L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Elio Ambrogio: Un nuovo Whatever it takes

La BCE e una possibile soluzione monetaria alla crisi energetica

Molte volte, su queste pagine, abbiamo parlato di sovranità monetaria e molte volte l’abbiamo inserita nel contesto della sovranità in genere. Ma se quest’ultima è un concetto piuttosto astratto, la sovranità monetaria ne è il fondamento concreto: se cade la sovranità monetaria prima o poi cade anche la sovranità tout court di un paese. E il tema è pressante soprattutto in questi giorni drammatici di crisi politica, economica, sociale, anche alla luce di eventi prossimi che incombono sinistramente sulla nostra vita collettiva.

Lasciamo da parte la stupefacente insipienza con cui le élites europee stanno gestendo la crisi politica che ci è precipitata addosso dopo i fatti ucraini: l’odio ideologico verso la Russia, colpevole sicuramente di aggressione e degna in buona parte degli epiteti che le sono stati indirizzati, ha tuttavia generato una reazione occidentale oscillante tra la stupidità e l’autolesionismo. Una reazione stupida, perché -con il massiccio e continuo invio di armi ad una nazione che non potrà vincere la guerra- produrrà solo la lunga ed estenuante prosecuzione di un inutile conflitto che nessuna delle parti in gioco sembra voler terminare con il civile strumento della diplomazia. Se la Russia ha iniziato le ostilità, l’Occidente appare felicissimo di proseguirle.

L’autolesionismo è poi evidente a tutti: le sanzioni europee contro la Russia sono diventate in poche settimane sanzioni contro l’Europa e contro i suoi popoli che ne stanno subendo le disastrose conseguenze economiche. Non ricordo di aver mai percepito in passato, nemmeno nei momenti più critici, una simile cappa di pessimismo e di ansia fra la gente comune come in questi giorni.

A questa situazione l’Europa -e il nostro Paese che si muove sempre obbediente al suo guinzaglio- sa opporre solo un patetico ventaglio di provvedimenti burocratici e restrittivi: abbassamento del riscaldamento pubblico e privato, accorciamento dei tempi di utilizzo, umoristiche restrizioni domestiche che vanno dalle docce più brevi alla pasta un po’ più cruda. Viene in mente la circolazione a targhe alterne durante la crisi petrolifera del 1973, e francamente dalle teste d’uovo del governo Draghi ci attendevamo qualcosa in più oltre a queste ricette della nonna.

Il piatto forte di Draghi, portato in Europa come una prelibatezza strategica, sarebbe poi il price cap, il tetto al prezzo del gas, cosa non voluta da molti governi, impraticabile a detta di quasi tutti gli esperti e che potrebbe portare a una interruzione totale delle forniture da parte della Russia, la quale è ben consapevole che l’Europa non riveste la posizione di monopolista nell’acquisto e che, almeno nell’immediato, non può restare a lungo senza il suo gas.

Al di là di questi dilettantismi, ed escluse le ipotesi di lungo termine come la differenziazione delle fonti energetiche e il ripristino del nucleare, restano invece due opzioni valutabili nell’immediato: una gigantesca operazione di contrasto alla speculazione commerciale e finanziaria degli operatori sul mercato del gas e un’altrettanto gigantesca operazione di sussidio pubblico alle imprese e alle famiglie strozzate dalla crisi.

La prima presenta delle difficoltà enormi sia sotto l’aspetto teorico sia sotto quello pratico: come individuare gli operatori e i comportamenti speculativi? Come contrastarli in un mondo globalizzato dove la speculazione è tecnicamente raffinatissima e senza confini apparenti? Quali strumenti giuridici utilizzare? E, soprattutto, come giustificare quest’operazione fondamentalmente illiberale dopo aver promosso per decenni, a livello mondiale, l’ideologia neoliberista anche, e soprattutto, per quanto riguardava i mercati finanziari?

Resta l’operazione di sussidio ad un sistema economico già sfiancato dalle recenti politiche sanitarie ed ora sgomento e paralizzato dinnanzi a una minaccia ancora più terribile: quella dell’aumento dei costi energetici che, per le imprese medio-piccole, può significare semplicemente il tracollo finanziario e, per le famiglie, una mazzata inflazionistica che andrebbe ad aggiungersi alla possibile penuria dei generi di prima necessità, in primis riscaldamento e generi alimentari.

