La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Le "Figurine del Marciapiede" di CINI Rosano: "Il merlo e le allodole"

Prosegue la nostra ricognizione fra le “Figurine del marciapiede”, tratteggiate dal cronista giudiziario de La Stampa, CINI Rosano, che nel giornale di sabato 4 luglio 1908, ci propone sotto il titolo “Il merlo e le allodole” la descrizione di due giovani sgualdrinelle che si organizzano per sottrarre il portafoglio ad un cliente apparentemente molto facoltoso, indicato addirittura come “Inglese puro sangue”, ma con esito imprevisto...

 

Buona sera, Lilì…

Buona sera, Titì…

Una stretta di due piccole mani inguantate… Se non ci fosse un lampione di luce elettrica che illumina sfacciatamente il marciapiede e se Titì e Lilì non avessero due cappelloni monumentali e larghi come la rassegnazione di Dio per i falli delle donne belle, i passanti avrebbero visto (ed io non considero affatto quali sentimenti proverebbero vedendo) i due visucci bianchi, un po’ per la cipria ed un po’ per i vizi, accostarsi e le quattro labbra, inverisimilmente rosse (e questo solo in virtù del cinabro[i] in matita) comprimersi in un bel bacio schioccante ed affettuoso…

Le donne, o per deficienza (badiamo bene, non intellettuale, per carità, che non voglio fare loro offesa), o per esuberanza (forse più per questa) sogliono baciarsi tra loro con una frequenza ed una effusione impressionanti ed invidiabili. Lilì e Titì, poi che sono intime amiche, e che non hanno litigato tra loro che due volte sole da quando si sono conosciute in tempo meno felici nella camera di sicurezza della Questura, dopo una cosiddetta retata... di sirene, Lilì e Titì si vogliono bene e si baciano col fervore di due piccole amanti.

D’altronde, Titì non può vivere che per Lilì, e Lilì morirebbe senza Titì. Le donne conoscono la virtù della fedeltà, ma la praticano più nell’amicizia tra loro, che nell’amore per il sesso che è il loro necessario complemento. E se Lilì e Titì hanno baruffato tra loro due volte e l’uno ci ha rimesso un postiches [parrucchino, N.d.A.] e l’altra un breloque [gioiello di bigiotteria, N.d.A.], fu è vero a cagione d’un furiere di cavalleria e di uno studente di veterinaria, ma... non che Lilì amasse di nascosto il futuro zooiatra ed attuale amante di Titì; ma era gelosa, che Titì facesse l’innamorata sul serio del giovanotto: e così era di Titì pel furiere dei dragoni di Lilì...

«Buona sera, Lilì...».

«Buona sera, Titì...».

Dopo la stretta delle piccole mani inguantate ed il piccolo bacio filtrato tra il cinabro, Lilì e Titì hanno fatto come tutti i modesti borghesi ed i buoni commercianti quando la sera si trovano accanto al tavolo della partita a carte e s’informano a vicenda dagli affari della giornata. Lilì era al secco, Titì invece raggiava. Si fecero dunque le piccole confidenze. Lilì non aveva potuto neanche ricorrere in quel giorno di disdetta al vecchio amico: un assalto di gotta l’aveva cacciato in letto sotto le rigide cure della vecchia moglie. Non era potuto uscire di casa. Invece Titì raggiava, raggiava, perché al caffè aveva trovato un giovanotto galante.

«Bello?».

«Grazioso».

«Di che paese?».

«Inglese...».

«Oh! inglese?».

«Puro sangue...».

«Colle ghette bianche...».

«Le ghette bianche?».

«Ed il panama...».

«Il panama?».

«E un costume a taglio inglese, come lui, e color nocciuola...».

«Oh! color nocciuola?».

«Nocciuolissimo...».

«E il portafogli? - chiede Lilì con vivo interesse...».

«Oh! il portafogli gonfio... gonfio... Oh! Dio, come dire? Gonfio come...».

E Titì con una risatina squillante ne dice una delle sue.

Poi continua a raccontare dell’avventura.

«L’inglese è pazzo per me - conclude infine con persuasione. - Mi ha offerto un piccolo patrimonio... per un bacio, un tesoro per il resto... Che ore sono? Le ventitré e mezzo. Oh! bisogna che corra al caffè. Ho l’appuntamento».

«Coll’inglese?».

«Sì, con lui...».

«Per il patrimonio o per il tesoro?».

«Per l’uno o l’altro».

«E a te piace l’inglese?».

«Così».

«Guarda di non innamorartene...».

Titì schicchera due o tre risatine garrule.

«E tu, mia Lilì, che fai? ... ».

Lilì sbadiglia, con un po’ di melanconia...

«Povera Lilì! ... ».

Titì la guarda con dolce compatimento.

«Vuoi che resti con te? ... ».

«Oh, non voglio che tu perda una così grande fortuna. No, no, va... va...».

Ma Titì ha un improvviso pensiero che le illumina il viso, meglio ancora che la luce elettrica, cui fa da paralume il cappello largo come la tolleranza di Dio per i falli delle donne belle. Titì in quel punto si rammenta d’essere sortita dai bassi fondi e dalla suburra, rammenta le prime armi e le prime imprese. Il fermento del vecchio fumo l’attossica ancora. Titì dice all’amica risoluta:

«Vieni anche tu...».

E allora le insegna il consueto tiro, per descrivere il quale i cronisti disturbano dalla loro polverosa antichità Venere e Mercurio...

«In due riusciremo meglio - ripete persuasiva. - Quel portafogli gonfio, gonfio come... Ah! Ah!... Quel portafogli domattina starà nelle nostre piccole mani o altrove di noi... E domani sera a quest’ora, in barba all’inglese che non ne ha però, saremo in riviera, a Montecarlo, per esempio... Il colpo lo farò io... Tu non hai che da sorvegliare... Lo champagne, molto champagne farà il resto».

