
Una riflessione tecnico-scientifica sulla strage che coinvolse Napoleone III il 14 gennaio 1858
Felice Orsini (Meldola, 10 dicembre 1819 – Parigi, 13 marzo 1858), mazziniano estremista, egocentrico, scapestrato, velleitario, coraggioso fino all’incoscienza, fervente patriota, cercò di attentare alla vita dell’imperatore Napoleone III (Parigi, 20 aprile 1808 – Chislehurst, 9 gennaio 1873) la sera del 14 gennaio 1858, mentre transitava con la carrozza per raggiungere, verso le ore 20,30, l’Opéra in Rue Lepelletier per assistere all’opera lirica Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini.
La carrozza dell’imperatore Napoleone III fu investita dal lancio di tre bombe di nuova concezione, progettate e fabbricate ingegnosamente da Felice Orsini, sia per le caratteristiche chimiche dell’esplosivo, che per la loro conformazione tecnica originale. Infatti, in seguito furono denominate “Bombe all’Orsini” dagli anarchici, diventando, fatto curioso, un modello base per ulteriori evoluzioni tecnologiche in campo militare.
Quella della sera del 14 gennaio 1858 fu una strage spaventosa in quanto ci furono 12 vittime e 156 feriti gravi (in tutto 511 con l’aggiunta dei meno gravi) oltre a un numero imprecisato di cavalli, ma la carrozza di Napoleone III, “blindata” (secondo i criteri e la tecnologia del tempo con piastre d’acciaio e collaudata per resistere ai colpi di pistola e di fucile ad avancarica), salvò l’Imperatore dei francesi e la sua consorte Eugenia, senza che riportassero un minimo danno fisico, se non un comprensibile profondo trauma emotivo.
Come è storicamente noto la motivazione politica e ideale, che spingeva Felice Orsini a questo atto di terrorismo folle e sanguinario, si identificava nella presunta responsabilità di Napoleone III, reo di aver soffocato la nascente Repubblica Romana e di aver tradito platealmente gli ideali della Carboneria a cui, in gioventù e nella sua prima stagione politica (1830 – 1831), aveva aderito.
Determinanti furono gli antefatti che portarono Felice Orsini alla determinazione di realizzare l’attentato all’imperatore dei francesi.
Infatti il suddetto nel 1857, sempre a Londra, ebbe modo di conoscere il chirurgo francese Simon François Bernard (Carcassonne, 28 gennaio 1817 – Londra, 25 novembre 1862), detto “le clubiste”, un fanatico fuggito in Inghilterra per scampare all'arresto per cospirazione in Francia.
Felice Orsini rimase sedotto dalle idee estremiste di Simon Francois Bernard, che gli prospettò l’idea della necessità di attentare a Napoleone III. La sua eliminazione avrebbe privato il Papa Pio IX (al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti – Senigallia, 13 maggio 1792 – Roma, 7 febbraio 1878) della decisiva protezione francese dello Stato Pontificio, fatto che impediva la sua possibile riunificazione all'Italia.
Profondamente convinto dalle idee di Simon Francois Bernard, Felice Orsini ruppe i rapporti con Giuseppe Mazzini e con la sua strategia politica, da lui giudicata "perdente" e pertanto senza alcuna ricaduta concreta.
Conseguentemente decise di proseguire la sua attività cospirativa cominciando a organizzare l'assassinio di Napoleone III, con l'obiettivo ambizioso - ma illusorio - di innescare una rivoluzione in Francia che potesse propagarsi anche in Italia.
Tuttavia, per conoscere in modo approfondito la complessa figura di Felice Orsini e del contesto storico in cui visse e svolse la sua attività politico-cospirativa, rimandiamo alla lettura delle diverse autorevoli biografie che sono disponibili e facilmente reperibili.
Tuttavia, l’oggetto della presente trattazione vuole incentrarsi sulla tecnologia innovativa della bomba che, benché con la potenzialità intrinseca di produrre una strage, non riuscì a centrare l’obiettivo, impersonato dall’imperatore Napoleone III, probabilmente per la scelta impropria dell’esplosivo utilizzato, dovuto esclusivamente alla presenza del fulminato di mercurio, sia per l’innesco, che per la carica detonante.
La “Bomba all’Orsini” è una bomba a lancio manuale, generalmente sferica o a sezione ellittica, di ghisa che invece di utilizzare un innesco a “miccia” (o altro sistema a tempo per l’innesco) è tappezzata, sulla sua superficie, di protuberanze cave, i cosiddetti “luminelli”, sui quali si possono inserire le rispettive “capsule” di rame (o altre leghe), ricoperte internamente di un sottilissimo strato stabile di fulminato di mercurio. [Hg (CNO)2].
L’impatto della suddetta bomba, lanciata a mano, contro un ostacolo solido, con qualsiasi angolo fosse avvenuto il contatto, avrebbe attivato l’innesco delle piccole capsule (processo di detonazione) e conseguentemente della carica interna della bomba. Da tenere presente che nel corpo della bomba stessa, di regola si inserivano, già in tempi precedenti, chiodi, pezzi di ferro (del diametro da 5-8 cm) per aumentare la capacità lacerante dell’ordigno.
