Oltre i Poli

Qualche riflessione su soggetti e temi politici proibiti

Gli elettori che si recheranno alle urne il 25 settembre, per quanto consapevoli e informati, rischiano di avere una visione incompleta del panorama politico se la grande informazione televisiva e giornalistica non cambierà atteggiamento nei confronti di quelle forze politiche genericamente -e malevolmente- chiamate “anti-sistema” che, formalmente ammesse alla competizione elettorale, potrebbero di fatto esserne escluse per semplice “oscuramento mediatico” lasciando il palcoscenico esclusivamente ai tre-quattro “poli” più consistenti.

Italexit, Italia Sovrana e Popolare, Vita e Alternativa per l’Italia sono infatti partiti e movimenti che hanno già subito una forte penalizzazione dai tempi ristrettissimi imposti alla raccolta delle firme di presentazione,  dalla loro esigua consistenza che pone limiti enormi alla possibilità di farsi conoscere dagli elettori, e, infine,  dalla mancanza di finanziatori palesi od occulti. Se a queste difficoltà strutturali si dovesse aggiungere anche l’indifferenza o addirittura l’ostilità dei grandi mezzi di informazione -come sta già accadendo- si verificherebbe una palese distorsione della corsa elettorale.

E’ sicuramente vero che le start up della politica devono necessariamente scontare lo svantaggio legato alla loro novità; ma se a questo si aggiunge l’esposizione di un messaggio dirompente nei confronti della   mentalità corrente creata dalle fonti ufficiali di informazione e l’ostilità palese di tutti coloro che in vario modo hanno tratto vantaggio dalla politica usuale che dice cose usuali e fa cose usuali, allora il problema non è più così marginale e investe aspetti fondamentali del nostro sistema informativo e della nostra stessa democrazia.

Forze anti-sistema sono sempre esistite: si pensi solo al vecchio Partito Comunista e ai suoi epigoni ancora più a sinistra; ma si trattava di forze comunque integrate nella società che, pur portatrici di visioni profondamente alternative a quella dominante, godevano di apprezzamento culturale, politico, d’immagine anche perché avevano saputo insediarsi solidamente nell’editoria, nello spettacolo, nell’informazione giornalistica e televisiva, nella cultura accademica e in quella popolare. Erano cioè forze anti-sistema profondamente radicate nel sistema.

Quelle attuali sono invece realmente fuori dal sistema: ostracizzate, demonizzate, maledette dalla cultura dominante e benpensante, relegate in ambienti minoritari che la grande informazione ignora o, quando se ne occupa, lo fa solo per ridicolizzarle. E’ appena il caso di ricordare che cosa fu detto del  movimento no-vax  le cui posizioni -condivisibili o non condivisibili- non vennero mai considerate accettabili o anche solamente esprimibili e spesso vennero collocate ai limiti della criminalità o della psicopatologia. E così, più recentemente, le opinioni critiche sugli eventi ucraini che, tacciate di filo-putinismo, sono state sempre presentate come inaccettabili ed eversive, impresentabili in qualunque dibattito pubblico. La violenza verbale e ideologica scatenata contro queste visioni del mondo non ha precedenti, almeno a memoria di chi scrive, e ha dato luogo ad un profondo imbarbarimento del dibattito civile nel nostro paese.

Oggi, i piccoli partiti anti-sistema, in molti casi eredi e portatori di quelle visioni scomunicate, rischiano di subire la medesima sorte: la maledizione che la politica “ufficiale” riserva loro è peraltro un po’ attenuata dalla considerazione che, nella loro debolezza, difficilmente riusciranno a superare la soglia di sbarramento nella competizione elettorale e quindi, al di là dello scandalo delle loro opinioni estreme, non meritano l’attenzione dei tre-quattro poli che si ritengono gli unici legittimati a correre per il governo della nazione.