Un intervento di politica economica basato su una sufficiente serie di sussidi a queste due categorie sarebbe pesantissimo per ogni paese, anche per quelli, in Europa, con bilanci pubblici relativamente in ordine, figurarsi per quei paesi, come l’Italia, con un debito pubblico abissale. La preoccupazione del Gran Banchiere e del suo governo per un possibile scostamento di bilancio generatore di ulteriore deficit è quindi  comprensibile, anche se dobbiamo porci la domanda se sia preferibile il deficit o un’incombente morte economica.

Resta la via monetaria, anche se osteggiata da molti. Far breccia nell’ortodossia monetarista della Banca Centrale Europea è impresa ardua. Il terrore dell’inflazione, di antica ascendenza teutonica e solo parzialmente esorcizzato da Mario Draghi durante il suo governatorato, è ancora troppo radicato nella BCE di Christine Lagarde perché si possa pensare ad un impensabile intervento di creazione monetaria a favore dell’economia reale europea (e italiana in particolare), un whatever it takes non più rivolto a preservare la stabilità finanziaria dell’area euro ma la stessa sopravvivenza del sistema produttivo e sociale del continente. Non vi sarebbero particolari ostacoli giuridici a un’operazione di questo tipo dal momento che la BCE può procedere all’acquisto di titoli pubblici o privati -e l’ha fatto in passato per supportare il sistema bancario- in situazioni di estrema emergenza.

E non si tratterebbe, per usare un’espressione anglosassone, di produrre helicopter money (moneta da buttare metaforicamente dall’elicottero per indurre la gente a spendere) ma piuttosto di un acquisto selettivo di titoli obbligazionari o azionari delle imprese energetiche con la contestuale richiesta di abbattere il prezzo del gas al consumo. Una simile operazione potrebbe assumere una duplice veste: se di natura obbligazionaria potrebbe essere vista come un finanziamento agevolato alle imprese energetiche, se di natura azionaria potrebbe addirittura configurare un neo-azionariato pubblico, questa volta a livello europeo, di imprese strategiche. Purtroppo si tratta di un’impresa possibile e plausibile ma non fattibile, del tutto utopica, dal momento che la mentalità delle istituzioni europee -e della BCE in particolare- è mille miglia lontana da questa sensibilità interventista. L’unica possibilità è che la crisi economica involva ad un punto tale di drammaticità, o di tragicità, che vengano travolte anche le più radicate ideologie economiche e monetarie del continente.

D’altra parte, dopo la nascita dell’euro e il totale depotenziamento delle banche centrali, dalle nostre parti l’unica sovranità monetaria è ormai quella della BCE che, avendo una illimitata capacita di creazione monetaria (senza peraltro aver mai voluto esplicitamente assumere la qualifica di prestatore di ultima istanza non per motivi tecnici ma esclusivamente politico-ideologici), è l’unico soggetto in grado di muovere una massa di risorse finanziarie in grado di fronteggiare concretamente il disastro economico che incombe sulle nostre teste. Risorse finanziarie precluse ai bilanci nazionali e probabilmente anche a quello comunitario che, come  nel caso del Next Generation EU, ha dovuto comunque ricorrere a prestiti sui mercati finanziari internazionali.

L’idea poi che, come sostengono alcuni economisti eretici, le risorse finanziare create dalla BCE ed erogate alle imprese energetiche possano essere “congelate” e quasi trasformate in obbligazioni irredimibili, diventando di fatto finanziamenti a fondo perduto, sfiora la letteratura fantascientifica. Ma non si sa mai...

Sarebbe comunque un meraviglioso esempio di sovranità monetaria recuperata, questa volta a livello europeo, a parziale ma efficace compensazione di quella che ci hanno sottratto anni fa e che, nonostante tutto, non smettiamo di rimpiangere. Peccato che su quella sovranità monetaria europea, parzialmente recuperata, il nostro paese non abbia alcuna influenza e alcun controllo, e che essa sia purtroppo prigioniera delle ideologie e degli interessi di popoli più forti e politicamente più competitivi del nostro.

 

Elio Ambrogio - Vicedirettore e Editorialista

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 11/09/2022