Cultura vs burocrazia - Rabbia italiana (e non solo)

Quando l’intelligenza della buona volontà limita i danni della burocrazia e della corruzione

Sono le sei. Cerco di calmarmi cambiandomi d’abito per la serata a teatro,  ma sono furibonda. Devo far passare un’ora; i ragazzi arriveranno alle sette. Bene; un’ora basta e avanza per raccontare come l’insipienza,  la dappocaggine, l’incompetenza, l’ignavia (e lascio perdere la corruzione perché non ho tempo, adesso, per andare a cercare le prove che certamente ci sono) tendano quotidianamente subdole insidie alla cultura, al buon senso e soprattutto all’onestà nel nostro infelice paese.

Luogo: un liceo statale, che ha dato nel tempo  buona prova di sé, permettendo a bravi studenti di raccogliere risultati eccellenti nel corso dei loro studi universitari  e d’inserirsi a pieno titolo nel mondo del lavoro.

 

Primo evento: a guidare il liceo arriva un felice giorno un preside attento all’aspetto culturale dell’insegnamento, che intende mettere a frutto le capacità dei singoli docenti e concepisce la scuola non solo come luogo di mediazione, ma anche di produzione culturale.

Si tratta di una genia in via di estinzione che va salvaguardata con più attenzione di un parto quadrigemellare di panda gigante in cattività: gli esemplari sono rarissimi e di solito avanti negli anni.

 

Secondo evento: i docenti lavorano (so che a molti il verbo appare incompatibile con lo sgradevole soggetto, ma non so cosa farci, è vero: i docenti della scuola pubblica italiana lavorano, e tanto, anche) e riescono a pubblicare i primi tre numeri di una rivista su cui compaiono saggi di filosofia, di didattica, di storia, di letteratura, recensioni e quant’altro. Per ragioni che mi restano incomprensibili i volumetti in questione, una media di duecento pagine l’uno, pubblicati da una prestigiosa casa editrice milanese, devono essere definiti Annali del liceo, non Rivista del liceo; in caso contrario la pubblicazione sarebbe impossibile (sic!). La situazione, come spesso avviene in Italia,  è tragica,  ma non seria.

 

Terzo evento: dopo la pubblicazione, le copie degli Annali giacciono in polverosi scatoloni ad ammuffire e tentare di promuoverne la diffusione pare delittuoso.

 

Quarto evento: finalmente si arriva ad una svolta: Su proposta dei docenti, e con l’avallo del preside, si organizzano due serate di promozione della rivista, pardon, degli Annali, a cui parteciperanno due importanti nomi del panorama filosofico e culturale attuale in qualità di presentatori. Considerata la notorietà dei conferenzieri il successo è assicurato.

 

Un libraio dà la sua disponibilità a fungere da punto di riferimento per chi desiderasse acquistare i volumi. La stampa locale viene ufficialmente  informata. Ma a questo punto compare la longa manus del DSGA del liceo (il vecchio segretario economo, per intenderci); questa prima serata, come per altro la seconda, non s’ha da fare, così come del resto il progetto della rivista, a suo avviso, non aveva tutti i crismi per essere approvato.

 

Effettivamente solo la determinazione del preside era riuscita a superare tutti gli ostacoli che l’altrettanto determinato DSGA aveva posto sulla strada del progetto.

Quinto evento: grazie alla costanza, decisamente degna di miglior causa, del DSGA nell’ostacolare la riuscita del progetto, improvvisamente, a poche ore dalla prima serata, il denaro per pagare i conferenzieri non  può uscire dalla casse della scuola (non è che non ci sia ; non si trova  un capitolo di spesa da cui farlo uscire, sic! ).

 

Le copie  consegnate in libreria devono tornare indietro, ma non all’editore, bensì alla scuola, che deve pagarle, ma non può, sempre per la questione del capitolo di spesa. Le motivazioni  burocratiche addotte sono incomprensibili e comunque un insulto al quoziente intellettivo di chi ascolta.

 

Conclusione: un docente paga di tasca propria le copie consegnate in libreria e un altro il conferenziere. Per la seconda serata vedremo chi pagherà; probabilmente tireremo a sorte tra noi docenti e il fortunato sarà lieto di levarsi di torno un po’ di quel  seccante denaro  di troppo che lo stato scioccamente ci elargisce, bontà sua, a fine mese, come tanti frequentatori del sempre più affollato bar Sport  di turno sostengono, con convinzione, tra di loro. Siamo talmente ricchi che naturalmente abbiamo scritto saggi,  recensioni e quant’altro ovviamente gratis.

 

Bene,  mi sono sfogata.

Suona il campanello,  con un po’di anticipo; la voce educata di una mia studentessa mi avvisa che mi aspetta. Sulla strada trovo  quattro ragazzi ben vestiti, come avevo chiesto, visto che li accompagno alla Scala a vedere Marin Faliero di Donizetti. Raramente una rappresentazione cade più a fagiolo; racconta la tragedia dell’innocenza vilipesa e condannata ingiustamente,  della violenza che ha la meglio sulla verità. Ma voi siete sorridenti, ragazzi; cortesi ed emozionati per la vostra prima volta alla Scala con la prof. Grazie: per fortuna l’Italia siete anche voi.

 

E ora che è passato qualche anno (e la rivista del liceo viene pubblicata regolarmente), dopo che mi è capitato di avere a che fare anche con la burocrazia di altri paesi, europei e non, devo ammettere purtroppo che ogni mondo è paese; per fortuna anche i ragazzi, dovunque, ci consolano e ci fanno ben sperare per il futuro, se sappiamo amarli e rispettarli.  

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Articolo pubblicato il 20/08/2022