L’isteria anti-fascista della sinistra appare più che sufficiente per compattare i suoi elettori e contrastare l’avversario di destra o, meglio, le “destre” tout court: evidentemente le piccole forze di cui si diceva sopra non appaiono neppure degne di considerazione in quanto non percepite come una seria minaccia rispetto a quella meloniana e salviniana.

Eppure si tratta di un atteggiamento profondamente sbagliato, condiviso peraltro anche dallo schieramento di centro-destra che alle istanze di quei partitini non presta alcuna attenzione, privandosi così di alcuni temi assolutamente originali, significativi e rispettabili, radicati nella mentalità collettiva assai più di quanto si pensi.

Il centro-destra ha sicuramente impostato la sua campagna elettorale su temi vivi e vitali, profondamente sentiti a livello di opinione pubblica (piccole imprese, criminalità, immigrazione, tassazione, salute, burocrazia, occupazione e altro ancora) differenziandosi da una sinistra che -come abbiamo sottolineato più volte- ha ormai perso il contatto con la realtà baloccandosi nel cielo delle idee e delle aspirazioni elitarie come i diritti civili, le esigenze di minoranze più o meno reali, con le parole alla moda e un globalismo molto snob che non interessa a nessuno, condannandosi così all’imminente sconfitta, cosa che la rende ancora più aggressivamente e ideologicamente nevrotica.

Ma anche il centro-destra ha tenuto lontano dal suo programma molti temi grandi e forti. Un tema come la sovranità nazionale, annegandone la sostanza in un europeismo e un atlantismo di maniera vagamente offensivi verso chi non ha ancora dimenticato una parola come “patria” o un’espressione come “orgoglio nazionale”; un tema come la sovranità monetaria che, in tempi di crisi generalizzata come gli attuali, andrebbe rivisto e rivitalizzato in molti suoi aspetti; un tema come quello vaccinale sul cui altare si sono sacrificati brutalmente i più elementari diritti di libertà;  un tema come la riforma di una Costituzione nobile ma attempata, non più in grado -almeno nella sua seconda parte- di garantire democraticità e governabilità alla nazione; un tema come il potere sempre più oppressivo della finanza internazionale, soprattutto verso un paese economicamente fragile come il nostro; un tema come quello di un’informazione ogni giorno più omologata e omologante e che espelle qualunque voce estranea all’ufficialità; un tema come quello della tutela del dissenso intellettuale e politico; e tanto tanto altro ancora. Temi difficili, scomodi, pericolosi, ma alti e drammaticamente reali e, sopratutto, dolorosamente percepiti da moltissime persone.

Di tutto ciò si sono appropriati invece proprio i partitini anti-sistema; spesso con ingenuità, con approssimazione, con malcelato velleitarismo, ma anche col coraggio di portarli alla luce del dibattito politico, incrementando e arricchendo l’esercizio pubblico della ragione collettiva.

Nessuno si illude che quei soggetti politici dilaghino in parlamento: se anche uno solo superasse la soglia di sbarramento sarebbe già un successo e si creerebbe almeno un piccolo aggancio con le istituzioni dove esercitare un diritto di tribuna, dove attuare almeno una moderata sorveglianza sulle decisioni pubbliche e,  infine, dove lanciare -come le oche del Campidoglio-  qualche sporadico allarme sulle intrusioni dei tanti nemici della nostra libertà e della nostra democrazia.

Resta il rimpianto per l’occasione sprecata dal centro-destra, che non ha voluto farsi carico di certi argomenti “pesanti”, forse per semplice inconsapevolezza o forse, più probabilmente, per deliberato ossequio al perbenismo politico e culturale imperante nella nostra nazione. Certo, si poteva fare di più.

Quel di più proveranno a farlo i Paragone, i Toscano, i Rizzo, gli Adinolfi, le Cunial, gli Ingroia con una buona dose di sconsiderato ardimento. Non è necessario condividere le loro idee, ma è bello sapere che ci sono e che combatteranno generosamente anche per noi.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 09/09/2022