Quel referendum del 1991, quando il 90,32% dei votanti (l'84%), disse SI all'indipendenza dell'Ucraina

Numeri che sancirono il volere di un popolo desideroso di distaccarsi dalla Russia e ritornare a scrivere la propria storia

Mercoledì 24 agosto 2022, festa dell'indipendenza dell'Ucraina. Durante la celebrazione Zelensky ha dichiarato: “La guerra tra Russia e Ucraina è iniziata nel 2014 con l’invasione della Crimea e terminerà con la liberazione della Crimea”. Ufficialmente si trattò di una azione preventiva del Cremlino nei confronti di un ipotetico ingresso nella Nato di Kiev, e a seguito della rivoluzione di Maidan e relativa fuga del presidente filo russo Viktor Janukovyc.

Un pretesto dai molteplici volti e altrettante verità, culminato con l’annessione russa della Crimea, quindi: i trattati di Minsk mai rispettati, violenze nel Donbass e accuse reciproche. L’invasione dell’Ucraina da parte dell’armata Russa è iniziata il 22 febbraio 2022, irrompendo sugli assetti geopolitici del mondo e sulla quotidianità di tutti noi. Da quel giorno, la cronaca degli eventi non smette di elencare escalation e crudeltà che mettono paura.

Soprattutto nei primi mesi dell'invasione si sono intrecciati fiumi di opinioni sui perché del conflitto, compresa la versione dell'ideologo Alexandr Dugin, che oggi piange la figlia morta in un attentato. Al momento attuale, dopo sei mesi di guerra, soffermarsi sui dati che trent’anni fa portarono l’Ucraina al di fuori della sgretolata ex Unione Sovietica, forse ha un senso per razionalizzare perlomeno il concetto di democratica scelta popolare.

Prima di riportare le percentuali del referendum svoltosi in Ucraina il 1º dicembre del 1991, dal quale è scaturita la volontà di indipendenza dalla Russia, ufficializzata il 24 agosto del 1991 con la Dichiarazione di Sovranità dell'Ucraina, è ancora necessario un breve incipit.

Quasi tutti gli Stati del Vecchio Continente, nel corso della storia hanno cambiato il profilo dei loro confini. Qualcuno è scomparso, qualcun altro è nato. L’Ucraina non fa eccezione, il Donbass e la Crimea non sono da meno, racchiuse in un'unica patria per minoranze bielorusse, moldave, ungheresi, romene, ebraiche, bulgare, tartare e via dicendo, mescolate dalla storia del mondo e di un'unica razza, quella umana. 

La storia dell’Ucraina risale all’anno 879, quando popoli variaghi fondarono il loro stato sulle rive del Dnepr, il Rus’ di Kiev. Da allora tutto è scritto sulle vicende del nostro mondo, e quella regione a cavallo tra l’Asia e l’Europa ha visto l’alternanza di popoli e di possedimenti.

Fino a che data è lecito risalire per rivendicare un’appartenenza a confini di un lembo di terra conteso da secoli e mai stati gli stessi?

Nel 1991 l’Ucraina ha scelto l’indipendenza con il 90,32% di SÌ

Stabilito che l’Ucraina è stata e continua ad essere uno Stato sovrano, per dare un senso all’appartenenza, ai diritti contesi e alle pretese dall’aggressore, evitando di risalire ai tempi degli zar, quindi di Stalin, sembra corretto andare a rivisitare il parere del popolo ucraino, che trent’anni fa, dopo l’implosione dell’Urss, di appartenere all’imperialismo russo, pareva proprio ne avesse abbastanza.

I dati del referendum del 1991 sono reperibili sul Web

Al referendum votarono 31.891.742 (l'84.18% dei residenti) e tra di essi 28.804.071 (il 90.32%) votarono "Sì". Nello stesso giorno, si tennero anche le elezioni presidenziali, e gli ucraini elessero Leonid Krav?uk (all'epoca Capo del Parlamento) Presidente dell'Ucraina.

In quel 1 dicembre 1991, l'affluenza fu dell’84,1%

La maggioranza dei cittadini sovietici del Donbass espressero sostegno per l'indipendenza e la permanenza in Ucraina. Al referendum votarono il 73.60% dei residenti e tra di essi l'80.16% votarono "Sì".

Dopo il collasso dell'Unione Sovietica del dicembre 1991, la Crimea proclamò l'autogoverno il 5 maggio 1992, ma in seguito accettò di rimanere all'interno dell'Ucraina indipendente come repubblica autonoma.

Sono  numeri di una certa importanza scaturiti da un evento che meriterebbe d'essere riconosciuto come un punto di partenza, ma tutto cambia in fretta sotto i colpi di cannone.

Forse sarebbe il caso di verificare l’attuale morale della popolazione, ma di questo passo non vi sarà mai un momento stabilito a cui fare riferimento. Manca un punto focale, una data, un evento superiore dal quale iniziare a ragionare in cerca di troppe sfuggenti verità, mentre intanto la guerra prosegue in uno scenario di logoramento, di scambio di accuse, di ricatti energetici e fatue sanzioni. La parola pace è stata barattata con i miliardi per nuovi armamenti. La guerra prosegue, Chi la fermerà?

 

Cartina di Carla Canali

 

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Articolo pubblicato il 25/08/2022