La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Le belle scassinatrici

Mi è già successo in un recente passato di scrivere che nel complesso universo delle dark lady e delle femmes fatales che ci vengono presentate nelle più svariate declinazioni dai romanzi polizieschi e non, dai fumetti, dal cinema e dalla televisione, troviamo anche donne ladre e scassinatrici. Stiamo parlando di Catwoman, creata da Bob Kane e Bill Finger nel 1940 per il mondo del supereroe Batman e di Black Cat, creata da Marv Wolfman e Keith Pollard nel 1979 per quello dell’Uomo Ragno, eroine che nelle loro scatenate imprese danno prova di un notevole sangue freddo associato a spiccate valenze erotiche.  

Qualcosa del genere emerge dalla lettura di una notizia di cronaca, riportata da La Stampa del 30 ottobre 1913, sotto il titolo Le belle scassinatrici.

Leggiamo:

Pare il titolo d’una film cinematografica, invece è il titolo d’una notizia di furto. È proprio così: come in America, come in Inghilterra, come a Parigi, come nei romanzi d’appendice, anche a Torino abbiamo le donne specialiste in furti con scasso.

Tal genero di furto, del resto, non dev’essere difficile per le donne. Non sono esse avvezze a scassinare i cuori? Il curioso si è che queste due precorritrici della mariuoleria femminile sono minorenni: l’una ha diciassette anni, l’altra quattordici. Minorenni e belle. Hanno delle mani così piccine e così delicate che si direbbero più fatte per le carezze che per il grimaldello. Ma!... Quando si nasce con certe disposizioni...

Dopo questa introduzione che riecheggia la commedia e operetta Addio giovinezza! di qualche anno prima, magari con suggestioni di Guido da Verona, l’anonimo cronista ci presenta le protagoniste della vicenda e ne chiarisce il modus operandi che coinvolge il quartiere torinese di San Secondo, al tempo in espansione in direzione della Crocetta, ancora borgata periferica poco praticata.

Le due ragazze – sono sorelle e si chiamano Carolina e Margherita Maraschi – avevano scelto come loro campo d’azione i quartieri signorili in San Secondo: il corso Re Umberto e le vie vicine. Esse cercavano le case più ricche, ove vi fossero le soffitte disabitate, cioè adibite soltanto a ripostigli per gli inquilini degli alloggi sottostanti. Colà riuscivano a salire senza essere notate, al piano delle soffitte, e quando avevano trovata quella che loro sembrava suscettibile di scasso, si toglievano dalle calze. Dove li tenevano nascosti, gli strumenti del mestiere, e lavoravano con rara abilità. Penetrate nell’interno, scassinavano ancora i coperchi delle casse, che eventualmente vi erano contenute, e rubavano quanto di meglio capitava loro sotto mano, specialmente in generi di biancheria.

Il sistema andava bene, nessuno se n’accorgeva, nessuno poi supponeva che quelle due monelle, dal tipo di sartina, potessero essere capaci di rubare.

Così parecchi abitanti del rione, in questi giorni soprattutto, denunciavano furti misteriosi della loro biancheria, senza che se ne scoprissero gli autori.

Fra i derubati vi sono: il signor Clemente Benarido, abitante in corso Re Umberto, numero 65; il prof. Cesare Bertolini, in corso Re Umberto, N. 67; la signora Teresa Aimonino, in corso Re Umberto, N. 75.

Come Catwoman e Black Cat, anche le sorelle Maraschi hanno un avversario che impersona la legge: non un supereroe, più prosaicamente il delegato di pubblica sicurezza Rabbino. L’insistenza sugli stessi isolati dello stesso quartiere ha reso prevedibili le loro mosse e il poliziotto ha evidentemente pensato di tendere loro una trappola.

Però il giuoco, troppo bello, finì. Finì ieri mattina [29 ottobre 1913, N.d.A.], quando il delegato Rabbino, colle sue guardie, riuscì dopo un appostamento, a scoprire le due gazzelle mentre uscivano da un portone di corso Re Umberto coi fagottini della refurtiva. Esse avvertirono subito la presenza della Polizia, e fuggirono con tutta la velocità che le sottane strette loro permettevano. Ma gli agenti furono pronti ad inseguirle, ed una cadde nelle loro braccia.

Era la più giovane, la Margherita Maraschi. Innanzi al delegato Rabbino essa, con sfacciataggine straordinaria, tentò dapprima di negare; ma poi perdette la forza e confessò, dicendo anche il luogo dove abitava colla sorella: via Airasca n. 5. Inutile dire che, poco dopo, funzionari ed agenti irrompevano in quella stanza, e vi trovavano la sorella maggiore, Carolina, intenta a mettere in ordine… la refurtiva. Anche costei si lasciò prendere tranquillamente. Nella perquisizione, che seguì, vennero sequestrati numerosi effetti di biancheria e parecchie polizze corrispondenti a biancheria impegnata al Monte di Pietà.

Così, la Giustizia ha trionfato: in una stanzetta di via Airasca[1], nell’allora periferico e umile rione noto come Polo Nord, viene arrestata la maggiore delle due ladre, la diciassettenne Carolina. Ragazza evidentemente metodica e precisa, ha disposto la refurtiva con ordine, conservando anche con cura le polizze del Monte di Pietà. Un atteggiamento più da buona massaia che da torbida eroina del male!

Pare riconoscerlo anche il cronista, che conclude con questo invito:

Se altre famiglie del rione San Secondo, che fossero state derubate e non avessero sporto denuncia, potranno rivolgersi per riconoscere la loro biancheria, agli uffici della Questura.

Invano abbiamo cercato nell’archivio on-line del quotidiano ulteriori notizie sulle giovani scassinatrici: non disponiamo né di informazioni sull’esito del loro processo e tantomeno sulla loro successiva esistenza: due meteore nell’universo criminale torinese!

Concludiamo con alcune piccole curiosità riguardanti le case dove le sorelle scassinatrici hanno compiuto le loro imprese.  

La casa ai civici 65 e 67 di corso Re Umberto si colloca all’incrocio con il corso Germano Sommeiller. Per la sua facciata a semicerchio è nota come Casa a Crescent, termine inglese che significa mezzaluna, in analogia con la luna crescente. Costruita nel 1911 su progetto dell’architetto Genesio Vivarelli, è oggi indicata come rilevante esempio del Liberty cittadino.  

La casa al civico 75, meno suggestiva dal punto di vista artistico, è nota come abitazione dello scrittore torinese Primo Levi (Torino, 1919 – 1987).

 

[1] Via Airasca, oggi collocata nel quartiere San Paolo, collega via Rivalta col corso Racconigi.

 

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Articolo pubblicato il 11/09/2022