26 agosto 1883: una Commissione per lo studio delle questioni relative alla prostituzione

Viene istituita con un Regio Decreto, per volere del Ministro Agostino Depretis

Il 26 agosto 1883 viene istituita con Regio Decreto, una Commissione per lo studio delle questioni relative alla prostituzione, voluta dal Ministro Agostino Depretis. Quando viene presa questa disposizione, la normativa su questo fenomeno, nel Regno d’Italia, appare già consolidata e basata su leggi che risalgono al Regno di Sardegna.

A Torino, infatti, con la restaurazione di Casa Savoia nel 1814, la sorveglianza sulle prostitute è tornata sotto la competenza della Polizia Municipale del Vicariato.

L’approccio a questo rilevante problema oscilla tra gli esemplari castighi che ne sottolineano le negative valenze morali, i provvedimenti di regolamentazione del fenomeno con schedatura e visita medica settimanale obbligatoria e, infine, i progetti di riunione delle donne in siti considerati non scandalosi e idonei ai controlli di Polizia.

In Torino, al carcere delle Torri Palatine, usato anche per la reclusione delle prostitute, al vecchio Ospedale del Martinetto, si uniscono un Correzionale per donne di mal affare alla Generala (l’attuale carcere minorile Ferrante Aporti, N.d.R.), ubicato al di fuori di Torino sulla strada per Stupinigi, e, dal 1836, un istituto modello, il Correzionale delle Prostitute e Ospizio Celtico, situato al di fuori di Porta Nuova, all’incirca nell’area oggi occupata dal Liceo classico «Vittorio Alfieri».

Il Ministro dell’Interno Pier Dionigi Pinelli, nel 1848, elabora un progetto di legge al riguardo della prostituzione.

Lo ha indotto a preoccuparsi di questo problema la guerra del 1848: come già Napoleone, Pinelli si rende conto che le prostitute, se non adeguatamente controllate da medici, mettono in serio pericolo la salute dei militari che fruiscono delle loro prestazioni con la trasmissione di malattie veneree, in primo luogo della sifilide, al tempo particolarmente temuta.

Pinelli parla quindi di «circostanze speciali in cui pose la riunione di molte truppe, e la necessità di preservarle, quanto è possibile, da malori che le rendono inette al servizio».

Elabora un progetto di legge in dieci articoli. I primi cinque riguardano l’assistenza agli infetti dei due sessi e prevedono l’apertura di reparti speciali, a cura dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza, a prescindere da statuti particolari degli stabilimenti sanitari. L’assistenza deve essere gratuita per i più poveri e con pagamento di una tassa per gli altri. Gli stabilimenti di cura, se i pazienti sono militari o doganieri, avranno degli indennizzi. Se lo stabilimento manca di rendite sufficienti, otterrà sussidi provinciali. Con gli articoli successivi si incarica l’Amministrazione di Pubblica Sicurezza della sorveglianza sulla prostituzione; sono stabilite pene severe per reati di negligenza o connivenza da parte degli Ufficiali di Sanità incaricati della sorveglianza delle prostitute e, infine, si puniscono le nutrici infette che svolgono comunque la loro attività e coloro che affidano bambini infetti alle balie (1).

Dopo l’abolizione del Vicariato, nel 1848, a Torino, una Commissione Municipale elabora una serie di proposte, che, il 1° gennaio 1857 portano ad un Regolamento sulla Prostituzione, valido per la sola città di Torino, noto come Regolamento Rattazzi.

Urbano Rattazzi, come Ministro dell’Interno, si occupa anche delle Province dello Stato, con l’emanazione il 20 luglio 1855, di «Istruzioni Ministeriali sulla prostituzione», le cui disposizioni sono state in buona parte desunte da un Regolamento in vigore nella città di Bruxelles.

Il criterio di queste «Istruzioni» è così illustrato nella «Introduzione» di una successiva circolare del Ministero dell’Interno (1860): «Conscio del suo stretto dovere di tutelare con ogni adeguato ed efficace mezzo il buon costume e la salute pubblica, il Governo del Re fin dal 1855 ebbe cura di far provvedimenti, i quali nel tempo stesso circondassero di cautele, nell’interesse del pudore, l’abbiezione delle meretrici, che ogni popolo civile, dacché non vale a impedirla, è costretto a tollerare, e raffrenassero la funesta diffusione del morbo che ne è conseguenza [la sifilide, N.d.R.], massime nei centri più ragguardevoli di popolazione non solo cagionando la rovina dell’individuo che ne è vittima, ma anche concorrendo perniciosissimamente alla degenerazione della specie umana».

Il Regolamento Rattazzi stabilisce in Torino un Ufficio Sanitario, alle dipendenze della Questura e incaricato della sorveglianza della prostituzione, situato in via Mascara n. 9, oggi via Conte Verde, nel tratto compreso tra via Tasso e via della Basilica.

Il 15 febbraio 1860, come previsto dall’art. 119 della legge 13 novembre 1859, la nuova legge di Pubblica Sicurezza e dall’art. 63 del Regolamento di esecuzione 8 gennaio 1860, il Ministero dell’Interno emana un nuovo Regolamento per il controllo della prostituzione, entrato in vigore il 1° aprile, che prende il nome di Regolamento Cavour, esteso a tutto il Regno.

Il nome di Regolamento Cavour consegue al fatto che Camillo Cavour è tornato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 21 gennaio 1860, ricoprendo anche, come reggente, la carica di Ministro dell’Interno.

Il Regolamento Cavour rimane in vigore in Italia fino al 1888, quando è sostituito dal Regolamento Crispi.