Da evidenziare che questa tipologia di bomba fu ideata da Felice Orsini probabilmente nel 1857, quando il suddetto soggiornò in Inghilterra e si appoggio alla collaborazione dell’armaiolo Joseph Taylor per la fabbricazione di 6 esemplari sul disegno fornito dallo stesso Felice Orsini.
La bomba fu costruita in ghisa (due semisfere cave trattenute internamente da una vite che le attraversava o saldate) e fu “sperimentata” nella località di Putney e in alcune cave di Sheffield e del Devonshire. Era presente, per la definitiva approvazione di efficienza della prova, il medico radical-estremista Simon Francois Bernard, l’anima nera e l’istigatore di Felice Orsini che, con questa “dotazione esplosiva”, ritornò a Parigi per portare a termine l’attentato contro l’imperatore dei francesi.
Per la riuscita del programmato attentato Felice Orsini arruolò altri cospiratori e precisamente: il lucchese Giovanni Andrea Pieri, il nobile bellunese Carlo Di Rudio e il napoletano Antonio Gomez. Anche in questo caso l’improvvisazione e l’inesperienza operativa si dimostrarono rovinosi, compromettendo la riuscita dell’attentato stesso. In più il cedimento psicologico di Antonio Gomez, durante l’interrogatorio della polizia, permise l’arresto entro poche ore degli altri congiurati.
Punto importate e che costituisce l’evento critico del fallimento dell’attentato è da riportare al fatto che la carica esplosiva della bomba era costituita dal fulminato di mercurio, il quale a parità di peso ha una potenza superiore alla comune polvere da sparo (cioè la polvere nera).
Tenuto conto della complessità della chimica degli esplosivi, al fine di una facile comprensione, riportiamo quanto l’Enciclopedia Treccani propone in merito:
“… Sono detonanti propriamente detti, o detonatori, gli esplosivi che, per la loro elevatissima sensibilità (cioè per l’estrema facilità con cui esplodono), sono impiegati per innescare gli altri, mentre si dicono dirompenti (anche ad alto potenziale o alti esplosivi) gli esplosivi detonanti dotati di sensibilità più bassa. Ragioni di costo e di sicurezza fanno sì che i detonatori (esempio: il fulminato di mercurio, ecc.) siano usati solo come sostanze innescanti e che anche per tale uso vengano spesso mescolati ad altri esplosivi o a sostanze inerti …”.
[N.d.R.] Gli esplosivi detonanti sono caratterizzati da una velocità di propagazione d’onda compresa fra i 1.000 e gli 8.000 m/s.
“… Gli esplosivi deflagranti sono impiegati principalmente per costituire cariche di lancio per armi da fuoco (e perciò sono detti anche da lancio o balistici; in essi la velocità di combustione e quindi la pressione sviluppata, possono essere controllate al fine di ottenere i voluti effetti balistici …”.
[N.d.R.] Gli esplosivi deflagranti sono caratterizzati da una velocità di propagazione d’onda che si aggira sui 300-800 m/s e da uno sviluppo graduale e lento del calore e del gas di reazione (lento per modo di dire, infatti nel caso delle cariche di lancio per le armi da fuoco leggere possiamo misurarlo in termini di centesimi di secondo. Sono esplosivi dotati di potere propellente che genera un effetto di spinta.
Fra questi ricordiamo la polvere nera, le polveri da lancio in genere e i fuochi d’artificio.
Il fulminato di mercurio [Hg (CNO)2] è un precipitato cristallino biancastro, pesante, insolubile in acqua, che esplode per urto e per riscaldamento. Può esplodere facilmente anche se esposto direttamente ai raggi del sole, per l'effetto lente dei suoi cristalli. Anidro, è un composto pericoloso da manipolare, mentre l'umidità ne attenua la sensibilità.
Si ottiene facendo reagire il mercurio (Hg) con un eccesso di acido nitrico (H2NO3) al 60% e aggiungendo alla soluzione etanolo (CH3CH2OH) al 95%. È stabile solo se idrato o associato a determinati sali (trisolfuro di antimonio + clorato di potassio). Esplode per minimi urti, percussioni e per aumento della temperatura. In seguito ad un urto esplode secondo la seguente reazione:
Hg (CNO)2 + O2 → Hg + 2 CO2 + N2
La polvere da sparo (o polvere nera o pirica) è una miscela esplosiva costituita mediamente da una miscela di zolfo (S) al 10%, carbonio (C) ricavato da carbone di legna al 15% e dal nitrato di potassio (salnitro, KNO3) al 75% che brucia alla velocità di 300-800 m/s circa.
Lo zolfo e il carbone fungono da combustibile, mentre il salnitro è il comburente. La polvere da sparo genera grande quantità di calore e volume di gas: pertanto è stata ampiamente utilizzata come propellente in armi da fuoco, artiglieria, razzi e fuochi d'artificio e come polvere esplosiva nell’ambito militare e civile.
