o prestabilito?

Un misterioso segnale mi era pervenuto da chissà dove, già la domenica precedente.

Sette giorni prima, alla stessa ora mi ero ritrovato in quel medesimo luogo con un amico, a sua volta a spasso con la famiglia. Si parlava d’altro quando, di colpo, qualcosa mi era scoppiato nel cervello facendomi dire: “se un’auto esce dallo spiazzo mentre arriva una moto, il motociclista è spacciato”.

Sette giorni dopo quell’uomo ero io, a terra, spacciato.

Altre avvisaglie si erano manifestate dal primo mattino di quel giorno stesso.

La mattina del 30 novembre mi sentivo strano, inquieto. Dopo il caffè presi la solita rivista di moto che compravo abitualmente. Di colpo, come una mano invisibile nascosta nell’aria o cos’altro non so, di certo qualcosa mi strappò via la rivista lanciandola lontano. Ero sbigottito, la ripresi e quasi non ci feci caso.

Era un avvertimento o un mio gesto insensato? 

Dunque, quel giorno, l'ultimo di un vita "normale", mentre stavo affrontando con serenità e tutta la sicurezza del caso quell’ultima curva, un'altra voce mi esplose nel casco intimando: “frena!”. Rallentai per un istante e poi ripresi ad andare. Non c’era motivo per fare altro e poi, quella voce mi aveva quasi… confuso, persino spaventato. Sembrava quella di mio padre.

Dopo la curva, quell’auto e il rapace ladro di arti, di vita non ancora vissuta, di gioia e di belle speranze. Di norma lo si definisce "incidente".

Mio padre era morto soltanto il mese prima. Ci penso da 35 anni senza alcuna certezza, ma quella voce nel casco mi era sembrata la sua. L’arcano ha un senso, non avrebbe tollerato mai di vedermi come sarei stato solo pochi secondi dopo.

Se fu un grido della sua anima, quale sforzo avrà mai fatto per potersi materializzare nella mia testa?

Pochi secondi dopo, il botto, un male violento… dopo, più niente di umano, sebbene si tratti di un fenomeno nient’affatto originale che è noto come Near Death Experience (NDE), una ipotetica sorta di choc cerebrale in seguito a forti traumi, ma secondo una teoria più trascendentale è un segno & una dimostrazione che c’è vita oltre la morte, perché l’insieme non ha nulla di razionale e io concordo.

Il tunnel della vita oltre la morte è stato oggetto di innumerevoli pubblicazioni e come sempre, ogni mistero genera opinioni che fluttuano dal bianco fino al nero, con l’eterno confronto tra mondo paranormale, mistico e scientifico, ma la verità rimane sfuggente. Avendolo provato di persona, si è trattato di un fenomeno profondo e molto ascetico, altro non so, ma per me è abbastanza.

Mi ritrovai in una nera galleria con la luce al fondo. Camminai fino a quel punto e oltre alla luce ricordo bene un cancello bianco che dava accesso a un bellissimo prato. Il cancello era schiuso, era un invito ad entrare, ma non lo feci perché una voce importante, dopo avermi accolto ed elencate cose della mia esistenza che ora non rammento, mi chiese: “vuoi vivere o morire?” Rammento invece che scelsi la vita e in quel momento ripresi conoscenza. Ero con la faccia sull’asfalto e tutto il resto nella testa, chiaro, definitivo e tremendo. Non mi muovevo più.

Tutto ciò che si può immaginare non può che esistere veramente (ND)

In un solo istante pensai che tutte le mie paure si erano date già da tempo appuntamento in quel punto, in quel momento. Queste e troppe altre cose pensai. Emozioni e sentimenti difficili da esprimere, ma l’obiettivo di queste esperienze che riporto, è un altro.

I soggetti in esame sono proprio i misteri e l’ignoto che accompagnano lo scorrere della nostra vita, scortati da un qualcosa che talvolta percepiamo, che forse esiste… per me, quasi certamente.

Non sono mai stato sedotto da un misticismo esplorativo, pur percependo di far parte di un progetto "divino", fin da giovane ho vissuto pilotato da un ancestrale istinto, animale creativo incuriosito dalle bellezze del mondo naturale, senza curarmi troppo di un ascetismo in caccia di proseliti.

Dopo la sequenza di tutti questi fatti, primo attore chiamato a recitare una tragedia che sembra scritta da una inafferrabile regia, col tempo ho dovuto connettere e ammettere: angeli e demoni, anime, un qualcosa privo ancora d’un preciso volto ci vive accanto, o forse dentro, o forse fuori, ma esiste, ormai accantonato nella dimenticanza di antichi riti e conoscenza.

Viviamo sempre più distratti e lontani dai misteri della vita e della mente, ormai robotizzati dall’arroganza di un progresso sempre più artificiale e pragmatico. Invece qualcosa intorno a noi ci segue, ci giudica, ci guida, ci ammonisce. Suggerisce i nostri ruoli, racconta il futuro del mondo.

Forse è solo intuito, forse suggestione, ma da allora è diventata quasi una certezza che ho imparato ad ascoltare in questi tanti, duri anni seguenti, cercando di decifrare molteplici segnali che sento e vedo ruotare intorno. Notizie più chiare nella notte scura. Cose di poco interesse in questo tempo con sempre meno Dio e molta, troppa fretta.

Per quanto mi riguarda, non è cosa certa, ma se in quel giorno di misteri forse scritti dall’ignoto, avessi capito e frenato, la mia vita sarebbe stata molto meno impegnativa ed esigente.

… E quando ci penso, lo stomaco si stringe e sento addosso i brividi, così come sto provando adesso.

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Articolo pubblicato il 16/08/2022