I Regolamenti Rattazzi e Cavour riprendono molte disposizioni dal Codice napoleonico del 1802 e si basano sul contributo scientifico del dottor Casimiro Sperino (Scarnafigi, Cuneo, 1812-Torino, 1894), medico filantropo che nel Regno Sardo è il più eminente studioso della sifilide e delle altre malattie veneree.

La gestione delle case dove si pratica la prostituzione è tolta alle Amministrazioni locali per essere affidata ad una sistematica vigilanza da parte dello Stato e questo controllo coinvolge direttamente l’Amministrazione di Pubblica Sicurezza (2). A questo scopo, in ogni Capoluogo di Provincia e di Circondario deve essere presente un Ufficio Sanitario (art. 1).

I punti essenziali del Regolamento del 15 febbraio 1860 sono i seguenti:

(1) iscrizione obbligatoria, a cura della Pubblica Sicurezza, delle donne che si prostituivano pubblicamente.

(2) Iscrizione volontaria, chiesta dalla donna che si è data o intende darsi alla prostituzione.

(3) Visita periodica preventiva.

(4) Cura obbligatoria.

Le donne iscritte sono di due condizioni: abitano con altre in case di tolleranza oppure vivono isolate in una casa particolare. Sul libretto che viene consegnato alla prostituta, all’atto dell’iscrizione, sono segnate generalità, connotati, le visite sanitarie subite, il postribolo in cui abita oppure l’indirizzo della casa in cui vive isolata. Quelle che nella visita sono riconosciute infette da malattia venerea, sono mandate ai sifilocomi, dove sono curate, per forza, sino alla loro compiuta guarigione (3).

Fin dalla sua apparizione, il Regolamento Cavour è oggetto di critiche molto severe per le misure di privazione della libertà personale cui sono sottoposte le donne e per la possibilità concreta di abusi della Polizia che deve controllarle. Dal 1860, almeno quattro Commissioni di studio si attivano per modificarlo (4). Sono trascorsi appena due anni dalla sua promulgazione quando Urbano Rattazzi nomina, senza risultati concreti, una Commissione per elaborare un progetto di modifica. 

Giovanni Nicotera, Ministro dell’Interno dal marzo 1876 al dicembre 1877, ordina una inchiesta amministrativa sugli abusi commessi da agenti di Polizia contro le prostitute e nomina una seconda Commissione le cui conclusioni si concretizzano, nel novembre 1877 nel progetto di legge presentato alla Camera per trasferire il controllo sanitario della prostituzione dal Governo alla Province e ai Comuni. Il progetto non giunge però alla discussione (5).

Una terza, inutile, Commissione è quella del 1883, che un regio decreto del 26 agosto istituisce per lo studio delle questioni relative alla prostituzione per volere del Ministro Agostino Depretis: nel 1885 è presentata la relazione al Ministero dell’Interno, buona nei contenuti ma inascoltata (6).

La quarta Commissione, nominata dal Ministro Francesco Crispi, perviene alle conclusioni che portano al Regolamento Crispi, approvato con regio decreto 29 marzo 1888, che abolisce il decreto del 1860. (7).

È con questo Regolamento che i postriboli vengono indicati come “case chiuse” perché è imposto l’obbligo di una sistematica chiusura delle persiane (art. 7). (8).    

Per quanto concerne le successive norme che regolamentano la prostituzione, ricordiamo che nel 1891 è approvato il Regolamento Nicotera, sostituito da nuove norme nel 1905 e che, nel periodo fascista, si parla di un Regolamento Mussolini (9).

Il 20 settembre 1958 entra in vigore la legge 20 febbraio 1958 n. 75 intitolata “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione” che chiude le case di tolleranza.

Questa legge è indicata come “legge Merlin” dal nome di Angelina Merlin, la senatrice socialista che l’ha fortemente voluta. L’articolo 12 della “legge Merlin” istituisce la Polizia femminile, con compiti limitati alla tutela delle donne e dei minori.

Si conclude così questa nostra veloce ricognizione della normativa che nel tempo ha disciplinato, o almeno tentato di disciplinare, il fenomeno della prostituzione, che «ogni popolo civile», come scriveva nel 1860 Urbano Rattazzi, «è costretto a tollerare», perché non si può impedire.

In questo excursus, che ha preso origine dalla coincidenza della data di uno dei tanti provvedimenti assunti nel tempo, è curioso rilevare come siano presenti i nomi di molti personaggi del Risorgimento italiano, quelli che al tempo della mia infanzia erano detti “Padri della Patria”!

Note

(1) Greco G., Lo scienziato e la prostituta. Due secoli di studi sulla prostituzione, Bari, 1987.

(2) Turno M., Il malo esempio. Donne scostumate e prostituzione nella Firenze dell’Ottocento, Firenze, 2003.

(3) Tammeo G., La prostituzione. Saggio di statistica morale, Torino, 1890. 

(4) Sorgato A., I reati in materia di prostituzione, Assago, 2009.

(5) Tammeo G., La prostituzione. Saggio di statistica morale, Torino, 1890. 

(6) Melotti S., Prostituzione: dalla legge Merlin alle recenti proposte de iure condendo, Tesi dottorato di ricerca in Diritto Penale ciclo XX°, Università degli Studi di Parma, 2009.

(7) Sorgato A., I reati in materia di prostituzione, Assago, 2009.

(8) Melotti S., Prostituzione: dalla legge Merlin alle recenti proposte de iure condendo, Tesi dottorato di ricerca in Diritto Penale ciclo XX°, Università degli Studi di Parma, 2009.

(9) Sorgato A., I reati in materia di prostituzione, Assago, 2009.

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Articolo pubblicato il 26/08/2022