Per un approfondimento in merito riportiamo da Wikipedia quanto segue:
La polvere nera è stata realizzata in numerose differenti formulazioni, le più diffuse delle quali sono (in percentuali in massa):
• Nitrato di potassio, KNO3 nella proporzione del 75%.
• Carbone di legno, C nella proporzione del 12,50% (dosaggio francese), oppure del 15% (dosaggio inglese).
• Zolfo, S nella proporzione del 12,5% (dosaggio francese), oppure del 10% (dosaggio inglese).
La combustione della polvere nera è una reazione di ossidoriduzione complessa. Partendo dal dosaggio inglese, avviene la seguente reazione:
10 KNO3 + 3 S + 8 C → 2 K2CO3 + 3 K2SO4 + 6 CO2 + 5 N2
Le bombe di Felice Orsini di ghisa avrebbero dovuto trasformarsi in tante schegge di dimensioni e massa idonea per investire e devastare la carrozza di Napoleone III, e di provocarne la morte.
Questo non avvenne sia per la “blindatura” della stessa, sia per il fatto che l’esplosione del fulminato di mercurio ha prodotto la “polverizzazione” della parete di ghisa della bomba, senza produrre la caratteristica frammentazione della stessa in “schegge”, ognuna di queste caratterizzate da una consistente massa metallica, dotate di un’energia cinetica idonea a penetrare nella carrozza “blindata” di Napoleone III.
Questo risultato, all’epoca, poteva essere solamente garantito dalla polvere nera che, innescata dalla detonazione del fulminato di mercurio, tramite la percussione della capsula sul luminello, era in grado di sviluppare una velocità minore della reazione chimica e pertanto una produzione progressiva della pressione dei gas che escludeva il “picco pressorio istantaneo”, caratteristica peculiare del fulminato di mercurio.
Pertanto, la reazione chimica più lenta della polvere nera sarebbe stata in grado di ottenere la frammentazione della bomba, attraverso le linee di minore resistenza della parete della stessa, con la formazione delle “schegge” letali di cui sopra.
Probabilmente la convinzione di Felice Orsini di operare in condizioni di superiorità tecnologica può aver determinato un’esaltazione d’onnipotenza, da annebbiare la percezione della realtà e da indurlo all’attuazione dell’attentato con modalità operative che potremmo definire approssimative, se non improvvisate.
Il caso in esame evidenzia che se l’esplosivo della bomba fosse stato costituito dalla “polvere nera”, per le caratteristiche chimico-balistiche di questa, forse gli effetti di questa esplosione avrebbero potuto cambiare il corso della storia.
Sottolineiamo il doveroso “forse” in quanto non esiste la controprova per la quale la carrozza “blindata” di Napoleone III avrebbe potuto resistere alla forza devastante delle “schegge” di ghisa della bomba così modificata.
Un indizio che ci obbliga a tenere in considerazione questa ipotesi sta nel fatto che in seguito le cosiddette “Bombe all’Orsini”, impiegate nelle battaglie garibaldine (moti siciliani e del Friuli), nella guerra di secessione americana (versione Excelsior 1862), ecc., furono prodotte con l’utilizzo della carica esplosiva costituita dalla “polvere nera”, confermando, attraverso l’incontestabile esperienza sul campo, l’aumento della capacità offensiva-distruttiva di questa miglioria tecnica, imputabile esclusivamente alla “polvere nera“.
In ogni caso nulla possiamo ipotizzare su quella che sarebbe stata la possibile diversa sorte di Felice Orsini nel caso di successo dell’attentato a Napoleone III, mentre sappiamo, nei dettagli, come in realtà andarono a finire le cose.
La storia ha chiuso questa terribile vicenda con l’esecuzione capitale di questo irriducibile rivoluzionario e cospiratore dal comportamento caotico, tramite la ghigliottina il mattino del 14 gennaio 1858, il quale, in ogni caso, ha affrontato il patibolo con una dignità, coerenza e coraggio esemplari.
Resta ancora un fatto misterioso collegato alla tragica vicenda di Felice Orsini e che non è ancora stato completamente risolto. Riguarda l’attentatore Carlo Di Rudio, graziato pochi minuti prima della sua esecuzione e la cui vita, in seguito, è stata a dir poco rocambolesca.
Lo storico Paolo Mastri, che gli scrisse nel 1908, poco prima della morte, chiedendogli chiarimenti in merito, Carlo Di Rudio confermò di aver visto personalmente Felice Orsini consegnare una delle sue bombe nientemeno che a Francesco Crispi.
Inoltre, Carlo Di Rudio sostenne che sarebbe stato proprio Francesco Crispi e non Felice Orsini a lanciare la terza e ultima bomba contro il corteo imperiale. La rivelazione, come compressibile, scatenò una polemica internazionale, che ad oggi non ha ancora trovato una risposta definitiva.
Ma questa è un’altra avvincente storia che, se le conferme documentali potessero emergere in modo inconfutabile, meriterebbe di essere raccontata per le sorprese che potrebbe riservare e forse per riscrivere la narrazione che fino ad ora è stata riconosciuta come versione ufficiale.
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Articolo pubblicato il 25/08/2022