Lilì deve il giorno dopo comprarsi due paia di calzette traforate, due gonnelle con trine, e accetta il complotto delittuoso dell’amica.

Titì e Lilì si allontanano insieme. Vanno al caffè dal ricco inglese. Le falene quando vanno a succhiare il polline, si allontanano dai vividi fari attorno ai quali hanno volteggiato ostinate e abbacinate, e si perdono a volo spianato nella notte buia.

*

*   *

Al caffè l’inglese ha accolto molto felicemente la graziosa amica della sua piccola amica. Ha riso molto e fragorosamente, ha bevuto molto champagne, ma hanno riso anche di più ed hanno bevuto anche di più Lilì e Titì. Quando l’inglese ha tirato fuori il portafogli gonfio come... zut!, non si può dire... le due donnine hanno avuto un identico sussulto. Hanno incrociati i loro sguardi intenzionalmente, ma non si sono più viste chiaramente in viso... C’era come un velario.

«Che caldo!» diceva Lilì, sventolando il fazzolettino di battista rosa profumato al jikj.

«Che caldo!» ripeteva Titì, scoprendo il collo bianco, ansimante...

Ah, quel maledetto champagne!

Se a Lilì ed a Titì aveste chiamato in quel momento che cosa fossero le loro due testine, l’una bruna, l’altra bionda, Lilì avrebbe detto:

«La mia è una trottola!».

E Titì:

«La mia è un arcolaio!».

Entrambe però accuserebbero il caffettiere d’aver dato loro dello champagne malvagiamente traditore.

«Ci siamo avvezze noi allo champagne - dice Titì con un certo sussiego... - ma non ci è mai capitato...».

L’inglese ride beato. Ma poi deve portare in vettura le due donne fino al portone della casa che Titì ha indicato, deve portarle sulle braccia per le scale, fino all’uscio dell’alloggio che Titì ha indicato. E ridono squillanti le donnine, nella più pazza allegria, e ride fragorosamente stupido l’inglese. Poi questi... chiude l’uscio e la scala ritorna nel buio e nel silenzio.

L’indiscrezione d’un cronista giudiziario non giunge in certi casi al punto di guardare per la toppa della serratura...

*

*    *

Alla mattina il sole è entrato trionfante, nella stanza: qualche raggio si è spinto ardito fino all’alcova.

«Buon giorno, Titì!».

«Buon giorno, Lilì!».

Al campanile vicino scoccano le dodici...

Le due donnine, intorpidite, sgranchiscono le belle braccia, stiracchiandosi lentamente... Poi ad un tratto Titì balza fuori dalle coltri a sedere, come spinta da una molla.

«Lilì, Lilì - grida, - ma l’inglese?».

Lilì è ancora sonnacchiosa.

«Quale inglese?...».

«Quello delle ghette bianche...».

Lilì come morsa da un aspide, non è meno lesta a balzare di sotto le lenzuola di quanto sia stata Titì...

«Oh! Dio mio! è vero! è vero! l’inglese! l’inglese!».

Le due donnine sbucano definitivamente dalle coperte, così come sono e cercano nella stanza, fin sotto il letto...

«Ah, canaglia! canaglia! E dove riacchiapparlo ora? ...».

«Ce l’ha fatta!... Ci ha ubbriacate di champagne!».

«Giurerei che ci ha messo dentro delle polverine!».

«Ho dormito come una talpa».

«Ho dormito come un ghiro».

«Non ho sentito nulla io…».

«Non mi sono accorta di nulla io».

«Altro che impossessarci del suo portafogli...».  

«Altro che Montecarlo...».

Ma Titì improvvisamente caccia un urlo disperato:

«Guarda, guarda! Le mie gioie, i miei anelli, i tuoi orecchini, che avevamo posato qui, sul canterano...».

Lilì impallidisce come una morta:

«Più nulla! ...».

E sta per svenire...

Titì è più energica: non si perde d’animo in simili frangenti...

«Bisogna correre in Questura a denunciare il furto... Ah il mariuolo! ah il truffatore in ghette bianche!».

Risoluta, vorrebbe mettere in atto il suo proposito, ma dopo essersi invano precipitata alla spalliera della sedia che è a capo del letto, getta un altro strillo disperato... L’inglese aveva completato il bottino, portando via le calze e le gonnelle di seta, perfino le giarrettiere e le fascette pompadour delle sue piccole momentanee amiche.

Titì e Lilì, nel loro succinto e candido abbigliamento, si lasciano cadere accasciate sul tappeto quasi orientale, piangendo come due bimbe sconsolate e singhiozzando forte.

Ed ecco come il merlo ha gabbate le garrule allodole.

 

Sospendiamo la lettura del brillante racconto per chiarire che le due amiche hanno sporto denuncia contro il sedicente inglese ladro, senza entrare in dettaglio sulle loro intenzioni predatorie, e la giustizia ha fatto il suo corso. A quanto pare, CINI ha assistito al processo, svoltosi in contumacia al Tribunale Penale a carico dell’Inglese, e ha magistralmente ricostruito il progetto delle due giovani così miseramente naufragato.

L’articolo si conclude con la precisazione che

 

L’inglese, che è poi Pietro Rossi, nato ad Empoli, è stato condannato in contumacia a otto mesi e tredici giorni di reclusione. Ma da buon merlo è ancora uccello di bosco.

 

[i] Al tempo andavano di moda i rossetti per le labbra di colore rosso simile a quello del cinabro, velenosissimo solfuro di mercurio.

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Articolo pubblicato il 28/08/2022